Contrada della Lupa

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Insegna

Le deriva dall'aver ospitato legioni romane e per favori fatti a Roma.

Stemma

Stemma d'argento alla lupa romana al naturale allattante i due gemelli sulla campagna erbosa di verde, coronata all'antica con pennoncello bianco e nero in uno scudo bordato di argento e di rosso con croci di rosso e di argento.

Colori

Spiega bandiera di bianco e di nero listata di arancione.

Motto

Et urbis et Senarum Signum et Decus (Di Roma lo stemma, di Siena l'onore).

Simboleggia

La fedeltà.

Arte e Corporazione

Fornai

Numero di cabala

72

Santo Patrono e festa titolare

San Rocco Confessore, 16 agosto (generalmente celebrata la prima domenica di settembre).

Terzo di appartenenza

Camollia

Società di Contrada

"Romolo e Remo", Via Pian d'Ovile, 94

Sede storico-museale

Via Vallerozzi, 63

Casa del cavallo (stalla)

via Vallerozzi, 63

Oratorio

San Rocco, via Vallerozzi (officiato dalla metà del 1500). Come per altre consorelle, anche l'Oratorio della Contrada della Lupa si deve ad una Compagnia Laicale. Dalla Compagnia Laicale di San, con sede nell'attuale via Garibaldi, si distaccarono alcuni confratelli che costituirono la Compagnia di San Rocco, protettore degli appestati, che decisero di edificare nel Rione di Vallerozzi un oratorio dove riunirsi. La data di inizio della costruzione è incerta ma comunque è collocabile agli inizi del secondo decennio del 1500. Alcuni documenti del 1533 parlano di lavori da eseguire nella piazzetta prospiciente l'Oratorio e nel 1575 il Cardinale Bosio scrive della esistenza, in una chiesa senese, di un dipinto raffigurante San Rocco con due angeli in rilievo ai lati: ciò dimostra che, allora, nell'oratorio già si officiava. Di fronte alla chiesa, nel 1548, fu innalzata una colonna con la lupa romana che ora si trova nella Sala delle Vittorie ed è stata sostituita da una nuova scultura donata dal Comune di Roma nel 1966. Nel secolo XVII non tutte le Contrade avevano una sede propria e quindi convivevano con le Compagnie Laicali. Ma come per altre analoghe situazioni la coabitazione tra Contrada e organismo religioso divenne difficile tanto che nel 1743 il Magistrato cittadino si pronunciò in favore della libertà dei lupaioli che dovevano avere il libero accesso all'oratorio per tenere adunanze e celebrare funzioni religiose. Con la soppressione delle Compagnie Laicali, imposta nel 1785 da Leopoldo II, i lupaioli chiesero, e ottennero, l'uso della Chiesa di San Donato in Via Montanini (posta nella attuale piazzetta della Fonte dell'Abbondanza), ma la Contrada chiese all'Arcivescovo Tiberio Borghese di ottenere la chiesa dedicata a San Rocco; l'8 febbraio 1786 la richiesta fu accolta affidando l'incarico di svolgere le funzioni al Parroco di San Donato che aveva sottoscritto la petizione dei lupaioli. Tante e pregevoli le opere d'arte presenti nell'Oratorio; tra queste segnaliamo: "L'Assunzione di Maria" di Ventura Salimbeni; "I dodici Apostoli" di Astolfo Petrazzi; "San Michele Arcangelo" di Francesco Rustici; 'Visitazione' di Bernardino Vanni; "Circoncisione" di ignoto del XVI sec.; dipinti di Bernardino Mei, Simodio Salimbeni e Deifebo Burbarini. L'Oratorio è dotato di uno storico organo che è ospitato in una cantoria sopra il portone d'ingresso costruita, nel 1878, su disegno approvato da una commissione formata da Girolamo Rubini e dai celebri artisti Giuseppe Partini e Tito Sarrocchi. L'organo fu commissionato a fine 1879 all'illustre organaro Nicomede Agati e al nipote Luigi (lo zio era già molto anziano). Il 1° agosto 1880 l'organo era già collocato in cantoria con la sua armonica "cassa" disegnata, pare, da Giuseppe Partini. Lo strumento è giunto ai nostri giorni pressoché inalterato nella struttura. Il suo stato di efficienza degradò progressivamente finché nel 1986 non vi si effettuò un intervento di straordinaria manutenzione. Unito all'Oratorio è il cosiddetto Cappellone di San Rocco, un altro luogo simbolo della cultura e dell'arte lupaiola. La Compagnia Laicale che portava il nome del Santo intraprese, tra la fine del Cinquecento e l'inizio del secolo successivo, una iniziativa pittorica di grande respiro tramite il "racconto" - con un ampio ciclo di affreschi - dei fatti salienti della vita e i miracoli del Santo. Del certo gravoso onere finanziario che questa operazione comportò si è persa la documentazione, ma la data lasciata da un maestro degli stucchi sulla prima volta (1605) e le iscrizioni nelle didascalie esplicative di alcune "storie" (1606, 1609) oltre alle firme e due date (Rutilio Manetti e.. 1605, 1610) ci consentono di datare gli affreschi nella seconda metà del primo decennio dei Seicento. Si debbono al citato Rutilio Manetti gli affreschi della prima campata con "Storie della vita di San Rocco" e quelli della seconda campata a Crescenzio Gambarelli ("Scene della vita del Santo" - 1605). Entro una nicchia, racchiusa da una architettura dipinta, nella parete opposta all'ingresso è la grande statua di San Rocco - terracotta policroma - che era prima nell'abside dell'Oratorio. Secondo Piero Torriti "pur nella fiacca e impacciata struttura compositiva, denota ancora accenni di Cozzarelli".

Fontanina battesimale

Opera dell'Architetto Giovanni Barsacchi, con una lupa in bronzo di Emilio Montagnani (1962)