Contrada della Selva

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Insegna

Era la contrada dei cacciatori e da questa l'esercito prendeva i suoi migliori arcieri, da qui l'emblema ed il diritto ad aprire le quattrocentesche cacce ai tori.

Stemma

Stemma d'argento al rinoceronte passante, al naturale, al piede di una quercia fogliata di verde con arnesi da caccia sormontata da un sole radioso d'oro, caricato della iniziale U (Umberto I) in campo azzurro.

Colori

Spiega bandiera di arancione e di verde con liste bianche.

Motto

Prima selvalta in campo.

Simboleggia

La potenza.

Arte e Corporazione

Tessitori

Numero di cabala

76

Santo Patrono e festa titolare

Assunzione della Beata Vergine Maria, 15 Agosto (celebrazione quarta domenica di agosto).

Terzo di appartenenza

Città

Società di Contrada

"Società Rinoceronte", Via Vallepiatta, 26

Sede storico-museale

Piazzetta della Selva, 5

Casa del cavallo (stalla)

vicolo delle Carrozze

Oratorio

San Sebastiano in Vallepiatta, via Franciosa (officiato dal 1818). La Selva ebbe come prima dimora la Chiesa appartenente alla compagnia di San Giovanni Battista, sotto il Duomo; un documento del 1675 spiega che il legame stabilito tra Contrada e Compagnia fosse in essere già da alcuni anni: "Sempre et anco al presente l'Offiziali et Huomini di detta Contrada hanno inteso, come anco intendono, che vincendosi il Palio lo doneranno a questo pio luogo". In cambio la Contrada riceveva dieci soldi che servivano a preparare degnamente la comparsa. Il rapporto andò avanti sino al 1697 anno in cui, col consenso del pievano e dell'arcivescovo, fu deciso il trasferimento nella Pieve di San Giovanni ove la Selva officiò sino al 1758; gli accordi prevedevano la cessione del Palio, eventualmente vinto, al pievano Pietro Viticchi il quale si impegnava a... pagare il fantino. Dal 1759 la Contrada si trasferì in San Sebastiano di Sotto e cioè nella cripta della chiesa costruita dai Tessitori di Pannilini, al confine con la Pantera cui, nel 1786, per ordine del Granduca Leopoldo i selvaioli furono costretti a cederla passando nella Chiesa di San Desiderio dove, prima delle soppressioni leopoldine aveva dimorato la compagnia di San Bernardino della Carità. Il terremoto del 1798, che danneggiò la chiesa, costrinse i selvaioli a trasferirsi in San Niccolò al Sasso ubicata nel territorio dell'Aquila. Finalmente, con atto del "maire" del governo francese e grazie all'opera del Vicario della Contrada, Giovanni Bindi Sergardi, il 24 marzo del 1818 i contradaioli ottennero in cessione con la formula del "semplice uso" il San Sebastiano: dopo quattro chiese diverse il pellegrinaggio era concluso. Il permesso di costruire una chiesa dedicata a San Sebastiano, protettore dei Tessitori, fu concesso nel 1492 in luogo "detto di San Sano, con le mura castellane prossime all'Ospedale di Santa Maria della Scala". Il quale spedale, un anno dopo, fece dono ai Tessitori di "una casetta per uso della chiesa" e il Comune permise che si questuasse per la città "pro ecclesia Sancti Bastiani de novo fabricatur". Gli storici fino alla seconda metà del 1800 avevano attribuito il progetto a Baldassarre Peruzzi ma più tardi si sono fatte più concrete le ipotesi che si riferivano al Cozzarelli, o addirittura quelle riferite a Francesco di Giorgio Martini. La chiesa nel 1514 era già una "bella et perfecta opera". Nel XVII secolo alcuni storici fanno riferimento a San Sebastiano come a due chiese sovrapposte, citando a tal proposito il fatto che verso la fine del XVI secolo le monache dell'Ordine delle Povere di Vallepiatta tentarono di farsi assegnare, senza riuscirvi, l'oratorio superiore; ai componenti dell'Arte dei Tessitori fu mantenuto il possesso dell'oratorio ricavato nell'ampia cripta cruciforme. Nei primi anni del 1600 si provvide alla decorazione a cura di Pietro Sorri, Paolo Pisani, Raffaello Vanni e Astolfo Petrazzi ma nuovi problemi erano all'orizzonte: nel 1772 il Granduca Pietro Leopoldo soppresse tutte le arti e i Tessitori non potettero più disporre della loro chiesa; nel 1786 fu assegnata alla Contrada della Pantera che la mantenne fino al 1810 e solo nel 1818 la chiesa tornò alla Selva. Molte le opere d'arte presenti: all'ingresso, in una tribuna, opera di Agostino Belli, è collocato l'organo. Nelle due pareti stanno due tele di anonimo seicentesco con scene dell'antico Testamento. L'altare dorato di paliotto a ricamo si inserisce nell'incavo della nicchia semicircolare a tutto sesto. Nell'absidiola è raffigurata la "Presentazione di Maria al Tempio" e ai lati di questa quattro figure di Santi e Sibille. Il quadro d'altare rappresenta "L'Epifania" ed è attribuito ad Astolfo Petrazzi. Sulla volta è affrescata "L'Assunzione" di Paolo Pisani e la tela d'altare raffigurante "La Crocifissione" è di Rutilio Manetti. "La Madonna Benedicente" che spicca sull'altare fra putti alati e nuvolette è venerata dai contradaioli come Madonna della Selva. Precedenti oratori:
- Chiesa della Compagnia di San Giovanni sotto il Duomo (dal XVI sec. al 1697).
- Pieve di San Giovanni al Duomo (dal 1697 al 1758).
- San Desiderio (dal 1786 al 1789).
- San Niccolò in Sasso (dal 1789 al 1818).

Fontanina battesimale

Opera di Vinicio Guastatori (1965), è sormontata da un rinoceronte. Reca il motto della Contrada. Si trova in Piazza della Selva davanti alla Sede.