Pianta della famiglia di Dicotiledoni Simpètale. Se ne contano circa 70 generi con 760 specie, pochissime europee e molte tropicali. La più comune è la Verbena officinalis, che ha non trascurabili qualità farmaceutiche, come dice il nome, e simpatica infiorescenza multicolore. È la pianta di Siena, secondo lo stornello:
Nella Piazza del Campo - ci nasce la verbena - viva la nostra Siena - la più bella delle città.
Sembra che nella Piazza non ancora lastricata (lo fu alla fine del Settecento), nascesse davvero la verbena negli angoli meno frequentati. Secondo Giovanni Righi Parenti, vi era piantata appositamente, insieme al dragoncello, alla ruta e alla cedrina, "cioè tutte le piante antimalocchio che allora si conoscevano, perché Siena fosse protetta dalle streghe". A parte il fatto che oggi in Piazza del Campo, col calpestio che c'è, non ci crescono neanche le erbacce, ci cascassero gli occhi se si trova un senese su mille che sappia distinguere la verbena non solo da dragoncello e ruta, ma anche dall'edera.
A scusante dei Senesi va detto che gli antichi Romani consideravano la verbena come pianta sacra per eccellenza, con le cui fronde intrecciavano corone da usare nelle cerimonie religiose. Però, avverte Servio (nel suo commento all'Eneide di Virgilio, XII 120): Abusive tamen iam vocamus omnes frondes sacratas: per estensione, ma commettendo errore (abusive), chiamiamo verbena tutte le piante con cui si fanno corone sacre, come l'alloro, l'olivo e il mirto. Insomma, anche per i Romani la verbena era una pianta di cui tutti parlavano, ma la conoscevano in pochi.