Pietrino, come al solito carico di debiti e con la grande preoccupazione dei figli da sfamare (era il suo leit motiv preferito che usava quando voleva impietosire i suoi interlocutori nella speranza di ottenere qualche soldo in più) viene ingaggiato dall'Istrice che aveva avuto in sorte una discreta cavallina, Anita.
La sera della prova generale, dopo la cena, Pietrino e il barberesco Ezio Papi vanno a fare due passi prima di recarsi a dormire ed incontrano il Barone Sergardi, per gli istriciaioli soltanto «il Barone», che parlando con il fantino gli dice: «Domani, se vinci, per te ci sono 800.000 lire». Pietrino strabuzza gli occhi, barcolla e va a sbattere contro il muro: «Ai miei fii, sor Barò, ai miei fii», forse pensando a quante cose avrebbe potuto sistemare con quella cifra.
La notte Pietrino non dorme, non riesce a chiudere occhio perché quella enorme cifra (Renzino nel 1945 per vincere nella Lupa non era arrivato a centomila lire) gli danza continuamente nella mente.
La mattina della segnatura gli istriciaioli trovano i dirigenti dell'Oca, altra grande favorita, ed Ettore Fontani fa cenno con la mano al fantino, di nascosto naturalmente, che per lui in caso di vittoria dell'Oca ci sono 200.000 lire. Ma Pietrino questa volta è coperto e può permettersi di fare il grande, di passare per fedele e onesto, cosa che nella maggior parte dei casi non ha mai potuto fare.
Di fronte ai dirigenti dell'Istrice ad alta voce dice: «A' dotto', se mi vuoi dare dei soldi, me li dia in faccia a loro». La figura è fatta, anche perché ci sono sempre quelle 800.000 lire che risolverebbero tanti problemi. L'accordo così viene fatto ufficialmente; Pietrino tirerà a vincere e soltanto nel caso che sia prima l'Oca farà azione di copertura fermando le altre con particolare riguardo all'Onda che, con l'accoppiata Dino ed il cavallo Piero, potrebbe creare fastidi.
Si arrivò così al Palio: Pietrino schizzò primo dai canapi seguito da Bruco, Oca e Onda e tutto sembrava mettersi per il meglio quando a San Martino accadde l'imponderabile. Ganascia, nel Bruco con Mughetto, nerbò l'Oca ed il suo fantino Arzilli volò a terra; la cavallina Salomè anziché fermarsi o rallentare continuò la sua folle corsa incurante della gragnola di nerbate che Pietrino le rifilava ogni volta che si presentava e al terzo giro a San Martino «infilò» l'Istrice e andò a vincere.
Pietrino perse così le 800.000 lire che avrebbe guadagnato vincendo ed anche le 200.000 dell'Oca che i dirigenti di Fontebranda, nonostante le sue reiterate richieste ed i suoi continui piagnistei, non vollero mai dargli perché, secondo loro, non le aveva meritate.
Le disavventure di quel Palio, inoltre, non si fermarono lì dato che Pietrino nel tornare in Camollia alla fine della corsa ne buscò anche dai suoi contradaioli. Questi, infatti, esultanti e con bandiere, dato che radio-etere (cioè la voce misteriosa che si propagava in un attimo per i rioni) aveva dato vincente l'Istrice, stavano accorrendo a prendere il Palio e la delusione e lo choc furono troppo drammatici per risparmiare l'incolpevole, almeno in questo caso, fantino.