Il Palio della Liberazione
«Metti il capo avanti e vai». Zitti zitti, piano piano: vince il Drago
Carriera capolavoro di Salasso con Oppio che infiamma Camporegio
di Giulia Maestrini
Nel Palio contano tante variabili. La sorte, certo. Le strategie, i patti, gli accordi. I soldi. E poi, però, quando si arriva al dunque, due aspetti contano più di tutti gli altri: un cavallo con il "motore" e un fantino che butta il cuore oltre l'ostacolo e non guarda in faccia a nessuno. Eccolo, il Palio del Drago. Il capolavoro intessuto da Capitan Miraldi -un esordiente scelto un po' a sorpresa- e ricamato da Oppio, quel cavallino a cui pochi sembravano dare credito. La pennellata d'artista, però, la piazza Albertino Ricceri.
Lui, che pareva lontano, lui che pareva ormai con lo sguardo altrove, Oltralpe dove i sussurri e le grida della Piazza arrivano a fatica. Lui che non guarda in faccia nessuno, lui che sta in disparte, schivo, fuori dal "circo". Il Palio del Drago è un Palio alla vecchia maniera. Un Palio antico, un Palio perfetto. Un Palio in silenzio che esplode, fragoroso, quando nessuno se lo aspetta.
Sono le 19.35 quando il mossiere, Bartolo Ambrosione, chiama le Contrade tra i canapi. E la sorte gioca il suo primo scherzo. Aquila (con Gingillo su Polonski) allo steccato e subito accanto la Pantera (Andrea Mari su Indianos). Poi Giraffa (con l'esordio di Enrico Bruschelli, soprannominato Bellocchio, su Naikè), Onda (Mulas su Osvaldo), Bruco (Tremendo su Ondina Prima), Drago (Salasso su Oppio), Selva (Tittia su Quit Gold), Chiocciola al nono posto, con Scompiglio su Porto Alabe. Resta fuori la Tartuca, con Sebastiano Murtas su Mocambo che ha il compito di dare la mossa.
Due coppie di rivali, le prime due allo steccato, le seconde due al nono posto e di rincorsa. Tutti gli altri in mezzo. E la cosa appare subito complicata. Pochi secondi e Ambrosione chiama tutti fuori, è tempo di parole, promesse, partiti, richieste. Si rientra.
Aquila e Pantera dimostrano subito di guardarsi poco, la carta le vuole entrambe favorite ed è chiaro che ognuna penserà per sé. All'inizio si fatica un po' a trovare l'allineamento, la Lupa sta indietro, la Giraffa è un po' nervosa. Quella che resta immobile, lassù, una statua dove nessuno può darle noia, è la Chiocciola. E' chiaro che così non si parte, ha voglia la Piazza a "chiamare" la rincorsa. Lo fa anche il mossiere. Manda tutti fuori altre due volte, richiama Grandine, una prima volta, una seconda, ma Sebastiano Murtas ha altro a cui pensare per scegliere il momento esatto.
Che arriva quando è passata meno di mezz'ora. La mossa non sembra matura, invece pronti via Brio fianca per primo, accanto a lui Aquila dentro e Selva all'esterno. Ma la Pantera non guadagna un metro. Anzi, è Gingillo che se ne va. Si nerbano, col Mari, ma a San Martino l'Aquila è già davanti a tutti. Gira liscia, il Palio pare finito. La Pantera non ha motore per andare a riprendere Polonski, ci prova Tittia che porta Quit Gold in seconda posizione, per poi riperderla un attimo dopo, ma il giubbetto giallo è là davanti. Lontano. In pochi guardano che succede dietro. Le altre sono sfilate, sembrano fuori dai giochi.
Albertino Ricceri però ci crede. Si vede che lo sente, il motore di Oppio che va a pieni giri. Sceglie traiettorie perfette; al primo Casato passa la Selva, al secondo San Martino infila la Pantera all'interno facendo il pelo al colonnino, quando Gingillo gira il secondo Casato se lo trova all'interno è ormai è tardi. Salasso nerba tutti. Nerba la Selva, poi nerba l'Aquila, nerba tutti quelli che possono frapporsi tra lui e quella striscia di tufo libera, pronta ad accogliere la sua galoppata trionfale.
Il terzo giro è quasi di totale controllo. Il cor che gli arde in petto è diventato fiamma nella bocca del Drago e il popolo di Camporegio va a scendere il Cencio dipinto da Rosalba Panini e dedicato ai 70 anni della Liberazione di Siena. Anche questa è, a suo modo, una liberazione.
Preparata in silenzio, calibrata nell'ombra, limata ora dopo ora. Quando Fabio Miraldi ha "sceso" Girolamo -dopo la botta rimediata da Migheli in prova- la scelta di Salasso pareva curiosa. Il Capitano ha sparigliato le carte, ha fatto saltare il banco. Pare di sentirlo, sussurrare le sue indicazioni all'uomo che sussurra ai cavalli: «Metti il capo avanti e vai». Che è quello che Albertino sa fare meglio. Testa per le traiettorie, cuore e coraggio per fare tutto da solo. Gli altri, dietro, non possono fare altro che guardarlo andare via. Zitti zitti, piano piano: ha vinto il Drago.
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La Tartuca con Grandine e Mocambo entra di rincorsa cogliendo di sorpresa la Chiocciola, e i primi a scattare sono Tittia per la Selva e Brio per la Pantera.
Sembra che la testa della corsa possa essere una sfida a due fra Selva e Pantera, ma all'interno come una fucilata scatta in rimonta Polonski, sauro di 6 anni dell'Aquila.
Brio capisce che il suo Indianos è più lento di Polonski e prova a fermarlo nerbando Gingillo. Niente da fare: l'Aquila risponde alle nerbate e va in testa di prepotenza.
Al primo San Martino la situazione è netta: l'Aquila è in testa seguita da Selva e Pantera, il Drago è ancora nelle retrovie. Sembra una corsa a tre. Ma è un errore.
Al Casato il Drago con Salasso compie il primo capolavoro, trovando un varco fra Pantera e Selva e superando di forza quest'ultima. Oppio sembra avere una marcia in più.
Al secondo San Martino invece Salasso compie un miracolo di equilibrio e potenza, spingendo larga la Pantera e passandola dall'interno. Il Drago è secondo.
E' al secondo Casato che Salasso fa il suo capolavoro, sfilando dall'interno l'Aquila con Gingillo che rimane quasi sorpreso per la traiettoria impossibile percorsa da Oppio.
Il sorpasso ai danni dell'Aquila è prepotente. Davanti al Bandierino del secondo giro Salasso e Oppio prendono autorevolmente la testa della corsa. Non la molleranno più.
Il Drago con Oppio sfila così in solitario al traguardo, tra la gioia dei suoi contradaioli, inseguito a distanza dalla Selva. Tutte le altre sono ormai lontane.
E' il trionfo di Alberto Ricceri detto Salasso, un successo meritato quanto inaspettato. Almeno fino a due giorni fa, prima della botta rimediata da Girolamo che gli ha aperto la strada di Camporegio.