Il cappotto di Tittia suggella la gloria di Malborghetto
Scompiglio e Lo Specialista volano alla mossa ma Morosita Prima si conferma di prepotenza
di Giulia Maestrini
Nel Palio contano tante variabili. La fortuna, le strategie, gli accordi, il denaro. Ma c'è qualcosa che, a volte, spazza via tutto il resto. Ed è la ricerca della gloria immortale. Di quell'attimo che iscrive il tuo nome nella storia.
L'Onda ha vinto il Palio della gloria. Tittia ha vinto il Palio della gloria, il quarto della sua Carriera, il "cappotto" dei sogni che nel passato recente era riuscito solo a Trecciolino e, prima di lui, a Giuseppe Pes. Capitan Coppini e la sua dirigenza hanno vinto il Palio della gloria, infilando il secondo successo su quattro Carriere corse consecutivamente.
A dispetto di chi diceva che, con quattro "nonne" in Piazza, la potenza economica l'avrebbe fatta da padrona. Invece, ha vinto l'Onda. Un Palio dalla vigilia incerta e dalla mossa rapida, un Palio "antico", combattuto e strappato di prepotenza.
Che Morosita Prima fosse cavallina svelta e ambita non era un segreto; che la sua accoppiata con Giovannino Atzeni -seppur sorniona, nascosta e di basso profilo- avrebbe dato fastidio a molti, era praticamente annunciato. E così è stato e il popolo di Malboghetto ha portato nel proprio museo il 40esimo sigillo, conquistando quel Drappellone "doppio" dipinto da Olmastroni e Rigacci; doppio come il cappotto, di Tittia e di Coppini.
Sono passate da poco le 19 quando, con l'arrivo della busta, il mossiere Bartolo Ambrosione chiama le contrade tra i canapi:
Oca (Osvaldo e Francesco Caria detto Tremendo), Bruco (Mocambo e Antonio Siri detto Amsicora), Onda (Morosita Prima e Giovanni Atzeni detto Tittia), Lupa (Lo Specialista e Jonatan Bartoletti detto Scompiglio), Tartuca Porto Alabe e Sebastiamo Murtas detto Grandine), Torre (Polanski e Alessio Migheli detto Girolamo), Nicchio (Oppio e Luigi Bruschelli detto Trecciolino), Aquila (Naikè e Giuseppe Zedde detto Gingillo) e Chiocciola (Phalena e Silvano Mulas detto Voglia), mentre di rincorsa rimane la Selva con Nicolas de Pedra Ulpu e Luca Minisini detto Dè.
Dentro e fuori in pochi secondi: mostrato l'allineamento, Ambrossione chiama tutti fuori, dando il tempo per gli ultimi accordi. Quello alla Selva è quasi un "assalto", il tondino diventa un ingorgo. Poi si ricomincia: la mossa è quasi perfetta, le rivali si ignorano, i cavalli tengono il posto.
Qualche sbavatura si vede solo nella Torre che fatica un po' a tenere il canape e nella Chiocciola che in diverse occasioni alza i posteriori. Ma l'allineamento è buono. E parecchio. Tanto che, nei 15 minuti in cui si rimane tra i canapi, per ben tre volte il mossiere richiama ufficialmente la Selva, ferma fuori a guardare senza un vero perché.
Si era detto per giorni che in questo lotto di cavalli la busta avrebbe pesato più di altre volte e così è stato: al "pronti via" le prime cinque contrade prendono il tempo di mossa. L'Onda fianca per prima, ma inciampa nel canape, fa un po' a sportellate e allora è solo settima quando i cavalli si allungano davanti alla Fonte.
Davanti a tutti c'è la Lupa, schizzata via come un missile, dietro la Tartuca, l'Oca, il Nicchio all'esterno. Girolamo, rimasto lento in partenza, sceglie la traiettoria interna e gira quarto, ma il capolavoro del primo San Martino è proprio quello di Tittia: entra all'interno, recupera metri su metri, passa il Nicchio senza colpo ferire e al primo Casato gira terzo.
Là davanti Scompiglio capisce di aver già finito la benzina de Lo Specialista; l'Oca, seconda, sembra più che altro interessata a controllare che dalle retrovie non arrivino sorprese dalla Torre. Ma Tittia no. Tittia ha ancora fame. Ha vinto a luglio, è vero; e anche l'Onda ha vinto un anno fa. Ma non conta. Là davanti c'è la gloria. C'è il futuro. C'è la possibilità di strappare di potenza la luce dei riflettori e di incoronarsi erede ufficiale dell'Imperatore.
E allora Giovanni Atzeni ci crede. Anche quando, al secondo San Martino, Scompiglio non riesce ad alzare Lo Specialista, prende il colonnino, si sbilancia, si appoggia all'esterno proprio sull'Onda. Tutti e due riescono a restare a cavallo, escono appaiati dalla curva, ma Morosita ha un altro galoppo e a nulla servono le nerbate disperate con cui il fantino della Lupa cerca di impedire il sorpasso, davanti al palco delle comparse.
La strada è spianata e il terzo giro è poco più che una passerella solitaria. Tittia mette sul tufo il cuore e il cervello; dimostra di essere il più in forma dei suoi colleghi, di pennellare traiettorie perfette e, soprattutto, di non avere mai, mai, un attimo di cedimento. Di paura. Di dubbio. Perché là davanti c'è la gloria e lui va a prendersela. Ha vinto l'Onda.
IL CAPOLAVORO
Tittia mette sul tufo cuore e cervello dimostrando che a volte la fame di gloria conta più di tutto il resto
CAPPOTTO
In molti avevano visto un segno "doppio" nel drappellone a due facce: è il bis di Giovanni Atzeni e Riccardo Coppini
LA MOSSA
Poco più di quindici minuti passati tra i canapi l'allineamento è praticamente perfetto e il mossiere richiama tre volte la Selva
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