Palio, la corsa capolavoro di Andrea Mari riporta il Cencio in Stalloreggi dopo 12 anni di attesa
Trionfano Chochi e Brio. Smentite le previsioni che vedevano, tra le favorite, Oca, Istrice e Leocorno.
È Pantera. La Piazza ha atteso in silenzio che il mossiere Daniele Masala, ex campione olimpionico di Pentathlon, chiamasse le Contrade alla mossa. Tra i canapi Torre, Aquila, Selva, Oca, Drago, Giraffa, Leocorno, Valdimontone, Pantera con l'Istrice di rincorsa.
Dimenticati i mondiali, a Siena, migliaia di persone si sono immobilizzate. Gli occhi fissi su quei dieci fantini che montano a pelo stupendi animali, in un antico connubio di forza e destrezza.
Partono. In uno scatto fulmineo che squarcia l'aria l'Aquila è in testa, seguita da Selva, Valdimontone e Torre che, all'altezza di Fonte Gaia, rimonta andando in seconda posizione. Dietro il Leocorno.
L'Aquila sempre in testa alla prima curva di S. Martino, mentre l'Oca, dall'interno si porta in seconda posizione; quindi: Selva, Torre e Leocorno. Cadono il Valdimontone, la Torre e la Giraffa. Stesso allineamento per le prime tre Contrade anche alla successiva curva del Casato, dove cade il Leocorno.
La vittoria della Pantera si gioca tutta qui, quando si porta in terza posizione superando la Contrada di Vallepiatta. Al secondo S. Martino e al secondo Casato l'Aquila è sempre in testa inseguita dall'Oca e dalla Pantera, che al bandierino rimonta l'Oca iniziando a inseguire la rivale.
A pochi metri dall'arrivo, quando ormai il Palio sembrava dell'Aquila, il Mari con un guizzo finale entra dall'interno, capovolgendo la corsa.
Andrea Mari, detto Brio, il fantino senese ventinovenne ha alzato il nerbo in segno di vittoria. La prima della sua carriera, così come per Chochi, il baio di otto anni al suo secondo Palio. La corsa è finita. Il rione di Stalloreggi ha il suo ventiseiesimo drappellone realizzato da Rita Rossella Ciani e Pia Bianciardi Venturini e dedicato, a seicento anni dalla nascita, a Sano di Pietro.
Questo fantastico carosello, sempre identico a se stesso e sempre diverso, ha scritto un'altra pagina di storia.
Il cencio è già nella Chiesa di Provenzano per il Te Deum di ringraziamento. Tra le lacrime di gioia le lancette del tempo ripartono. Il drappo, desiderato, agognato e sognato è loro.
I figuranti, che pochi minuti primi hanno ricordato le gesta e la gloria di Siena, hanno smesso i preziosi costumi. Sulla Piazza, mentre il tufo si raffredda, carte e lattine: i resti di una fetta di umanità venuta qui per calarsi in un passato che solo i senesi vivono nel quotidiano.
Nell'aria ancora il rullo dei tamburi e il fruscio secco della seta delle bandiere, come vessilli. I vincitori hanno lasciato il campo. Vi ritorneranno più tardi, dopo aver superato lo stordimento, l'emozione forte, dopo che il cuore ha ripreso il suo ritmo e l'adrenalina è diminuita.
Per gli altri è subito sera.
Niente di nuovo e tutto diverso. È Siena. È il Palio di Siena e nessuna cronaca, neppure la più dettagliata, riuscirà mai a raccontarlo in tutta la sua essenza e, soprattutto, nella sua autenticità. Parole e lettere relegate ad un ruolo troppo limitato per riuscire a decifrare un codice fatto di emozioni. Sensazioni a pelle che riescono a contagiare anche lo straniero, catapultato per caso o per curiosità in una città dove i colori, gli odori ed i suoni, come mai in nessun altro luogo, fanno da scenografia alla vita.