Ovvero il Palio dello «Spogliarello». Cari lettori, il vostro Doretto invecchia, ma la memoria, grazie all'Onnipotente, ancora regge. Chi non ricorda queste cose? Sono pochi gli anni trascorsi per dimenticare. Palio definito triste e comico, insomma tragicomico.
Torna Urbino de Ozieri e fa felice l'Aquila che monta Aceto il redivivo; Udienza tocca alla Chiocciola che monta Tremoto; Torquato Tasso va nella Lupa, con Gringo. Urso è in sorte alla Tartuca che monta il Deledda; Utrillo va alla Selva con il solito Bastiano; c'è anche l'Oca con un cavallo da disturbo (per la Torre) che si chiama Waterloo (nome fatale!) e monta il Randa. Quebel il vittorioso di luglio torna in sorte alla Civetta, che monta il Manzi; Niagara correrà per l'Istrice con Canapino; Cuana de Lechereo viene in Salicotto e monta Camillo. Zalia de Ozieri, della famiglia di Urbino va al Drago che monta il Grinta.
Tutti si disputeranno il possesso del Drappellone dipinto dal maestro Domenico Purificato.
Con questa grazia di Dio di purisangue, nelle prove è andato tutto bene. Per forza, fanno finta di correre!
E andiamo al sodo. Entrano ai canapi Lupa, Chiocciola, Istrice, Drago, Oca, Selva, Civetta, Torre, Aquila, Tartuca dà la rincorsa. Ma a chi? L'anarchia più completa è di scena nei canapi, il mossiere signor Carlo Palmieri non esiste. Confusione da non dire, tutti fuori posto, canapi abbassati, ma non si parte.
Il cielo si fa scuro: un'ora, dico un'ora di «frastornazioni» e, all'improvviso cosa vediamo? Roba mai vista. Immaginate: uno spogliarello, gratuito, alla Costarella. Sarebbero state meglio le gambe di una bella ragazza, anziché quelle pelose di Aceto... Lo stare a cavallo per un'ora e sudare non è cosa gradevole per nessuno: ebbene, Aceto scende dalla groppa di Urbino, va alla Costarella e... si spoglia, cambia i pantaloni da corsa. Tempi moderni, direbbe Charlot. Irritazioni, ebollizioni in Piazza. Si deplora lo spettacolo, ma il bello deve ancora venire.
Ad un tratto, due signori in borghese si avvicinano al Mossiere, lo invitano a scendere dal Verrocchio, lo schiaffeggiano e lo cazzottano bene bene. Attenti a quei due: chi sarebbero? Per la storia, Enrico Brandani detto Bobo, barbaresco dell'Oca, e Lazzaro Beligni detto Giove, ex fantino, ed ora mangino di detta Contrada. I motivi? Non li so, bisognerebbe chiederlo a loro...
Finalmente. dopo la rissa e con tutti fuori posto, si parte che è quasi notte. Se ne va la Civetta, seguita da Torre e Aquila. Al primo San Martino, l'Aquila passa la Torre e lotta tra i due marpioni. Il Manzi, dotato di alta classe, col modesto Quebel rintuzza le velleità di Aceto e lo costringe a recedere.
Secondo passaggio al Palazzo Comunale, e per il povero Quebel è la fine. Si rompe una zampa e verrà abbattuto. Gioco da ragazzi per Urbino e Aceto, attento come sempre ad approfittare di tutte le occasioni per raggiungere la vittoria sua e dell'Aquila. Intanto al povero Quebel si aggiunge Niagara, in sorte all'Istrice. E salgono così a 24 i rotti in Piazza.
Dopo Palio. Doretto commenta dicendo: "Signori responsabili del Palio, vi siete accorti che siamo arrivati alla ventiquattresima vittima del tufo? 'Un c'è male, allora...
Un giudizio sull'operato del signor Palmieri? Sarà meglio ritorni a casina sua! Senza intaccare (Dio me ne guardi!) la sua professionalità fuori di Piazza, dico che ha dimostrato di non aver avuto confidenza alcuna, né dimestichezza, col meccanismo della nostra Festa. Ha ignorato e fatto ignorare l'articolo 64 del Regolamento.
Certo, a confronto col Palio di Siena, aprire le gabbie agli ippodromi è molto più facile. E, vista la «barcocchiata», anche meno rischioso. Alla bocca del Casato, i due versi di Dante sono sempre lì, a testimonianza: «Liberamente nel Campo di Siena / ogni vergogna deposta s'affisse».
Chi sarà il Mossiere del 1980? Lo sapremo ad aprile quando gira il Montone. Per ora, addio 1979. E addio a Carlo Palmieri. Senza rimpianti.