Anche quest'anno, come sempre, le nostre tradizionali feste hanno richiamato in questa città un numero grandissimo di forestieri. Ieri poi le vie rigurgitavano talmente di persone che restava impedito il transito dei veicoli. Gli alberghi furono presi d'assalto e una gran parte di forestieri i quali giunsero coi primi treni di ieri mattina dovettero a sera partirsene di qua non avendo potuto trovare l'alloggio.
Primo a dare l'annunzio della festa solenne, al mattino fu il Campanone dall'alto della storica Torre del Mangia, coi suoi poderosi rintocchi.
Ad ogni finestra, ad ogni balcone, pendevano arazzi e sulle vetuste torri merlate sventolavano le bandiere. I trams, tutti ornati con bandierine multicolori erano stipati di gente.
La nostra bella città aveva insomma quell'aspetto gaio e solenne delle grandi occasioni.
Nel pomeriggio, verso le 17 le contrade nei loro eleganti e pittoreschi costumi, ammirazione dei forestieri ed orgoglio dei cittadini, dopo aver fatto il giro della città, ai riunirono nel cortile del Palazzo Prefettizio attendendone disposizioni della Deputazione della festa.
Nel cortile avevano preso posto numerosissimi forestieri che ritrassero una gran quantità di fotografie.
Alle 18, mentre il cielo andava oscurandosi sempre più, al suono solenne del Campanone, squillavano all'imbocco del Casato le prime note caratteristiche della fanfara dei trombetti di palazzo e il corteo, fra gli applausi, cominciò il suo sfilamento.
Ad un tratto, i dubbi di molte persone previdenti che si erano munite di ombrello, per ogni eventuale accidente, purtroppo si avverarono e si rovesciò sulla Piazza uno di quegli acquazzoni estivi, che durò pochi minuti, ma che tuttavia fù sufficiente a scompigliare tutto il corteo.
Avvenne allora una scena nuova, interessante ed anche comica se si vuole.
Il pubblico irruppe dallo sbocco di S.Martino e, saltando i cancelli, invase la pista, mentre gli alfieri ravvolgevano in fretta le bandiere; i paggi e i duci si sparpagliarono rifugiandosi alla meglio sotto i palchi e dovunque fosse qualche riparo, e le comparse che ancora non erano entrate nella Piazza scendevano a corsa la discesa del Casato mettendosi a riparo nel Cortile del Podestà.
Nella grande confusione che avvenne fu davvero ammirato e lodevole lo zelo degli ufficiali dei RR. Carabinieri, dei funzionari di P.S., delle guardie comunali, di tutti gli agenti insomma, che si adoprarono con ogni mezzo affinchè non avvenissero disordini e disgrazie. Nel contempo però si erano diradate le nubi e sulla volta del cielo si disegnò l'arcobaleno.
Allora le comparse delle contrade Tartuca e Aquila, che si erano messe al sicuro sotto il palco dei Giudici, alla Costarella, rispiegarono le loro bandiere ricominciando lo sfilamento del Corteo, che, certamente non potè riuscire troppo bene.
Infatti fu ridotto a metà perchè le Contrade che dovevano seguire al Carroccio e che non prendevano parte alla corsa, non fecero il giro della Piazza, con incresciosa delusione dei forestieri e imprecazioni dei contradaioli.
Quando dal cortile del pubblico palazzo uscirono dieci fantini sull'irrequieti cavalli si ristabilì immantinente il silenzio per la trepidazione del momento, cui successe un urlo prolungato, quando, caduto il canapo, i cavalli si slanciarono a tutta corsa.
Si staccarono subito dal gruppo le contrade Aquila, Oca e Bruco, impegnando una furiosa lotta a nerbate.
Intanto guadagnava terreno la contrada dell'Istrice sorpassando l'Oca, e si delineava prima l'Aquila seguita dal Bruco che a tutta possa spronava il cavallo alla vittoria.
Alla terza girata cadeva al Casato il cavallo della Civetta gettando a terra il fantino, Giulio Cerpi di Siena, che per fortuna non si produsse molto male sebbene corresse il pericolo di essere ferito dai cavalli che gli passavano sopra mentre fra evviva del pubblico il Bruco gli riusciva a passare avanti dell'Aquila arrivando primo al traguardo.
Secondo il solito, il fantino vincitore certo Ermanno Menichetti di Manciano, fu subito circondato da un gruppo di carabinieri (quest'anno provvidenzialmente più numerosi in previsione di possibili incidenti, data la forte gara impegnata fra diverse contrade) per difenderlo dagli abbracci, troppo entusiasti dei brucaioli e nello stesso tempo dai pugni che cominciarono a grandinare sotto al Palco dei Giudici.
Il carabiniere Domenico Pasqualini della Stazione di Cetona, che insieme agli altri compagni si era slanciato per andare presso il fantino vincitore, fu improvvisamente gettato a terra dal cavallo della contrada dell'Oca, il cui fantino, sebbene fosse già sparato il mortaletto seguitava ancora a correre distribuendo nerbate al fantino della Torre che gli era dappresso e che faceva altrettanto.
Un altro carabiniere certo Riccardo Guelfi della Stazione di Siena che accorse per soccorrere il compagno, il quale era rimasto disteso al suolo quasi privo di sensi, cadde pure lui addosso al Pasqualini per l'urto che ricevette dallo stesso cavallo dell'Oca, battendo la faccia e riportando un'escoriazione al naso.
Con lodevole slancio accorse la squadra dei militi della P.A., di servizio alla Costarella, che, sollevò il carabiniere Pasqualini trasportandolo a braccia nella vicina farmacia Parenti dove ricevette le prime cure dal dott. Lazzaretti.
Un grande fermento si notò nella Piazza.
Il fantino dell'Oca, Angelo Meloni, fu circondato dai carabinieri e condotto sotto la loro salvaguardia, fuori della pista, mentre qua e colà gruppi di contradaioli, molti dei quali indossanti le monture della propria contrada, iniziavano delle accanitissime partite a pugni, a stento represse dai carabinieri, dalle guardie di città e da quelle municipali che ora scompartivano i rissanti di qua ora di là.
Però le colluttazioni in breve si resero ancora più serie. Qualcuno estrasse il coltello. Una guardia di città fu gettata a terra da certo Donnini Alfredo e persossa malamente.
Gli agenti resero manforte impadronendosi del Donnini e traducendolo in questura mentre egli si dibatteva ricusando di seguirli e gli altri della contrada si colluttavauo con gli agenti per liberare il compagno.
Le zuffe sono state innumerevoli per tutta la pista; le guardie, assalite, contuse hanno dato prova fin che hanno potuto di ammirevole sangue freddo; poi l'hanno perduto e, francamente, non sappiamo biasimarle.
Abbiamo veduto una guardia, colpita da un terribile pugno ai denti, sputar sangue dalla bocca; abbiamo veduto parecchie guardie divise, sole in mezzo alle mischie molteplici, cavare, stordite, la rivoltella per difendersi alla meglio.
L'intervento di molti volenterosi ha evitato davvero complicazioni molto spiacevoli.
Intanto una turba di ocaioli si recava nella piazzetta della Questura, in via del Castoro, emettendo alte grida e reclamando la liberazione dell'arrestato.
Gli ocaioli presero a calci la porta dell'uffico di P.S. e si deve anche qui al provvido intervento di alcuni volenterosi se non si ebbero a deplorare spiacevoli incidenti.
Il Consigliere comunale avv. Wolfango Valsecchi e l'avv. Donatini salirono presso l'arrestato per perorare la sua causa.
Gli ocaioli attesero lungamente gli avvocati sotto la Questura, schiamazzando. Essi dicevano di aver sentito il Donnini, gemere sotto i colpi infertigli in camera di sicurezza.
Gli avvocati finalmente scesero, raccomandando la calma e riuscirono a sbandare l'assembramento.
Intanto il Commissario di P.S. cav.Laudati, i delegati sigg. Schiavetti e Sassi continuavano l'interrogatorio dell'arrestato.
La guardia ferita ha sostenuto la colpabilità del Donnini.
A voce nostra, che si è sempre elevata affettuosa per Siena, per le tradizioni sue, per la sua gentilezza e nobiltà, e oggi sinceramente addolorata nel dover biasimare vivamente.
E' l'augurio sentitissimo che noi ci facciamo è che non si abbiano mai più a deplorare incidenti simili a quelli di ieri, per il nostro decoro e per il rispetto dovuto agli innumerevoli forestieri, che saranno certamente rimasti meravigliati dal contegno ingiustificato, aggressivo ed indecente tenuto da molti contradaioli verso i carabinieri e le guardie di P.S., provocando da parte degli agenti un risentimento le cui conseguenze non si potevano davvero prevedere.
Oltre agli agenti già accennati, sono stati medicati al nostro ospedale: il carabiniere Viti Virgilio, di anni 34 d'Arezzo, con una contusione al gomito destro, e la guardia di P.S., Gaetano Ferracci, d'anni 30, da Roma, per una contusione al torace in corrispondenza della nona costa di destra e per una contusione sopraccigliare destra. Ambedue guaribili in giorni otto.
Molti brucaioli vociando e gesticolando allegramente si recarono sotto il palco dei giudici per chiedere che fosse loro consegnato il Palio.
Le altre contrade amiche fraternamente si associarono alla gioia dei brucaioli sventolando le proprie bandiere mentre i tamburi rullavano a festa.
A causa degli incidenti poc'anzi verificatisi il Palio fu trattenuto un buon poco sul Palco, ma pur tuttavia quando fu consegnato ai popolani del Bruco non si potè evitare che una donna si slanciasse audacemente sul Palio stracciandone una fragia dorata e scomparisse poi subito fra la folla, sottraendosi al giusto furore dei brucaioli. Costoro, preso possesso del Palio fecero il giro della Piazza e si diressero, seguiti da una vera folla di gente verso il proprio rione, in via del Comune, dove le campane della chiesa suonavano a distesa.
Fu cantato subito nella chiesa un Te Deum in ringraziamento della vittoria ottenuta.
I locali della contrada s'affollarono di forestieri e di ogni altra classe di cittadini.
Fra i personaggi più ragguardevoli notammo alla sfuggita il tenente generale Lamberti, comandante il corpo di armata di Firenze col suo aiutante di campo che quivi erano stati gentilmente accompagnati dall'assessore avv. Alfredo Bruchi, il cav. Cambi-Gado, Presidente dell'Associazione per il Movimento dei Forestieri e vari altri.
Agli intervenuti fu servito un lauto rinfresco fra le grida entusiastiche dei contradaioli, pazzi dalla gioia.
Il fantino Menichetti fu portato in trionfo e ricevette le più cordiali congratulazionl da tutti i presenti.
Anche il padrone del cavallo vincitore fu complimentato assai.