Due furono i motivi per cui la Civica magistratura deliberava doversi fare questa festa, ed erano i seguenti:
1° Quello di festeggiare il ritorno di sua altezza il granduca Leopoldo Secondo e sua real famiglia in Siena, dopo la forzata assenza dalla Toscana in conseguenza dei politici sconvolgimenti accaduti nei mesi decorsi.
2° L'altro di celebrare l'inaugurazione della nuova strada ferrata da Siena ad Empoli, circostanza che faceva incominciare per la città nostra una nuova epoca di prosperità.
E siccome la prima causa accennata era per noi la principale, convien dapprima notare l'ingresso della prefata famiglia imperiale e reale in Siena, il che accadde nel giorno 13 del corrente mese.
Alle due pomeridiane dunque giungevano alla porta Camullia gli augusti personaggi, cioè il Granduca, la Granduchessa e loro figli, ed ivi erano ricevuti dalle autorità tutte civili e militari dalle diciassette Contrade e da immensa quantità di popolo d'ogni condizione accorso a rendere omaggio alla reduce reale famiglia. Entravano in Siena preceduti dalle bandiere spiegate delle dette Contrade, dalla banda civica, ed in mezzo agli applausi di tutta l'affollata popolazione.
Le finestre della strada per ove passava il corteggio erano tutte adorne di arazzi e bandiere e le campane tutte della città suonavano a festa. Chiudeva in fine il corteggio stesso, un drappello di R.Cacciatori a cavallo.
Giunta l'Altezza sua al Real Palazzo si affacciò più volte alla ringhiera unitamente a tutti gli altri e qui più che altrove risonavano vivi gli applausi, e fu unanime e sincera la dimostrazione di affetto che il popolo dedicò al buon Principe di cui da tanto tempo desiderava il ritorno.
Nel giorno appresso (14) alle ore undici e mezzo antimeridiane ebbe luogo per mano dell'illustrissimo reverendissimo monsignor arcivescovo Mancini la benedizione della strada ferrata nel luogo detto Montarioso e dopo in compagnia della real famiglia ed un seguito di circa a 600 persone eseguì egli medesimo la corsa fino ad Empoli, da cui nel giorno stesso tornarono tutti col medesimo treno senz'alcun inconveniente.
Bellissima e nuova affatto riescì per noi questa festa, e se la pioggia quasi continua non l'avesse alquanto disturbata sarebbe stata certamente straordinaria ed oltre modo magnifica.
Venendo poi a parlare della Corsa tonda su indicata, fu questa stabilita per il di 21 corrente ed infatti nel giorno stesso alle ore tre pomeridiane già vedevasi la Piazza del Campo tutta piena di popolo guarnita da numerosa truppa toscana ed austriaca e per la maggior parte d'infanteria ed intanto si apriva la festa con il consueto corso di carrozze; il numero di queste bensì era assai limitato, e se non vi fossero comparse le carrozze imperiale e reale Corte, si poteva dire quasi nullo.
Moltissimi furono e assai ripetuti gli applausi fatti dal popolo alla real famiglia non solo durante le girate da essa fatte nel corso, quanto ancora allorquando comparse al solito posto assegnatole nella ringhiera del Casino.
Dato quindi l'avviso per il principio della festa entrava in Piazza il consueto corteggio coll'ordine seguente.
1° Un distaccamento di regi Cacciatori a cavallo.
2° I dieci tamburi delle Contrade ammesse alla corsa.
3° Gli alfieri delle sette Contrade escluse ecc.
4° La banda militare addetta al reggimento Toscano di guarnigione.
5° I rappresentanti le dieci Contrade ammesse alla corsa con i respettivi alfieri e comparse.
6° La banda comunitativa.
7° I cavalli corridori con i respettivi parafrenieri (sic).
8° I fantini delle Contrade ammesse sopra altri cavalli.
9° Finalmente il carro con le bandiere delle 17 Contrade e il drappellone da darsi al vincitore.
Terminato il giro delle Contrade ed altro formante il corteggio, i regi Cacciatori suddetti eseguirono il secondo giro di perlustrazione nella piazza, e dato il segno col solito mortaletto i fantini si disposero a presentarsi alla mossa.
Le Contrade che prendevano parte alla corsa erano le seguenti:
Chiocciola, Oca, Tartuca, Aquila, Pantera, Istrice, Drago, Civetta, Unicorno, e Onda.
I Giudici per le mosse i signori nobile Giovan Battista della Ciaja, ed Antonio Brocci. Per la vincita i nobili signori Alessandro Sergardi, Giovanni Placidi ed Orazio de'Vecchi.
Giunti frattanto i fantini al canape venne data senza ritardo la mossa e la prima a scappare era l'Onda che per altro fu ben tosto passata dalla Tartuca la quale si mantenne prima per qualche tempo e finché non venne raggiunta e oltrepassata dalla Civetta questa continuò ad esser prima per una intiera girata ma sulla voltata appunto di San Martino cadde ne altro si seppe di lei.
Allora passò avanti nuovamente la Tartuca ma sopraggiunta ben tosto dall'Oca fu superata e contrastando ambedue queste Contrade per quasi tutta l'ultima girata rimase in fine vittoriosa l'Oca avendo per fantino il Gobbo detto Saragiolo.
Il Palio fu consegnato senza il più piccolo contrasto.
Così terminò questa festa sebbene in una stagione poco favorevole e contrariata alquanto dalla minaccia di pioggia pure riuscì piuttosto brillante e per la varietà di contrasto della corsa e per la presenza della real famiglia, e per la quantità del popolo accorso, non che per esser decorata da milizia d'ogni specie ed in numero straordinario essendovi presente come dissi oltre alla truppa toscana gran parte ancora di quella imperiale e reale austriaca, che da due mesi in circa forma il presidio misto della nostra città.
Finalmente convien fare osservare come il fatto ebbe effetto senza il più piccolo inconveniente.
La vittoria fu riportata dalla Contrada dell'Oca e questo, come afferma il Comucci, «era nel desiderio di non pochi» anche se esteriormente c'erano state manifestazioni di simpatia nei confronti del Granduca.
Fu il primo Palio con manifesti segni di infiltrazione politica e ne dette decisamente lo spunto la bandiera dell'Oca dove si ravvisava il tricolore simbolo dell'unità italiana; tanto è vero che Leopoldo II ordinò che il «rosso» della bandiera di questa Contrada venisse sostituito con il «rosa», e questo colore fu mantenuto per un decennio e cioè fino all'anno 1859.