Sebbene in quest'anno non si facessero feste pubbliche popolari in altre città di Toscana sì per vedute economiche come ancora per altre cagioni politiche, pure fu permessa l'esecuzione in Siena del solito Palio e per non togliere alla città questo mezzo di risorsa per il concorso dei popoli circonvicini e per non disgustare la popolazione.
Perciò alle ore quattro pomeridiane del giorno detto vedevasi già preparare la Piazza del Campo alla festa che doveva aver luogo e già disponevasi dentro di essa la numerosa truppa che era necessaria alle attuali circostanze e che consisteva in un rispettabile corpo di truppe austriache a piedi, situato in parata nell'interno della medesima presso ai colonnini che dal Casato giungono fino in faccia alla Costarella, in gran quantità di Regi Cacciatori Toscani parte a cavallo e parte a piedi in un piccolo corpo di Regi Veterani, ed in tutta la nuova giandarmeria, milizie tutte che nei diversi punti della Piazza venivano collocate.
Si apriva quindi verso le ore cinque il corso delle carrozze, ma scarsissimo era il numero delle medesime.
Finché poi alle ore sei si dava il segnale del principio dello spettacolo col solito mortaletto ed intanto un doppio plutone dei suddetti Cacciatori a cavallo percorreva in perlustrazione tutto il giro della Piazza e quindi avea luogo l'ingresso delle Contrade addette alla corsa colle respettive comparse ed erano in quest'anno le seguenti:
Lupa, Drago, Civetta, Onda, Oca, Aquila, Chiocciola , Pantera, Bruco, Montone.
I giudici per la mossa erano il nobil signor Giovan Battista della Ciaja ed il signor Didaco Becattini, e per la vincita i nobili signori cav. Carlo Bianchi, Ottavio Spennazzi, e Bartolomeo Cospi.
Cominciate pertanto ad entrare in Piazza le Contrade per la solita via del Casato, venne la seconda di esse (ch'era l'Aquila) inurbanamente ricevuta con fischi e clamori per parte di non pochi nemici dell'ordine pubblico, ma come che in generale ciò non piacesse, ebbe perciò breve durata una tale impropria dimostrazione.
Al contrario poi quando per ultimo entrò la contrada dell'Oca, che spiegata (sic) bandiera tricolore italiana, furono strepitosi gli applausi, si quettarono (sic) sulla medesima da diversi punti dei fiori e ciò non ebbe fine che al terminare dell'intero giro della Piazza, non senza dispiacere dei buoni poiché un tal procedere, oltre a non offrire vantaggio alcuno alla causa per cui si acclamava la bandiera dell'Oca, può invece, rinnovandosi, aggravare le nostre condizioni, compromettere assai l'ordine pubblico, facendo nascere fra il popolo spiacevoli collisioni e può insomma portare a gravissime conseguenze.
Ciò fatto si prepararono i fantini ad avvicinarsi alla mossa salendo nei respettivi cavalli, come infatti fecero e giunti che furono al canape fu questo calato immediatamente e senza inconvenienti.
La prima a scappare dalla mossa fu l'Oca seguita dappresso dall'Onda dal Montone e da tutte le altre ma prima che giungessero a San Martino fu trapassata dal Montone mentre l'Aquila direttamente correndo entrava in San Martino per non più ritornare.
Non poco si mantenne primo il Montone ma nel corso della seconda girata fu ripassato dall'Onda che per altro a San Martino suddetto cadde dando campo al Montone di rientrare avanti. Se non che raggiunto poi dall'Oca nuovamente è trapassato.
Si vide questa prima per buon spazio di tempo ma poi rimase indietro passata dal Montone dalla Chiocciola e dalla Pantera ed infine andò a cadere per la scesa di San Martino con grave danno del fantino che in essa correva.
Finalmente la Chiocciola superando tutte le altre Contrade si mantenne prima fino all'ultimo ed ottenne per conseguenza la vittoria avendo per fantino un tal giovane denominato Folaghino.
Fu consegnato il Palio alla Contrada vincitrice senza contrasto e ciò era ben naturale in quanto che la vincita era così chiara da non ammettere dubbi ed incertezze tali da invitare i male intenzionati a mettere in campo delle false preteste come più volte è accaduto.
Così terminò questo spettacolo il quale per se stesso, tranne l'inconvenienti accaduti nel giro delle comparse, riuscì di soddisfazione non tanto per la varietà e la gara che offrì la corsa medesima, quanto ancora per non essere accaduti sconcerti di qualche entità come era probabile che potessero sopravvenire.
Giova per altro qui avvertire che, se il tutto andò in regola e non si verificò quello che da molti giustamente si temeva, ciò si deve più alle fortuite combinazioni che alla volontà degli uomini poiché e la scomparsa dell'Aquila che andò in San Martino, come si disse, e la caduta dell'Oca che disanimò quel partito che come frenetico ne invocava la vittoria e la vincita fatta da una Contrada di partito moderato ed infine la presenza della numerosa soldatescha (sic) che un freno era pronta a porre a qualunque esorbitanza, furono circostanze tali da influire validamente al buon esito predetto e prevenire dei tumulti a cui purtroppo da un poco in qua il nostro popolo, già un tempo sì gentile e cortese, oggi per nostra mala ventura è portato.