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COSIMO III DE' MEDICI (1642-1723)

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Tratto dal libro "La storia di Siena" di Giuseppe Bortone

Cosimo III de' Medici

Successore di Ferdinando II, spentosi il 24 maggio del 1670, fu il figlio Cosimo. È con lui che il dominio dei Medici si avvia a sicura decadenza.

Timoroso di ogni innovazione, e preoccupato quasi esclusivamente del problema della successione, nulla egli fece per impedire l'accentuarsi della crisi sociale e economica: anzi, l'aggravò, aumentando le imposte e adottando provvedimenti doganali che provocarono la paralisi delle antiche gloriose manifatture.

Oggetto di cure speciali fu l'agricoltura; ma quanti errori anche in questo campo! Il contado senese ne risentì specialmente, perché i suoi grani non potevano essere esportati e venduti se non in Firenze e nel suo distretto.

Gli Ugonotti perseguitati nella Francia meridionale, si offrirono di venire, in numero non inferiore a un milione, a stabilirsi nella Maremma senese; ma il Granduca, temendo di attirarsi l'ira del Pontefice, non ne volle sapere, rinunziando così a una eccellente occasione di popolare e fertilizzare quella contrada desolata.

Riuscì Cosimo ad ottenere il titolo di «Altezza Reale», ma, in verità, l'antico prestigio della Corte granducale era finito; fino al punto che gli si poteva chiedere di riconoscere l'Arciduca d'Austria come Re di Spagna e di «pigliare da lui l'investitura dello Stato Senese».

I suoi ultimi anni furono amareggiati dall'incubo della fine della casa. Erano infatti senza figli il primogenito Ferdinando che premorì al padre; e il secondogenito Giangastone.

Intanto, nel 1715, il Granduca destinava la nuora, Violante Beatrice di Baviera, vedova del Principe ereditario Ferdinando, al governo di Siena.

«Questo provvedimento tornò particolarmente gradito a' Senesi, sia per la rara bontà d'animo di cui la Principessa aveva dato prove non dubbie e costanti, sia perché esso era quasi un conforto alla loro antica e insanabile velleità di autonomia. Il qual fatto, oltre a dar pascolo a molte piccole ambizioni cortigianesche, aveva anco la prospettiva di qualche profitto finanziario per la Città, come effetto del dispendio conseguenziale alla residenza in essa di una piccola Corte».

A lei si deve il bando del 1729 per cui a ogni contrada venne assegnata una parte del territorio della città, con precisi confini, su cui essa poteva esercitare, in piena autonomia, la sua autorità e i suoi diritti per tutto quanto atteneva al palio. Territori e potere delle contrade sono giunti immutati fino ai nostri giorni.

Il trattamento specialissimo fatto talora a Siena non deve sorprendere: «Lo Stato senese era distinto da quello fiorentino non solo di nome, ma anche di fatto; fino al punto di conservare una sua particolare rappresentanza dinanzi al Sovrano, come dinanzi al Governo; ed era di questa, ormai mantenuta per quasi due secoli, che i Senesi, a torto od a ragione, si mostravano così tenacemente gelosi ».

Ciò ben sapeva il governo granducale; piuttosto che prendere i Senesi di punta cercò sempre e in tutte le maniere, di allettarli; incoraggiando, ogni volta che gli si presentò l'occasione, la loro illusione di autonomia. - Invero, dopo di Caterina, duchessa di Mantova, vi fu inviato come governatore, e per ben tre volte, il Principe D. Mattias, figlio di Cosimo II: nel 1629, appena diciassettenne, fino al 1631; nel 1641 fino al 1643, e nel 1644 fino al 1667, anno in cui morì.

Fallita ogni speranza di assicurare continuità della dinastia, Cosimo III pensò che, per garantire l'unità del dominio, per escludere gli stranieri dallo Stato e per conservare la libertà e l'indipendenza, non c'era altra via che rimontare al lodo di Carlo V del 27 di ottobre del 1530, atto costitutivo del Principato mediceo, e di ricostituire, quindi, l'antica Repubblica. «Ma c'era una grande difficoltà, e nessuno poteva dissimularsene l'importanza capitale, quella cioè, che lo Stato di Siena doveva essere con- siderato come feudo imperiale e, per conseguenza, sottratto alla libera disponibilità del Granduca e del 'corpo politico' fiorentino».

La situazione destò naturalmente il più vivo interesse nella cittadinanza senese. Se non che a nulla valsero gli espedienti diplomatici tentati dal Granduca per veder realizzato il suo proposito; chè nel 1735 - dodici anni dopo la sua morte - e mentre in Siena si pronosticava ancora intorno all'incerto avvenire, accordi tra la Francia e l'Austria stabilivano che, alla morte dell'ultimo Granduca di casa Medici, il Principato di Toscana sarebbe passato integralmente al duca Francesco di Lorena.

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