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FERDINANDO II DE' MEDICI (1610-1670)

elenco personaggi

Tratto dal libro "La storia di Siena" di Giuseppe Bortone

Ferdinando II de' Medici

Alla morte di Cosimo II, il suo primogenito Ferdinando aveva 11 anni. Per designazione del defunto Granduca, la tutela fu affidata a Maria Cristina e a Maria Maddalena, le quali la prolungarono anche al di là del necessario e del giusto.

Solo nel 1628, Ferdinando II salì al potere che tenne per oltre quarant'anni. Il Granducato attraversava allora come, del resto, tutta l'Italia sottoposta al dominio spagnolo, una grave crisi sociale e economica. La reggenza delle due donne contribuì ad aggravarla.

I privilegi concessi, fin dal tempo di Ferdinando I, a Livorno suscitarono un malcontento vivissimo nelle altre città della Toscana, specialmente in Siena.

Il disagio, in particolar modo della classe lavoratrice era tale che, nel 1630, si dovette istituire una «Cassa per i poveri e disoccupati» alla quale Ferdinando contribuiva mensilmente con una quota personale di tremila ducati e la famiglia ducale con una di duemila.

Per risolvere la questione economica, che si faceva ogni giorno più preoccupante e minacciosa, si incoraggiò la creazione di vari Monti.

Anche in Siena cominciò a fiorire ora un Monte; però non un Monte di contenuto politico, come quei tanti precedenti che avevano dato una tinta fosca alla storia della città, ma di contenuto economico: il Monte dei Paschi; istituzione che rappresenterà per i Senesi - e non per loro soltanto - un nuovo motivo di orgoglio e una nuova sorgente di benessere.

L'istituzione del Monte dei Paschi si fa risalire al 1472; ma è soltanto col 1624 che esso acquista quella fisionomia di istituto di credito fondiario che, variamente sviluppandosi, lo ha fatto divenire, oggi, una delle principali banche italiane.

«Monte» voleva dire una pubblica cassa; e ce n'erano da per tutto in Italia; sorti fin dal secolo XIV, con l'intento di soccorrere i bisognosi, prestando loro, per esempio, il frumento - Monti frumentari - o prestando contro pegno - Monti di Pietà. Anche Siena aveva, fin dalla seconda metà del secolo XIV, un suo Monte,' il quale, fra gli ultimi anni del '500 e i primi del '600 - date le condizioni di disagio economico in cui erano ridotti gli abitanti della regione - cominciò a prestare non più soltanto a' poveri, ma anche agli agricoltori e agli allevatori di bestiame nella Maremma e alle comunità dello stato senese.

«Nel 1619, il Magistrato del Monte, facendosi interprete della necessità di sovvenire a questo civico ammiserimento, rivolse al Granduca Ferdinando II (allora minorenne sotto la reggenza delle Granduchesse Cristina e Maria Maddalena) una supplica perché volesse provvedere oltre che ai poveri, anche alle classi medie introducendo «una forma di altro Monte» e dotandola di un nuovo fondo, perché fosse reso possibile l'impiego del denaro a onesto e sicuro frutto. La proposta venne caldeggiata dalla Balia del tempo.

E il Sovrano, aderendo alla richiesta, con rescritto 30 dicembre 1622, ordinò l'erezione di un Monte non vacabile, cioè non redimibile, costituendo, per agevolarne il funzionamento, un prestito di scudi 200.000 di capitale (L. 1.176.000), e di scudi 10.000 annui di rendita, garantito sopra le entrate annuali provenienti alla camera granducale dal Magistrato dei Paschi, cioè dall'Amministrazione dei pascoli in Maremma, già proprietà della cessata Repubblica senese.

L'atto di fondazione porta la data del 3 gennaio 1625. Vennero emesse delle obbligazioni dette «luoghi di Monte», alienabili, cedute ai depositanti in garanzia dei loro depositi e fruttanti un interesse annuo. Grazie alla garanzia che li assisteva i «luoghi» rappresentano un primo esempio, che precede ogni altro in Europa, di credito fondiario.

In seguito, si vennero a mano a mano aumentando i fondi di garanzia destinando parte dei proventi a opere di beneficenza e adottando le modalità delle varie operazioni di credito; fino a che, nel 1832, «prendendo attuazioni nuove e radicali riforme, dopo 207 anni di vita, si iniziò la vera e fondamentale trasformazione dell'Istituto. Per essa, quasi con rinnovato vigor di vita, venne acquistato quell' assetto che, salve le modificazioni richieste dal variare e complicarsi delle esigenze del credito, presenta ai tempi nostri.

Siena è orgogliosa e gelosissima del suo Monte dei Paschi, sia perché esso è uno de' più solidi istituti finanziari dello Stato, sia perché essa ne ricevette, e ne riceve, benefizi grandi e innumerevoli».

Anche a Ferdinando fu ricordato l'obbligo verso l'Impero «per lo Stato di Siena», quando la Spagna, in guerra con la Francia, gli fece richiesta di aiuti. Ma il Granduca, per evitare spese che avrebbero ancora aggravata la situazione, ebbe il coraggio di rifiutarli.

Durante il suo governo, furono anche tentate e ritentate, sopra tutto per interessamento del Cardinale Leopoldo, grandiose opere pubbliche di cui si era mostrata urgente necessità nel Senese e nel Grossetano; ma dovettero esser sempre abbandonate, sia per deficienza di mezzi e di programmi concreti, sia perché la pestilenza spopolò ancora città e campagne e sia perché il richiamo di gente d'ogni parte e d'ogni condizione nella Maremma Senese, compresi «i banditi capitali» degli Stati limitrofi, non poteva che fallire, dato che nella zona non esisteva nessun presidio legale e non v'era nessuna convenienza economica dell'invito; sia, infine, perché la persistenza delle antiche forme di produzione e degli antichi contratti agrari costituiva, per se stessa, uno degli ostacoli maggiori allo sviluppo del benessere delle campagne.

Del resto, la popolazione era così scarsa che, anche se più illuminata fosse stata l'opera dello Stato, poco di men peggio si sarebbe potuto ottenere: nel 1642, Siena contava 15.998 abitanti, e tutto l'antico Stato Senese, compresa la capitale, non ne aveva che 112.019.

Viaggiatori stranieri dissero allora di Siena che era una città triste, accasciata nel rancore per la libertà perduta, governata da una oligarchia di aristocratici, detta comunemente «Corpo Nobile», ripartito in quattrocentoventi famiglie.

Ne' primi anni di governo di Ferdinando, Siena ebbe una governatrice in Caterina de' Medici, la quale, rimasta vedova del duca di Mantova, era venuta in Toscana presso il nipote. - Ella fece il suo ingresso in Siena la sera del 9 di luglio del 1627, ricevuta con grande pompa; sia perché la si conosceva buona e generosa; sia, forse, perché «tale evento solleticava alquanto l'ambizione municipale della città».

Era infatti la prima volta che una componente della famiglia dei Medici occupava la più importante delle magistrature cittadine.

Merito, poi, del Granduca Ferdinando fu l'aver messo in opera la sua influenza per raccomandare la persona e la causa di Galileo Galilei. Ma è un merito che più di uno storico gli contesta: chè Galileo fu condannato. Soltanto, per grazia speciale, gli fu concesso di poter venire a Siena, dove giunse il 9 di luglio del 1633, rimanendovi fin verso la metà di dicembre di quello stesso anno.

Più tardi Ferdinando favorì e protesse la gloriosa Accademia del Cimento, che rappresentò, nella torpida Italia del Seicento un attivo e famoso centro di attività scientifica sorto a Firenze nel 1657.

Durante il governo del Granduca medesimo, furono fatte in Siena feste grandiose per l'elezione a Pontefice di Fabio Chigi - Alessandro VII - avvenuta il 7 d'aprile del 1655: elezione non troppo gradita a Ferdinando questa «d'un papa senese, mentre non per anco sembrava assodata la soggezione e l'obbedienza di quel popolo alla Casa Medici».

La corsa del Palio - tutta e unicamente senese, espressione tipica e irripetibile della storia secolare e dell' anima profonda della città - è la più nota delle antiche feste popolari italiane e indubbiamente una delle più pittoresche del mondo.

Si corre ogni anno, nella piazza del Campo, il 2 luglio e il 16 agosto. Nelle forme attuali essa risale al corso del Seicento; ma le sue origini sono più remote e vanno ricercate nelle corse «alla lunga », gara di cavalli che si svolgeva, fin dal 1200, in occasione di feste, al di fuori delle mura; e in antichi giuochi come quelle delle Pugna e della Caccia dei tori che si svolgevano nella Piazza del Campo.

Furono le Contrade a conferire al Palio il suo più tipico carattere. Esse rappresentano ripartizioni della città in zone distinte, di cui si ha notizia già nel '400, corrispondenti a partiti e fazioni formatesi nel corso di lotte secolari. Col tempo acquistarono caratteri e privilegi via via più ampi e precisi: ebbero chiese proprie, santi patroni, stemmi, bandiere, titoli come, ad esempio, quello nobiliare conferito da Carlo V, in visita a Siena, alla contrada dell' Aquila insieme alla concessione di inalberare sullo stemma l'aquila a due teste e gli altri simboli del Sacro Romano Impero.

Nel Cinquecento e nel Seicento parteciparono, con le loro compagnie, ai giuochi e alle feste della città facendosi rappresentare con macchine di legno (una giraffa, una lupa, un'oca ecc.) da cui presero poi il nome. Nel 1559 fu istituita la corsa delle bufale, durante le quali si stabili di donare il Palio non al fantino vincitore, ma alla contrada che rappresentava.

Il primo Palio «alla tonda» cioè, intorno alla piazza del Campo, corso da cavalli e quindi simile a quello odierno, si fa risalire al 1583, ma soltanto nel 1656 fu deciso di disputarlo tutti gli anni, tra le diciassette contrade in cui la città era divisa.

Nel 1701 si stabilì che il Palio venisse ripetuto oltre che il 2 luglio, in ricordo di una miracolosa apparizione della Madonna, anche il 16 di Agosto, festa della Madonna, Patrona ed Advocata di Siena. Oggi le contrade ammesse a parteciparvi sono dieci, scelte parte a turno e parte a sorte; anche il cavallo viene scelto a sorte.

La corsa è preceduta da una fastoso «corteo storico» a cui partecipano tutte le contrade, con le loro «comparse» vestite negli sgargianti costumi della metà del quattrocento, i cavalli che partecipano alla corsa, il Capitano del popolo, il Carroccio con i mazzieri, i trombetti e i paggi del Comune, e, infine, il Palio, un drappellone serico su cui è dipinta un'immagine sacra che sarà conquistata dalla contrada vincitrice.

Giustamente celebrata è la destrezza di cui danno prova durante la sfilata gli alfieri delle contrade giuocando in mille modi con le bandiere delle contrade dai mille colori. Ne accompagnano il misurato trascorrere i rintocchi solenni della campana maggiore della Torre del Mangia, il rullo dei tamburi e il suono argentino della « campanella» issata sul Carroccio.

Lo spettacolo nel grandioso anfiteatro della piazza del Campo colma di folla è incomparabile e indimenticabile. Nel momento in cui i partecipanti al corteo storico si dispongono in un palco sotto il palazzo del Comune, si fa più viva la tensione popolare che accompagna la partenza, detta «la mossa» e tutto lo svolgimento della corsa fino ad esplodere nel tripudio dei contradaioli della contrada vittoriosa che, in uno sventolio di bandiere si impadroniscono del Palio e, per quattro giorni, ne festeggiano la conquista del loro rione e per tutta la città.

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