La mossa di Bartolo Ambrosione, l'olimpionico alla sua seconda esperienza sul verrocchio, ha visto allinearsi fra i canapi: Aquila, Valdimontone, Drago, Oca, Leocorno, Pantera, Tartuca, Bruco e Selva, con il Nicchio di rincorsa.
Cavalli nervosi, che non riuscivano a rispettare l'ordine, tanto che il mossiere li ha dovuti far uscire due volte, prima che quella barriera di corda cadesse, liberando la pista.
Parte in testa, per pochi metri l'Oca, inseguita dalla Tartuca e dalla Pantera ma, già all'altezza di Fonte Gaia, la Contrada di Castelvecchio ha steso la sua regia, portandosi al primo posto tra le urla della piazza impazzita. Così è arrivata alla prima curva di S. Martino con l'Oca, il Valdimontone e la Selva che entrano all'interno passando la Pantera, per arrivare a precipizio alla curva del Casato, inseguita dall'Oca e dalla Selva. Qui il Valdimontone stringe, urta nel bandierino, perde l'equilibrio e cade, con lui il Nicchio e il Leocorno.
Stesso ordine al secondo S. Martino, dove è ancora la Tartuca che guida, inseguita dalla Selva e dall'Oca, dalla Pantera e dal Drago. Cadono il Bruco e l'Aquila.
Al secondo Casato, dopo la Tartuca, la Selva, la Pantera, il Drago e l'Oca. Invariato l'ordine di arrivo al terzo S. Martino. Solo all'ultima curva del Casato il Drago riesce a guadagnare il posto della Pantera.
Quando all'arrivo il Bruschelli ha alzato il nerbo in segno di vittoria, la gioia del popolo giallo/blu è stata incontenibile.
Una corsa brevissima se rapportata al lungo e cadenzato corteo storico che la precede. Ma forse anche questa sproporzione temporale è cosa voluta, per rendere ancora più esaltante ed emotivo quell¹attimo in cui Siena celebra il suo orgoglio di città unica nel mondo.
Diciassette popoli sotto diciassette bandiere che insieme fanno vivere, sotto un unico simbolo, quella Balzana bianco/nera simbolo della città, una tradizione fatta di passione e storia, che ancor oggi riesce ad uscire indenne dalla mistificazione che caratterizza la nostra contemporaneità.
Centinaia di braccia si sono alzate sotto il palco dei Giudici, centinaia di contradaioli si sono precipitati, correndo a perdifiato, dalle varie parti della piazza per ricevere quel drappo di seta che ogni anno, e per due volte, fa piangere vecchi e ragazzi, fa cancellare paure e rancori. Il bellissimo drappellone dipinto da Igor Mitoraj, con gli stessi colori della Tartuca strano gioco del destino. Unico vero simbolo di una vittoria su una guerra combattuta senza armi, ma con il cuore.
La breve corsa è già storia. In Duomo i tartuchini stanno cantando il Te Deum. Ringraziano la Madonna per il Palio vinto.
Una religiosità strana quella dei senesi, cittadini di una Repubblica antica e mai dimenticata, che riescono a dimostrare una fede forte, forte come i colori pieni dei fazzoletti che stringono al collo, per farsi riconoscere e per continuare questo gioco dove è facile "perdersi" anche per chi non è di Siena.
Libri sul Palio di Siena