E' il vento il protagonista delle ultime ore prima della Carriera. Un vento testardo, inclemente nei confronti dei ragazzi delle Contrade che mostrano la loro arte di alfieri. Loro combattono silenziosi la loro battaglia contro le raffiche che spezzano magiche traiettorie delineate in lunghi mesi di lavoro. In pochi ci pensano, in pochi notano che qualcuno ha le lacrime agli occhi. Il vento maledetto ha reso meno gloriosi i sogni degli alfieri. Eppure forse mai come in questo 2 luglio battuto dal vento, gli alfieri sono stati grandi, commoventi nel voler difendere con le loro gesta l'onore della propria Contrada. Sono stati loro i protagonisti dell'attesa: molto di più di quanto lo sia stato il principe Emanuele Filiberto di Savoia, che ha fatto la sua apparizione in città, ricevuto anche in Comune dall'assessore Fabio Minuti.
In Piazza, sul tufo, ha incontrato anche la bella Miss Italia, Eleonora Pedron. Roba da vip, da gossip, atmosfere ben lontane dalle sanguigne e genuine passioni contradaiole. Quando anche l'ultima bandiera finisce di puntare al cielo nell'ultima sbandierata di saluto, ecco tornare il rumore del silenzio di quarantamila racchiusi nella conchiglia e disposti sui palchi carissimi, incredibilmente cari, inaccessibili ai più di quel popolo delle Contrade, senza di cui il Palio sarebbe impossibile.
Ecco il mortaretto ed eccoli uscire dall'entrone, e caracollare verso la mossa. C'è paura per le strategie della dea bendata. Tante avversarie in campo: e se saranno vicine? Già a preoccupare c'è l'incerto mossiere esordiente: il generale Norberto Capozzella giunto alla carriera con tante incognite e mille critiche. Ma la sorte sarà benigna, almeno nella disposizione dell'ordine d'ingresso ai canapi: Chiocciola, Nicchio, Pantera, Civetta, Drago, Giraffa, Aquila, Leocorno, Tartuca e Selva di rincorsa.
Inizia la sarabanda. Il mossiere, in mancanza di un'autorevolezza che non si è conquistata nei giorni delle prove, accenna con voce autoritaria a districare la matassa, che fin dall'inizio è ben chiara: la presenza, in basso, di Pantera e Civetta, consiglia a Leocorno e Aquila di operare pressioni insistite anche se non plateali verso il basso.
Continue, così, le ammucchiate su quella parte del canape che, oltretutto, il mossiere vede meno (basterebbe aggiungere una pedanina di cinquanta centimetri per offrire una visuale migliore). Dopo tre uscite dai canapi, mentre il Villella è oggetto di corte insistita praticamente da tutti, si giunge ad un primo epilogo: la Selva entra, il gruppone è raccolto in pochi metri verso il basso, ma salvo un arretramento del Nicchio e una leggera forzatura della Civetta, l'allineamento appare perfetto.
Leocorno, Pantera, Chiocciola, partono a razzo, ma nella sorpresa e nello sbigottimento generale, il mossiere fa scoppiare il mortaretto. Mossa falsa.
Si riparte con la sarabanda e nulla cambia nella filosofia della mossa. Così, quando Sgaibarre entra per la seconda volta, finisce quasi per sbattere nella Tartuca, completamente rigirata al nono posto. Colagè confida nell'invalidamento della mossa, che, anche alla luce del primo annullamento, apparirebbe logico. Invece Capozzella lascia che le cose scorrano, decretando così la fine della sua avventura sul verrocchio.
E allora, partono di scatto Chiocciola, Civetta, Pantera, Leocorno e Drago. Ma, prima di San Martino, trovano il corridoio giusto più all'interno la Pantera e il Nicchio, mentre all'esterno dopo la Fonte, una tempesta di nerbate del Bighino si abbatte su Beppino Pes.
Così la prima curva decreta la momentanea supremazia della Carriera: la Pantera in testa, visto che dall'interno ha superato la Chiocciola, quindi la Selva, con Sgaibarre autore di un San Martino magistrale, poi il Nicchio, Drago e Civetta. Il resto è già il panorama dei comprimari.
Poco cambia al primo Casato, ma la Selva recupera metro su metro, sembra mangiare il tufo, mentre è soprattutto Zilata Usa che pare spengersi lentamente. Lo scacco matto arriva al secondo San Martino, al quale approdano nell'ordine Pantera, Chiocciola più larga e Selva all'interno. Ed è proprio la posizione più vicina allo steccato, con uno Zodiach che pare disegnare una curva da compasso, a premiare la Selva che supera la Pantera, mentre all'esterno Veleno II cade e si chiude la carriera della Chiocciola. Nelle posizioni di rincalzo, il Drago rinviene e supera il Nicchio.
Al secondo Casato cade Dino Pes da Zoarco nella Giraffa, mentre l'ultimo giro è una cavalcata trionfale della Selva: dietro arrivano il Nicchio, con il bell'esordio di Tittia, il Drago e la Pantera ormai sfinita.
Sgaibarre può alzare il nerbo festante e battezzare con la vittoria il suo vero esordio al Palio, cancellando così in un attimo (anzi nel tempo di 1' 15" 33), l'amarezza per la mancata carriera dello scorso anno. Sgaibarre indica col nerbo il popolo della Selva e soprattutto il capitano Roberto Marini, grande stratega di un Palio costruito sulla base di ingredienti antichi e sempre validi.
Quattro vittorie sono nel palmares di Marini, e non a caso. Così come non è un caso che a vincere sia un cavallo di Mario Savelli (proprietario di Zodiach, insieme a Massimo Franchi, Alessandro Manasse, Jacopo Biagini, Marco Gambetti e Cesare Celesti). Finché ci saranno uomini come Marini e Savelli, il Palio ha poco da temere.
Anche perché il Palio di luglio 2003 segna l'ennesima vittoria per le modalità di scelta e selezione dei barberi: il Palio dei mezzosangue, delineato negli anni scorsi e portato a compimento nelle ultime due stagioni, è il nuovo Palio del terzo millennio. I cavalli possono consentire qualsiasi strategia, qualsiasi tattica: sta agli uomini delle Contrade, poi, trovare la via migliore. Roberto Marini l'ha trovata. Il mossiere invece no. I capitani ne sanciscono l'immediato congedo e si mettono subito in cerca del successore.