A SIENA SORTEGGIATI I CAVALLI PER IL PALIO 14 agosto 1985
SIENA - Il sorteggio dei cavalli, avvenuto ieri mattina in piazza del Campo davanti a oltre ventimila persone, ha fatto entrare nel vivo, a Siena, i preparativi per il Palio dell'Assunta che si svolgerà il 16 agosto.
Reazioni molto negative ha suscitato, tra i contradaioli presenti all'estrazione, la notizia secondo cui l'esponente radicale Adele Faccio avrebbe intenzione di promuovere una contestazione della corsa, "In difesa dei diritti e della vita degli animali".
Il sorteggio di ieri mattina favorisce, sulla carta, le contrade del Bruco (la "nonna" del palio, che non vince da trent'anni) con Baiardo, dell'Onda con Benito terzo, del Drago con Balente e della Giraffa con Brandano. Gli altri accoppiamenti sono: Bizzarro alla Pantera; Amore alla Tartuca; Oreon all'Istrice; Cuana alla Chiocciola; Figaro all'Aquila; Mariolina all'Oca.
NESSUNA PROTESTA DEI RADICALI IL GIORNO DEL PALIO DI SIENA di CELESTE SEGRE - 15 agosto 1985
SIENA - Rientra la minaccia della contestazione dei radicali al Palio dell'Assunta. Nessuno di loro domani sarà presente in piazza del Campo. "Non siamo mica pazzi a fare manifestazioni durante il Palio, certo che ce ne occuperemo, ma a settembre e in incontri con i dirigenti delle contrade, con il sindaco, per vedere se i cavalli vengono rispettati". Da San Piero a Sieve in Mugello, dove è in vacanza, Adele Faccio getta acqua sul fuoco della polemica che movimenta questa vigilia. Tutta colpa, secondo l'esponente radicale, di una frase ("Ci occuperemo anche del Palio di Siena") detta a conclusione di un infuocato dibattito sulla Sagra di Segni, dove un maialino venne tramortito a bastonate. "È vero, però, che voglio contestare il Palio", prosegue Adele Faccio. "Il doping, i book-makers che vengono giù da Milano, le scommesse, il gioco d'azzardo, l'eventuale mancanza di riguardo ai cavalli, quelli azzoppati, cercheremo di appurare quello che è vero. Siamo contro tutte le sagre dove gli animali sono considerati giocattoli, vogliamo liberarli dalla schiavitù e dalla crudeltà".
I contradaioli erano già pronti ad "accogliere" i manifestanti radicali. "Se vengono avranno problemi grossi per la loro incolumità, per il Palio è una cosa seria che si vive tutto l'anno, non vogliamo interferenze di gente esterna che non ha capito il senso di questa corsa, i cavalli sono trattati meglio dei cristiani, sono idolatrati", dicono al Bruco. "Se vengono a darci fastidio, risponderemo col fastidio". "Fonte Gaia è tanto grande...", rincara la dose un contradaiolo della Giraffa.
Per tutti aveva parlato il sindaco Vittorio Mazzoni, socialista della Stella: "Pace all'anima loro". Dal Comune fanno sapere che da tempo si fanno attente visite veterinarie ai cavalli e che sono già due anni che non accadono incidenti mortali agli animali.
Intanto ieri mattina, davanti a cinquemila persone, si è svolta la seconda prova del Palio. È stata vinta dall'Aquila con Figaro, al suo primo palio, montato da Maurizio Farnetani, detto Bucefalo, seconda la Pantera, terza la Tartuca, Antonio De Gortes (sic), il mitico Aceto, detto anche il "Professore", tredici vittorie, l'ultima lo scorso 2 luglio, era in groppa a Baiardo, il cavallo assegnato al Bruco, la contrada che non vince da trent'anni e che con questo abbinamento ha messo serie ipoteche sul "Cencio". L'appuntamento è per domani.
L'Onda TRAVOLGE IL SOGNO DI RECORD DEL GRANDE ACETO dal nostro inviato EMANUELA AUDISIO - 17 agosto 1985
SIENA - Adesso la piazza è piena: il frenetico movimento è cessato, l'animazione è scomparsa, dietro l'allegria delle chiacchiere e delle risate sta avanzando un senso di inquietudine, spesso e fondo. Nessuno l'ha invitato, ma c'è. Non sono le cinque della sera, ma le 7,15: un'ora in cui i sogni sono ancora lontani. E le contrade che corrono il Palio dell'Assunta.
Sei di questi cavalli l'hanno già vinto. Si rovistano file di visi a cercare una sicurezza che non c'è più. Un attimo fa, ognuno aveva il suo piccolo contributo di supposizioni: Palio venduto, non venduto, pulito? Chi sa. Ora il Palio mette paura a tutti. Essere più forti spesso non conta. Escono dall'entrone i fantini: con gli zucchetti di ferro a proteggere la testa, con il nervo di bue essiccato in mano, i cavalli con le spennacchiere. Qualcuno ha i pantaloni fradici. Li bagnano: così, cavalcando a pelo, restano più attaccati alla groppa dell'animale. Il contatto con il tessuto appiccicoso a qualche fantino fa allegare i denti. L'odore selvatico del sudore, mischiato a quello forte degli animali non lo spazza via nessuno. La piccola sporcizia della piazza, ricoperta dal tufo, invece la spazzano. Devono aver paura anche gli animali, una specie di paura sottile che appiattisce le vene.
Questo l'ordine d'entrata al canapo: Aquila, Bruco, Drago, Tartuca, Onda, Chiocciola, Pantera (entrerà sempre di sedere), Oca, Giraffa. L'Istrice è di rincorsa. Prima partenza non valida, primi patteggiamenti. Non ci si vende la corsa, ma il lusso essenziale di non subire sgarbi, ossia gomitate e calcioni. Tutto è permesso: anche tenere il piede su canapo per cercare di capire quando va giù.
Passano i minuti. Che non si siano messi d'accordo sui soldi? Pare che Pes e Aceto per correre, comunque vada, si siano accordati sui 70 milioni; l'Oca per cedere Aceto ne ha richiesti un centinaio. Alle 7,40 partenza buona. L'Onda passa avanti a tutti. Ha una bestia forte, Benito, il secondo cavallo di piazza, lo monta Cianchino soprannome di Salvatore Ladu, sardo, per più di dieci anni fantino del Bruco, ma mai vittorioso con quella contrada, e così il Bruco se ne è sbarazzato non fidandosi più. Ma il Palio è vero, crudele.
L'anno scorso Cianchino ha vinto per il Nicchio, quest'anno per l'Onda, una contrada di media forza. Da un paio di stagioni a secco, nemica della Torre. Benito è partito non benissimo, quarto o quinto, poi nella curva di San Martino, dove i materassi proteggono animali, fantini e un tenero negozio di porcellane, è passato primo e ha retto: i suoi muscoli si sono flessi, i fianchi si sono sollevati, avevano già corso e vinto su questi tre giri di campo, le sue mascelle non si sono neanche tese molto, terse e bagnate. Dietro Benito, nessuno ha dato spazio a nessuno.
Il Bruco con Aceto, piuttosto fermo alla partenza, ha recuperato in maniera spaventosa, ne ha passati nove, ma non ce l'ha fatta. E così la Tartuca.
Un Palio pulito dove non hanno vinto i soldi ma la voglia di vincere di Cianchino, che dell'orgoglio ha fatto una ragione di vivere quindi di Palio: sono due volte che si lascia il Bruco alle spalle. Un bel Palio: con due cose stupende: Aceto su Baiardo e Cianchino su Benito che ha chiuso gli altri di prepotenza.
Vincere il Palio significa un anno di felicità, ma costa: in cene, in allegria, in disponibilità finanziarie. La contrada è di tutti i contradaioli, si tira su con l'aiuto dei tanti e una volta tanto avere il frigorifero in casa non significa rinunciare alla vita come invenzione e come collettività. Alla fine un cavallo abbattuto: Balente, del Drago, infortunatosi al primo giro, ma che comunque aveva continuato la corsa.
E il resto? Il resto è una serie di immagini che non sembrano aver nesso tra loro, ordinate in rapida sequenza, come i passaggi improvvisi delle scene in un film. La luce del sole è ancora forte. Una fanfara di trombe e di tamburi che fa sporgere la gente avanti avidamente. Sessantamila persone. Il terreno che arroventa i piedi, i polmoni quasi secchi, l'orrore di vedere sulla faccia del vicino il tuo stesso rincitrullimento, senza una boccata d'aria. Il suono del campanone, ossessivo, un suono cupo, lugubre, da quando un fulmine ne ha modificato il timbro. Un suono che sprofonda nelle teste. E sale, sale, sale. Una donna che ripete "Oh, mio Dio", come se una musica selvaggia l'avesse turbata, e crolla svenuta, ma resta in piedi impossibilitata a cadere bocconi. Il resto è l'animale che striscia la testa per terra quasi rovesciandola, emettendo un gemito pietoso che pare di vedere uscire dalla bocca, i denti digrignanti; ed è come accorgersi all'improvviso che anche le bestie possano esprimere tensione, sofferenza, voglia di libertà in un palio fatto da loro ma non per loro.
Il resto è un rumore strano, un movimento intermittente, uno, due. Nessun camion può fare quel rumore e nessun tipo di lavoro stradale, ma un terremoto sì, guardi il campanile, ma sta dritto. Piazza del Campo rimbomba di nuovo. Cerchi di rompere l'onda lenta della gente che non si vuole scostare e guardi: è un nugolo di carabinieri a cavallo, spada sguainata, al galoppo. Un'immagine terrificante, quasi ringrazi abbiano inventato il carro armato, duro, grigio, ma impersonale nel suo ferro senza rabbia.
Il resto sono le finestre di una stessa casa che ti indicano: se nasci a destra sei di una contrada, se a sinistra di un'altra. I vestiti da mezzo quintale, alcuni dei quali disegnati da quel grande genio dei costumi che è Tirelli; i lunghi e nascosti viaggi a Lione intrapresi per acquistare la migliore seta e i finissimi broccati; le stanze che ti vengono aperte quando il sole si è abbassato e ricche di masgalani, bandiere ricamate a mano e una storia che non è cresciuta nei musei ma a Piazza del Campo, una conchiglia di nove spicchi a ricordo del governo dei Noveschi.
Il resto è la storia con la maiuscola che si incrocia con la minuscola: le banche, gli uffici che avanzano e occupano il centro, il popolo che se ne va, costretto, fuori le mura, ma dentro di sè porta la vecchia contrada. Ad un uomo puoi anche prefabbricare un futuro diverso e collettivo, ma non lo puoi accomunare sotto uno stesso passato.
La contrada dell'Istrice, ora si è spostata in direzione di Firenze, ed è la più numerosa; "ma una volta, oh una volta, la Torre stava sulla piazza del Mercato, proprio dove si vendevano frutta e verdura, l'Oca aveva il mattatoio e la concia delle pelli, anche quelle oggi scomparse. E anche nei colori sa? Soffrimmo, soffrimmo molto. Nel Risorgimento il giallo dell'Aquila lo volevano far passare per austriaco, il bianco, rosso e verde dell'Oca per nazionalista e il rosso granata della Torre, più in là, dette fastidio a parecchi gerarchi. E la volta che venne il presidente Gronchi? Dio mio, nulla mi faccia ripensare a quel palio: piovve, piovve, noi non lo si voleva correre, ma c'era il presidente... Caddero in nove, una pestilenza, e allora i fischi..., sa, a quel tempo si aveva tutti più fiato. E un'ultima cosa la vuol sapere? Le vie principali della città perchè si chiaman tutte corso? Ma perchè un giorno, tanto tempo fa, su quelle vie si correva: con i cavalli, con i buoi, con le bufale".
Il resto è dire no. A Berlusconi che offre un miliardo per la ripresa televisiva; alla Fiat che si offre sponsor; alla Leyland; è dirlo tutto d'un fiato perchè ai propri peccati e ai propri vizi si è affezionati, anche quando invecchiano. Non importa chi lo dice, può essere com'è oggi, Nando Bocci, oppure un altro ma le parole sono le stesse: "Il giocattolo è nostro, ci battiamo come delle bestie, versiamo lacrime, soldi, riceviamo sfottii, bastonate, ma è nostro. Il momento in cui non ci viene più a divertimento si smette, da noi. Ma se qualcuno ce l'organizza, così solo per soldi, per stipendio, no grazie. È troppo importante per noi, nemmeno la politica è riuscita a prenderselo e allora ha dovuto rispettarlo. Sa cosa le dico un po' per scherzo un po' sul serio? Che ai radicali, si era già pronti a bastonarli. Vadano a farsi pubblicità fuori, non con il palio".
Il resto sono due contradaioli, amici nella vita, nemici nel palio, che si incontrano sotto il portico. "Mi rincresce, non ci si accorse che eri tu. Ti hanno dato dei punti sul naso, vero? Scusa, ho sentito tirarmi alle spalle, mi son voltato, m'è scappato il pugno chiuso". "Ma che dice, non ti preoccupare, si stava tirando tutti, dei punti non mi importa...". Stretta di mano, cordialità, i due si allontanano. Il secondo, medico, ha fatto nascere il figlio al primo, ma per il palio non hanno avuto l'un l'altro riguardi.
Il resto è un signore distintissimo di settantatrè anni, che da quindici, nel giorno del Palio, si allontana di proposito da Siena. "Non voglio morire d'infarto". Il resto è il Cencio, il Palio, il drappo di seta, raffigurante anche la Madonna e portato con ricca sacralità da chi bestemmia. Il resto è Aceto, una faccia su cui pare sia passato di tutto: carestie, pestilenze, furori, vandalismi fatti e subiti, e anche le mani di parecchi contradaioli. "Mi picchiarono, mi salvai scappando da una finestra; piangevo e dicevo: "Non correrò mai più", ma mi convinsero che la cattiveria era l'unica e grande regola del gioco".
Il resto è un orgasmo da un minuto e mezzo che dura ed è preparato da una vita. Un sentir troppo caldo sotto le coperte.
L'Istrice PICCHIA IL SUO FANTINO di SANDRO BERTUCCELLI - 18 agosto 1985
SIENA - Tutto secondo copione. Spente le urla di Piazza del Campo i contradaioli senesi rientrano nelle loro strade. Chi festeggia, chi recrimina, chi lascia sopire l'eco del Palio nella tristezza della sconfitta. E come da tradizione c'è chi si lascia andare alle polemiche: il Bruco contro la Tortuga, l'Istrice contro il Bruco, ancora l'Istrice contro il suo fantino (l'hanno picchiato sodo e ha passato la notte all'ospedale). E poi tutti contro Aceto, il quasi leggendario Aceto, ricco di gloria e di soldi, colpevole di essere andato a un passo dal record delle 14 vittorie.
"Record, record - dice Andrea de Gortes, Aceto appunto, - tutti hanno parlato di me e di questo record. Certo, lo voglio, ma non era necessario che ci arrivasse proprio venerdì. Mi dispiace per il Bruco che da trent'anni non vince. Ecco, la mia quattordicesima vittoria la voglio proprio con il Bruco, e per questo il prossimo Palio di luglio lo correrò per loro".
Eccellente amministratore dei suoi guadagni e della propria immagine Aceto accusa. "Stavolta ne avevo otto contro ma è solo colpa della Tortuga se ho perso. Amore era fortissimo, ma il fantino, Moretto, a cavallo non ci sa andare. Lo ha frenato per tutta la corsa ostacolandomi di continuo".
E accuse anche all'Istrice, che partiva di rincorsa fuori dai canapi. "Ma che doveva fare il nostro fantino Pes? - Si chiede il priore dell'Istrice, Imo Bibbiani - è ovvio che doveva danneggiare Aceto: era il più forte, su un cavallo fortissimo". Proprio l'Istrice è stata la contrada più agitata in questo dopo Palio. "Quelli del Bruco volevano picchiare il nostro fantino perché si erano sentiti danneggiati alla partenza - dice ancora Bibbiani - e invece no, toccava a noi menarlo. Alla partenza è stato bravo ma è durante la corsa che è andato troppo lento. E così si è preso qualche botta, roba da niente". (Pes è stato medicato per escoriazioni al fianco destro, contusioni ai gomiti e al ginocchio, trauma cranico ed escoriazioni al naso: se la caverà comunque in dieci giorni).
Passeranno i giorni le polemiche no. Una, forse, la spunterà su tutte: quella che vede Siena compatta contro il partito radicale, nemico dichiarato del Palio. Tutta la città è d'accordo: Adele Faccio e compagni hanno fatto bene a non farsi vedere. E i radicali? Nonostante il cavallo del Drago, ferito, sia stato soppresso dopo la corsa, sono rimasti in silenzio. Subito prima del Palio, avevano diffuso da Firenze, una nota in cui proponevano di cancellare la tradizione del Palio, oppure di sostituirlo con una corsa da disputare in un ippodromo in modo da evitare rischi per i cavalli e per i cavalieri.