Una mossa interminabile quella del Palio di agosto del 1973, così come il suo epilogo, quando il drappellone sarà finalmente consegnato alla contrada vittoriosa: l'Aquila, che torna a vincere dopo otto anni.
Il 13 agosto la tratta aveva favorito Chiocciola, Leocorno, Aquila e Torre, assegnando loro nell'ordine: Orbello, Pitagora, Panezio e Marco Polo.
Torre e Leocorno fin dalla prima prova optarono per fantini di grido e di fiducia scegliendo Canapetta e Bazza. L'Aquila giocò la carta del giovane confermando Adolfo Manzi che aveva fatto esordire nel Palio di luglio. La Chiocciola seguì la strada delle prime due solamente dopo la quarta prova, montando Donato Tamburelli. La Lupa fresca della vittoria di luglio confermò Tristezza su Satiro puntando direttamente al "cappotto", Aceto restò in Fontebranda con l'esordiente Nedo, mentre il Bruco con Canapino e l'esperta Musella e la Civetta con Lazzaro sull'esordiente Pancho si confermarono di diritto nel ruolo di outsider.
La Pantera con Manon fu costretta a scendere Arturo Dejana dopo una brutta caduta ai canapi della terza prova per montare Vittorio Cerrone che così debuttò in Piazza Durante le prove nonostante tutta Siena mormori un improvviso cambio di monte, tutto rimane come nelle previsioni: la Torre fa debuttare Pier Camillo Pinelli, per poi confermare Canapetta;
Canapino sembra insoddisfatto di Musella ma alla fine forma una coppia temibile anche se non affiatata; la Chiocciola prova con Aramis per poi affidarsi all'esperienza di Rondone; nel Leocorno sembra che Bazza se ne voglia andare dopo un leggero infortunio alla zampa di Pitagora, che salta quattro prove; in Stalloreggi dopo l'infortunio del Dejana puntano al debutto di Turbina. A questo bisogna aggiungere che fin dalle prove Giovacchino Calabrò, confermato per la terza volta sul verrocchio, non sembra in grado di far rispettare la propria autorità.
Si arriva così al giorno del Palio quando Rubacuori chiama le Contrade tra i canapi nel seguente ordine: Chiocciola con Donato Tamburelli detto Rondone e Orbello; Giraffa con Antonio Zedde detto Valente e Quadrivio; Civetta con Lazzaro Beligni detto Giove e Pancho; Torre con Antonio Trinetti detto Canapetta e Marco Polo; Pantera con Vittorio Cerrone detto Turbina e Manon; Bruco con Leonardo Viti detto Canapino e Musella; Oca con Andrea Degortes detto Aceto e Nedo; Leocorno con Eletto Alessandri detto Bazza; Aquila con Adolfo Manzi detto Ercolino e Panezio e di rincorsa la Lupa con Rosario Pecoraro detto Tristezza e Satiro.
Momenti intensi e lunghissimi, dovuti in parte al complicato gioco degli accordi tra Contrade e di queste molte avversarie. Un'attesa snervante dicevamo, e durante le concitate fasi della mossa succede di tutto. Tra i canapi il più irrequieto di tutti risulta Nedo, il purosangue dell'Oca. Ma anche nella parte bassa della mossa non si scherza: lo Zedde si "alza" di continuo, mentre Lazzaro si abbassa, Rondone tiene lontano dallo steccato Orbello, la Pantera sta sempre di traverso. Anche il Bruco con Canapino dimostra scarsa volontà a tenere la propria posizione, quanto la Torre.
In queste condizioni si prosegue per lunghissimi minuti tanto da pensare che solo un miracolo può far sì che la mossa decisiva sia buona. Ma così non avviene anzi la mossa che viene data è forse la peggiore delle altre. Ma non c'è da scegliere, un altro annullamento avrebbe scatenato il finimondo. Ci rimettono così Leocorno e Civetta in quel momento rigirate verso il Casato, e comunque sono poche le Contrade che si trovano al loro posto e meno che mai Oca e Torre.
Di questo trambusto ne approfitta Panezio autore di un rush improvviso e incredibile per la potenza dello scatto. Alle sue spalle la Chiocciola si alza verso i palchi mentre il Bruco si abbassa allo steccato. Questa doppia manovra chiude lo spazio a centro pista alla Torre che si butta all'interno, mentre Rondone accentuando la manovra, probabilmente trascinato dalla potenza di Orbello, porta al largo il Bruco e la Lupa.
L'Aquila si porta in testa seguita a distanza di tre colonnini dalla Torre e più indietro dalla Chiocciola. In breve la corsa si restringe a queste tre contrade. Il primo brivido è al Casato quando il Manzi urta contro i palchi facendosi quasi raggiungere dalla Torre.
Al secondo giro a San Martino la Lupa, fino a quel momento in quarta posizione, frana rovinosamente per terra e Satiro rimane immobile con una gamba incastrata sotto ai materassi.
La corsa dell'Aquila continua ma dietro la Torre si fa ora pericolosa; all'uscita dal seconda Casato Canapetta spinge fortissimo Marco Polo e tenta l'attacco prima di San Martino.
Il Manzi compie un autentico capolavoro tagliando spavaldamente la strada alla Torre scongiurando un sorpasso quasi inevitabile. Però le conseguenze di questa manovra, che falsano le traiettorie ottimali, si fanno sentire più avanti quando sia il Manzi che Canapetta entrano sbilanciati a San Martino proprio nel momento in cui il cavallo della Lupa si sta rialzando.
I due fantini sono costretti ad alzare la gamba per non urtare nel colonnino e mentre Canapetta sta per cadere, il fantino dell'Aquila si distende sulla schiena del cavallo, ma è pronto a rimettersi in groppa. A questo punto Satiro si rialza. Panezio ha uno scarto e rende inutile il tentativo del Manzi. Il fantino, con gran carattere, prima di cadere nerba il cavallo perché continui da solo la sua corsa. E Panezio, non smentisce nessuno continuando la corsa scosso e in prima posizione.
Ma alle sue spalle si fa sempre più incalzante lo zoccolio di Orbello: Rondone, uscito indenne dal dramma di San Martino, pur avendo perso ulteriore terreno, nerba disperatamente il proprio cavallo. Dietro, anche Marco Polo, scosso, non s'arrende, anzi sembra quello che ha maggiori energie da spendere.
Si arriva all'ultimo Casato, Panezio è sempre in testa. Rondone tiene la traiettoria all'esterno per evitare Panezio e allo stesso tempo cerca di tagliarlo portandosi all'interno, ma lo sfortunato fantino amiatino viene infilato da Marco Polo che rinviene molto forte.
All'uscita della curva la situazione presenta il cavallo della Torre allo steccato, Panezio a centro pista e la Chiocciola che tenta l'ultima carta possibile cercando il sorpasso all'esterno. E mentre Marco Polo sembra prevalere sul compagno di scuderia, questo comincia a suon di morsi a tenerlo dietro e quest'ultimo disperato sprint rende inutile quello di Orbello.
Le teste dei tre cavalli sono forse comprese in uno spazio inferiore al metro. Ma è quella di Panezio a sorridere per la gioia del popolo aquilino. Ma per rendere ancora più lungo ed estenuante questo Palio si aggiunge il fatto che Rondone all'arrivo alza il bandierino cosicché il resto della Piazza vede solo lui e avviene l'imponderabile.
Mentre i contradaioli dell'Aquila affiancati da quelli della Tartuca, Oca e Onda entusiasti per la sonora purga delle avversarie si recano sotto il Palco dei Capitani a festeggiare, si scatenano quelli della Chiocciola convinti della riuscita del sorpasso di Rondone. Come se questo non bastasse, dal Comune ritirano la bandiera dell'Aquila e da Salicotto un fiume di contradaioii arriva di corsa alla mossa.
Il caos è completo e qualche scaramuccia si rende inevitabile per l'accalcarsi di più contrade che pretendono il cencio. Dopo lunghi ed interminabili minuti il comandante delle guardie sventola dal Palco un fazzoletto dell'Aquila e dal Comune finalmente espongono la bandiera. Le mischie continuano ma il Palio e finito, è un capitolo chiuso. Per Siena ha vinto l'Aquila questo è l'unico fatto. Il resto è fatto solo di parole.