Finito il lungo regno del Guidarini, abituati male (si fa per dire) da un mossiere di tutto riguardo a partenze sempre improntate al rispetto della tradizione e all'intelligenza del personaggio, tutta la città aspetta con ansia curiosa il nome e la figura del nuovo protagonista della Piazza. E questo con ragione, perché fino ad oggi si è trattato di gente di casa, senesi a tutta prova.
Figuratevi quando il nuovo mossiere si presentò al verrocchio con un cappellone alla texana, che pareva di vedere John Wayne in persona! "O questo da dove viene?". Paolo Casilli, però, non era texano, veniva dalla vicina Valdarno e si diceva "datore di mosse" delle feste paesane. Sempre più dubbiosi, si disse "Mah!".
In verità, i fantini conobbero bene le doti del suo parlare (e non solo del parlare), perché il "nostro" era solito ripetere questa frase curiosa: "Quando si parte guardate la mi' mana", frase concessa solo a chi ha "pagato il dazio...".
Però, scherzi a parte, non è opportuno giudicare un individuo dalle apparenze, perché quello che importa è vedere il Mossiere al lavoro. E lo si vide quando, in questo Palio, trovò nel mazzo Contrade avversarie e no; e tutti sappiamo che quando si corre non si lascia niente a nessuno; tutti abbiamo le nostre ambizioni: vincere.
La tratta assegna i seguenti "pezzi" ritenuti migliori per fare il Palio: Belfiore al Nicchio, monterà Vittorino; Tanaquilla alla Torre, con Saro Pecoraro detto Tristezza; Ravi II all'Oca, con Umberto Castiglionesi detto Biba. Per il resto, la regina Gaudenzia è nel Leocorno con Ivan il Terribile; alla Lupa va Archetta con Romanino; la matta Welka tocca alla Tartuca, con Rondone, che non fece il Palio perché si rovinò alla provaccia; Marta nella Civetta, con Lazzaro; Raffica alla Selva, con il Naldi, e Capriola nel Drago, col Bazza.
Ho lasciato per ultima l'Aquila per un fatto insolito: a montare Percina alla quarta prova c'è una donna: Rosanna Bonelli, figlia del grande artista senese Luigi Bonelli. Due soprannomi la caratterizzano: Diavola o Rompicollo; per riunire in questa fantina tutta la forza d'animo, lo spiritaccio e la beata incoscienza della gioventù.
Ma a Siena siamo fatti così.
Saranno però i tre "pezzi" migliori già citati a fare il Palio.
L'uomo da tenere d'occhio è Vittorino, che vuol cancellare la prova negativa dell'agosto del 1956, e riguadagnarsi la fiducia dei contradaioli del Nicchio. La Torre non può stare a guardare, desiderosa com'è di vincere. L'Oca, anche con un soggetto inferiore, a nulla rinuncia: con l'avversaria in Piazza...
La mossa volle l'Oca al secondo posto, Rompicollo al terzo, il Nicchio al quarto e la Torre è messa male all'ottavo. Civetta con Lazzaro Beligni detto Giove, "spalla" di Vittorino, è di rincorsa. Siamo in nove per l'assenza della Tartuca. E io dissi "Addio Torre". E così fu.
Mossa lunga, difficile e nervosa per la solita irrequietezza di Tanaquilla, che favorisce la fiancata della "spalla" di Vittorino, e di conseguenza il Nicchio va via pulito. Leggero ritardo della Torre, e la solita intruppata al primo San Martino, dove, non volendo, proprio Rompicollo frena la corsa alla Torre.
E così il Nicchio è in testa e Oca seconda al secondo bandierino. Come un treno arriva la Torre, furiosa nerbatura con l'avversaria, botte da orbi davanti al palco dei Giudici, e la Torre è seconda. All'impazzata la rincorsa di Tristezza per acciuffare Vittorino, ma ogni sforzo fu vano.
E' Nicchio primo. Tripudio in Santa Chiara dopo dieci anni di digiuno.
E nella Torre? Da chi vede il Palio a modo suo, venne ritenuto che la Diavola parò la Torre al primo San Martino danneggiandola; e i soliti le dettero anche due o tre ceffoni, per dopo chiederle scusa.
Vorrei fare un'altra considerazione. La mia modesta esperienza mi suggerisce un pensiero, e cioè che i soldi contano e non contano, il fatto è di darli a chi lavora per te. Lazzaro è da tempo che lavora come "spalla" per Vittorino, e il gioco riesce. Si può dire qualcosa?
Oggi, la rincorsa parte quando l'avversaria è in difficoltà; se poi la gente aspetta anche un'ora e mezza, è un altro discorso.
La rincorsa di quei tempi nulla ha a che fare con quella di oggi. Tempi che cambiano, "tempi moderni" direbbe il grande Charlot.
E così si va avanti, ma per quanto?
Eh, vi vedesse il Guidarini!...