Dopo la sospensione delle carriere per la Grande Guerra: Il Palio della Vittoria di Alberto Fiorini
Nel 1914 furono regolarmente disputate entrambe le carriere, vinte dall’Istrice e dalla Tartuca; poi il ciclo ordinario dei Palii rimase interrotto a causa della prima Guerra Mondiale, dopo che l’Italia, dapprima neutrale, il 24 maggio 1915 ebbe deciso di intervenire nel conflitto contro l’Austria-Ungheria.
Già da maggio, rotta la Triplice alleanza, era stata avviata la mobilitazione. Pertanto, i componenti la Contrada della Tartuca, riuniti in assemblea generale domenica 23 maggio, su proposta del Seggio, approvarono per acclamazione un ordine del giorno, che il dì seguente fu inviato per conoscenza al Sindaco di Siena.
CONTRADA DELLA TARTUCA “(…) Considerando che in questo giorno 23 Maggio 1915, col Decreto di S.M. il Re d’Italia che richiama sotto le armi tanta parte dei cittadini soldati, s’iniziano i movimenti ufficiali di una nuova guerra nazionale, destinata a rendere alla Grande Patria i suoi confini naturali ed etnici, e a compierne il fatale andare segnatole dalla Storia della Civiltà Umana;
Ritenuto che alla solennità del momento e alla straordinaria gravità degli eventi che si vanno maturando, male si addirebbero le consuete dimostrazioni di giubilo che accompagnano la festa annuale della Contrada, mentre in quella vece sembra opportuno che la Contrada nostra concorra in quella forma più acconcia non solo a dimostrare il patriottismo che anima i suoi componenti, ma altresì a sovvenire secondo i propri mezzi quelli di loro che dallo stato di guerra possono sentire un grave disagio economico;
Richiamandosi al nobile esempio dato dai Consigli Direttivi del tempo negli anni memorandi 1848 – 1859 e 1866, mentre fa i più fervidi voti per la fortuna delle Armi Nazionali, chiamate oggi a compiere il Riscatto d’Italia:
Delibera
1° Di sospendere quest’anno le onoranze solite rendersi agli Ill.mi Sigg.ri Protettori;
2° Di procedere alla stampa delle tre analoghe deliberazioni degli anni che sopra, e, aggiuntavi la presente farne omaggio ai Protettori medesimi;
3° Di devolvere l’economia che verrà a conseguirsi per questo a vantaggio delle famiglie più bisognose dei richiamati della Contrada;
4° Di far voti perché la competente autorità riconosca la convenienza di sospendere, finché durino le ostilità, le consuete corse nella Piazza del Campo”.
Il Sindaco Livio Socini ringraziò il Priore della Contrada della Tartuca della comunicazione con officiale del 26 maggio 1915, prot. gen. n. 2535.
Il 28 maggio, la Giunta Municipale, senza interpellare preventivamente le Contrade, ma nella piena sicurezza d’interpretare i sentimenti della cittadinanza intiera, nel momento in cui alla forza delle armi sono affidati i destini della Nazione e s’impone al popolo Italiano il dovere di compiere, in un severo raccoglimento, ogni concorde sforzo per superare vittoriosamente la grave crisi, deliberò di sospendere l’effettuazione delle tradizionali corse del Palio sino a che perduri lo stato di guerra, e di riservarsi di destinare i fondi allo scopo stanziati in bilancio a rendere meno gravi gli effetti della guerra stessa nelle classi più disagiate.
Le Contrade, pur approvando pienamente il deliberato della Giunta Municipale, biasimarono il procedimento per non essere state sentite in proposito (come, invece, era avvenuto nel 1859) e per non essere stata loro comunicata la deliberazione, che fu appresa soltanto a mezzo stampa.
Il giusto risentimento delle Contrade trovò un’eco nell’adunanza generale del Magistrato delle medesime del 6 giugno 1915. Infatti, fu messo a verbale che il Presidente, Comm. Carlo Alberto Cambi Gado, mentre dichiara saggia nella sostanza detta deliberazione e ad essa plaude sicuro di avere in ciò consenzienti i colleghi del Magistrato, pure ne deplora la forma, in quanto il Municipio non solo non ha interpellato le Contrade, ma non le ha neppure ufficialmente informate di detta deliberazione. Dopo brevi osservazioni in proposito, gli adunati dettero mandato al Presidente di comunicare al Sindaco che il Magistrato, pure plaudendo al deliberato dell’On.le Giunta, ne aveva deplorato il modo poco riguardoso e la mancata notifica alle diciassette consorelle.
Comunque, la sospensione delle carriere fu accolta sul momento con generale approvazione; tuttavia, verso il mese di agosto qualche fanatico contradaiolo manifestò il desiderio di vedere nuovamente le Contrade correre in Piazza. Ad aumentare la voglia di Palio nonostante il gravissimo momento contribuì anche la “Vedetta Senese”, che, nel dare notizia di uno speciale festeggiamento a scopo patriottico ed a beneficio dei militari e delle loro famiglie preparato dal Comitato Pro-Patria, lanciò l’idea di “un Palio organizzato ed eseguito a beneficio dei soccorsi di guerra”.
Silvio Griccioli, in uno dei suoi registri manoscritti conservati pressi l’Archivio della Nobile Contrada dell’Aquila, riporta integralmente la polemica svoltasi in quei giorni nella stampa cittadina, credendola interessante per la storia. Griccioli trascrive per primo un articolo intitolato: “Il Palio d’Agosto a scopo di beneficenza”, firmato da un certo Angelo Savelli, e poi una lettera, firmata “L.B.”, di un altro lettore favorevole ad un Palio patriottico a scopo di beneficenza.
VEDETTA SENESE, n° 161. Anno XVIII – Sab./Dom. 10-11 Luglio 1914: IL PALIO D’AGOSTO A SCOPO DI BENEFICENZA.
Demmo comunicazione che il Comitato Pro-Patria, con quel meraviglioso spirito di attività che distingue le sue componenti, si è fatto iniziatore di uno speciale festeggiamento da aver luogo, a scopo patriottico e a beneficio dei militari e delle loro famiglie, il 15 di Agosto nel Campo di Siena. Ci consta ora che si voglia organizzare una gran fiera di beneficenza.
Da vari giorni riceviamo da assidui e da amici incitamento a lanciare un’idea che trova, e non potrebbe essere diversamente, consenziente la gran massa del pubblico senese.
Eravamo riluttanti a farlo, perché, come già abbiamo avuto più volte occasione di dichiarare, trovammo opportuna la deliberazione presa dall’Amministrazione del nostro comune di sospendere le due annuali corse del Palio, conformemente si fece in occasione di tutte e tre le prime guerre dell’Indipendenza Nazionale (Nel 1848 fu sospeso solo il palio d’Agosto).
Se però si volesse, per mezz’Agosto, apparecchiare dei festeggiamenti da avere luogo, sia pure a scopo di beneficenza, nel Campo, noi non sapremmo trovare forma più opportuna, forma più nobile, forma più proficua e lucrativa del Palio, organizzato ed eseguito a beneficio dei soccorsi di guerra.
L’ingresso alla Piazza dietro il contributo di 10 centesimi a testa nei giorni delle prove e di 20 in quello del Palio, poche norme semplici e non vessatorie, stabilite nei riguardi di chi può ospitare spettatori nelle finestre e nei balconi dei fabbricati che conchiudono la nostra meravigliosa conchiglia, noi crediamo che varrebbero ad assicurare allo scopo di beneficenza propostosi un resultato economico meraviglioso, e, di poi, con questo mezzo, si renderebbe anche meno disagiosa la condizione di quelli che, abitudinariamente, dal Palio e dagli annuali festeggiamenti traggono guadagni, che fanno parte del bilancio della propria azienda o domestica o commerciale.
La corsa del Palio può trarre a Siena se non da lungi, certo dalle città e dai paesi vicini, la solita folla festosa ed avida di godere del vecchio 3 pur sempre nuovo spettacolo. Qualunque altra forma di festeggiamento non varrà a richiamare a Siena da fuori una sola persona.
Perciò noi siamo d’avviso che per mezz’Agosto, o il Campo di Siena debba essere lasciato tranquillo nella solitudine luminosa del sollione o la folla multanime di tutto il popolo di Siena e del contado debba frenare gli impeti del sangue in sussulto, seguendo con l’ansia degli occhi e del cuore i barberi simboleggianti le 17 Contrade, che cercano di guadagnare la meta in una delle più belle piazze del mondo.
La celebrazione della festività della Vergine, patrona di Siena, o deve essere ristretta al misticismo del nostro Duomo bianco e nero o deve essere raccomandata alla grandiosità dello spettacolo incomparabile delle cento e cento bandiere secolari volteggianti nell’aria accompagnate dallo stridio delle rondini saettanti sotto il cielo turchino.
E alle bandiere dei 17 rioni quest’anno, dalle finestre, dalle terrazze, dai balconi s’intrecceranno quelle che s’allietano dai colori nazionali; il passato si mescolerà in connubio d’amore al presente, per guardare con occhio più sicuro e più forte all’avvenire di gloria che si prepara alla nostra razza e alla nostra patria.
Altra volta il Palio fu pretesto a dimostrazioni patriottiche per parte dei senesi che male mordevano il freno di una dominazione straniera, oggi i senesi, cittadini di una libera e grande nazione, si varranno della corsa del Palio per fare solenne e grandiosa testimonianza del proprio patriottismo, per esprimere la loro solidarietà e la loro simpatia con quelli che combattono lontano e che sono figli di una stessa famiglia, con i nostri fratelli soldati.
Noi accettiamo quindi questa idea e la lanciano alla discussione del pubblico. Angelo Savelli.
VEDETTA SENESE, n° 162. Anno XVIII – Lun./Mar. 12 13 Luglio 1914: IL PALIO D’AGOSTO PER BENEFICENZA
Riceviamo e pubblichiamo:
On.le Sig.re Direttore della “Vedetta Senese” In tutte le città d’Italia si sono formati comitati di ogni partito, i quali hanno dato concerti, spettacoli, festeggiamenti, onde raccogliere fondi a beneficio delle famiglie dei richiamati.
Qualunque buona iniziativa, che partisse anche da un semplice cittadino, si è raccolta subito e messa in esecuzione a vantaggio di quelle famiglie che hanno tutto il diritto al nostro aiuto ed alla nostra riconoscenza.
Perché non fare lo stesso a Siena? L’idea lanciata opportunamente da Lei sulla “Vedetta Senese” di sabato sera ha incontrato il generale favore. Sarebbe un non senso fare dei festeggiamenti di beneficenza per il 15 Agosto nella nostra Piazza del Campo e non ricorrere al Palio. Nessun altro spettacolo potrebbe riuscire più di questo decoroso, nessuno, per la beneficenza, più proficuo. O sopprimere affatto ogni forma di festeggiamento per il mezzo agosto o eseguire il Palio: la ragionevolezza di questo dilemma mi pare che dovrebbe convincere ognuno. Detto Palio naturalmente dovrebbe essere a totale beneficio delle famiglie dei richiamati e perciò a pagamento.
Ogni persona che vorrà entrare in Piazza a gustarsi il magnifico spettacolo dovrà pagare una quota di cent: 20. Tutti gli inquilini che hanno delle ringhiere e finestre verso Piazza, da potere ospitare degli spettatori nel momento dell’imminente spettacolo, dovrebbero esser proporzionalmente tassati in ragione di quante persone potranno ospitare.
Anche i proprietari di palchi attorno alla Piazza dovrebbero pagare una quota in ragione di 10 cent: a posto. Sono convinto che un Palio patriottico a scopo di beneficenza sotto questa forma riuscirebbe sicuramente uno spettacolo imponente degno di Siena e delle sue tradizioni e si raccoglierebbe una discreta somma a beneficio dei soccorsi di guerra.
Ringraziandola Sig. Direttore dell’ospitalità che vorrà dare a questa mia nelle colonne del suo accreditato giornale, di Lei
con osservanza L.B.
Poiché nessuno, meglio dei Priori delle Contrade, poteva fornire un parere sull’opportunità di derogare o meno dalla deliberazione presa dal Comune, lo stesso Griccioli intervistò tutti i massimi esponenti delle diciassette consorelle.
Ebbene, la proposta della “Vedetta Senese” di correre un Palio per beneficenza fu biasimata da tutti i Priori (ad eccezione di quello dell’Onda), e ciò valse a troncare ogni discussione in proposito.
Le interviste furono pubblicate in due riprese sul “Giornale di Siena” (n° 4, Anno I, di lunedì 12 luglio 1915, e n. 5 di martedì 13 luglio).
GIORNALE DI SIENA, n° 4, Anno I – Lun. 12 Luglio 1915: PERCHÉ NON SI DEVE CORRERE IL PALIO D’AGOSTO
Nessuno poteva, meglio dei Priori stessi delle Contrade, esprimerci un più illuminato parere sulla inopportunità di derogare da una deliberazione che fu presa non solo per puro spirito di patriottismo, ma anche a tutela del decoro della nostra città. Queste loro franche parole, che rispecchiano la concorde volontà di tutto il popolo nostro, bastano, senz’altro, a condannare ogni iniziativa in proposito. Noi dobbiamo ricordare di essere italiani, prima ancora che senesi! Rinunciamo dunque al Palio!
CIVETTA - Il Marchese Bargagli, consigliere della Contrada della Civetta, è anche lui contrario alla effettuazione del Palio in questo momento di raccoglimento solenne.
MONTONE – Il Rag. Castagna ci ha risposto: “I tedeschi pensano non a far corse, ma a far munizioni. Noi italiani dobbiamo fare altrettanto.”
PANTERA – Anche il Priore della Contrada della Pantera, canonico Luigi Bianciardi, è contrario alla effettuazione del Palio e si maraviglia che in un momento così decisivo per la patria nostra ci sia chi possa pensare ad uno spettacolo che turberebbe l’ora solenne che attraversiamo.
SELVA – Ci siamo recati al Comitato “Pro-Patria” per parlare col Priore Nob. Giuseppe Bindi Sergardi e siamo stati ricevuti dalle gentili signore Nob. Bianca e contessa Marina D’Elci, le quali si sono fatte un apostolato del prodigarsi con ogni risorsa della loro energia. mirabile all’altissimo, patriottico compito che vi disimpegnano. Esse ci hanno dichiarato per parte del loro congiunto, assente da Siena, che la di lui opinione è assolutamente contraria alla effettuazione del Palio sotto qualsiasi forma.
ISTRICE – In assenza del Priore dimissionario, Nob. Brancadori, abbiamo parlato col Vicario Sig. Delli: “Per me è un’idea sbagliata – ci ha detto – e di grosso. Io non l’approverò mai, perché in momenti così gravi ci vogliono altro che frasche per il capo”.
GIRAFFA – “Che ci dice l’egregio Priore della Contrada della Giraffa sul benefico Palio?” L’Avv.to Terzi sorridendo ci ha risposto: “Io vorrei dirle un NO che suonasse così grande da comprendere tutto l’unanime parere della mia Contrada”.
ONDA – Finalmente un diversivo all’unanimità dei pareri espressi. E questo diversivo ce lo rappresenta il Sig Romolo Molteni, che è Priore dell’Onda. L’abbiamo fermato mentre si recava, nella sua divisa d’ufficiale, al Distretto. Ci ha manifestato il suo parere favorevole alla effettuazione del Palio.
LUPA – Il Vicario della Lupa Sig. Giulio Coppi ci dice: “No, no, perché in questo momento sarebbe una festa antipatriottica assurda, no perché c’è già un deliberato in proposito, sul quale non si può né si deve tornare”.
TORRE – Ecco quanto ci dice il Vicario Don Carlo Biagi: “Il fine del Palio a scopo di una nobile beneficenza credo che sia una cosa né pratica né opportuna. Infatti, o si farebbe il palio nelle condizioni normali, ossia col necessario concorso del fervore e del momentaneo antagonismo popolare, ed allora ognuno intende quanto ciò riuscirebbe contrario all’animo gentile dei senesi in questi momenti così solenni; oppure si tenterebbe di ridurre il Palio ad una semplice corsa ed allora si traviserebbe la importanza di quello spettacolo che in tempi normali ha tutta l’attrattiva storica singolare. Né il dire che nelle altre città si conservano e si praticano gli spettacoli usuali credo sia buona ragione. Infatti, mentre in tutti gli spettacoli il pubblico è sempre un libero spettatore, nel Palio nostro il pubblico è necessario e tradizionale attore. Si faccia dunque la beneficenza, ma si studi di combinare per la nostra piazza uno spettacolo più opportuno”.
TARTUCA – Il Sig. Alfredo Venturini, Priore della Contrada della Tartuca, pur non pronunziandosi personalmente, ci ha fatto notare che nell’adunanza del 23 Maggio u.s. fu dal Seggio della Contrada stessa deliberato fra l’altro di far voti perché la competente Autorità riconosca la convenienza di sospendere, finché durino le ostilità, le consuete corse nella Piazza del Campo.
AQUILA – Il Conte Francesco Bandini Piccolomini così ci ha risposto: “Se non sapessi delle spinose missioni che un giornalista deve compiere per l’adempimento del suo scabroso dovere, le dico francamente che la domanda da Lei rivoltami reputerei ad offesa. La mia risposta è NO senza esitazione. Mi meraviglio soltanto che siavi chi possa pensare a simili cose, ma non posso credere che vi sia rimasto in Siena ancora qualcuno che dal 1848 ad oggi non ha finito d’imparare la storia d’Italia. Dica il Sindaco uno di quei NO alti e sonanti, ad uso Luciano Banchi, di sempre amata memoria, uno di quei NO: esso risuonerà all’unisono con la mente e con il cuore di ogni vero senese in questa ora solenne della patria nostra”.
BRUCO – Il Prof. Assunto Moretti, Prore della Contrada del Bruco, ci ha detto che il Palio, secondo il suo concetto, deve essere il Palio: tradizionale. Egli, in questo momento, lo crede poco attuabile e per nulla opportuno, perché, anche mettendovi tutta la buona volontà, non è possibile evitare in tutti i rioni quelle fervidi gare che sarebbero in contrasto col momento storico della patria, la quale ha bisogno di raccoglimento. Se poi l’attuabilità del Palio venisse considerata possibile e che essa venisse arrogata a sé dall’Autorità Comunale, connettendo il fatto con il beneficio che si potesse avere con gli introiti di detto Palio, la Contrada, solo in questo caso, potrebbe intervenire, libera così e coperta da ogni ragionevole critica.
DRAGO – Il Nob. Giulio Grisaldi Del Taja, Priore della Contrada del Drago, ci ha detto che è contrarissimo all’idea del Palio, mentre oltre confine si decidono le sorti della nostra amatissima patria.
NICCHIO – Il Priore Avv. Vannini ci ha detto: “Non è assolutamente opportuno, sia perché mancherebbe l’affluenza di persone, sia perché ogni rione ha in questo momento molti soldati al fronte. Io credo che molte Contrade si sottoporrebbero alle più gravi pene disciplinari, ma non si sottoporrebbero al Palio”.
LEOCORNO – Ci siamo recati al Manicomio a intervistare il Dott. Grassi, Priore della Contrada del Leocorno, ed ecco quanto ci ha detto: “La corsa del Palio non è punto opportuna nell’attuale momento, tutto dedicato alla patria, e le altre manifestazioni assumono quindi carattere secondario. Di più la linea di condotta tenuta nelle altre guerre dell’indipendenza italiana impone alle Contrade di uniformarvisi come era stato deliberato”.
CHIOCCIOLA – L’Avv. Tarugi dice: “È un assurdo; non si poteva, lanciandone l’idea, far cosa più antipatriottica, poiché facendo il palio avremmo distratto per 10 giorni la città dai sacri bollettini del Cadorna: noi mentre i figli di Siena spargono il sangue alla frontiera avremmo i loro padri che si picchiano in Siena per questioni contradaiole, noi udremmo fischiare i colori nazionali, noi solleveremmo il popolo in un pericolo disastroso”.
GIORNALE DI SIENA, n° 5, Anno I – Mar. 13 Luglio 1915: IL PALIO NON SI DEVE CORRERE
a) IL PALIO D’AGOSTO DEL 1848 – Il Conte Francesco Bandini Piccolomini ci fornisce gentilmente queste notizie del Palio:
Vi è chi ricorda oggi, a conforto della proposta di correre il palio d’Agosto, come all’inizio della prima guerra d’indipendenza italiana nel 1848, il Palio di Siena, che era stato sospeso per volontà di gran parte della cittadinanza, fu poi corso nell’Agosto dello stesso anno per ordine del Cav. Bali Emilio Piccolomini Clementini, gonfaloniere.
Ma è da notare che lo stesso gonfaloniere ordinò la corsa in seguito a circostanze speciali sopravvenute. Infatti, in buona fede o ad arte, era stata diffusa nel popolo la voce che la sospensione del Palio precludesse ad una vera soppressione del tradizionale spettacolo, sospetto che trovava facile presa nella buona fede dei cittadini per la instabile forma di governo che in quel tempo li reggeva.
Dunque il Palio del 1848 fu corso per un motivo d’indole ben diversa da quella che si vorrebbe dare all’odierno. I cittadini senesi possono, per questo, dormire sonni tranquilli!…
b) IL PALIO DEL 1883 – Un Palio di Beneficenza, a dire il vero, fu fatto in occasione del terremoto che funestò Casamicciola nel 1883, ma con qual resultato negativo! Altro che “ventino” all’ingresso in piazza! Bisognò, insomma, limitarsi a una semplice questua che rese quanto poteva rendere un qualunque altro spettacolo di beneficenza!
c) A PROPOSITO DELLE PAROLE DEL PRIORE DELL’ONDA – Contrario assolutamente al Palio, non mi meraviglia il favore del Priore dell’Onda, poiché egli non è di Siena e il vero spirito del Palio non può comprenderlo che un autentico senese. Il suo favore non fa quindi che rafforzare lo sfavore incondizionato dei 16 priori delle altre Contrade. Bene ella ha fatto, Sig. Direttore, nel rispondere con tanta semplicità, dignità ed eloquenza alla insensata proposta di un Palio, che ne distruggerebbe tutte le sue più belle tradizioni. Viva Siena patriottica!. (f° Un Senese di Siena).
d) IL CONSIGLIO DELLA CHIOCCIOLA CONTRO IL PALIO – Ieri sera il Consiglio Direttivo della Società della “Quercia” fra i nativi della Contrada della Chiocciola, riunitosi per trattare in merito a delle rappresentazioni drammatiche nel Teatro della Società a beneficio delle famiglie dei soci richiamati sotto le armi, deliberò ancora di opporsi a qualunque idea che potesse venire a proposito di un’eventuale effettuazione del Palio.
e) INTERVISTA COL GOVERNATORE DELLA NOB. CONTRADA DELL’OCA – Il Governatore della Contrada dell’Oca, Cav. Prov. Antonio Lombardi, che ci ha ricevuto con quella squisita cortesia e benevolenza, quasi di chi attende persona desiderata, ci ha espresso tutta la sua meraviglia per la insensata proposta: “Pare impossibile, egli ci ha detto, che vi sia gente che in questo momento così solenne e sacro alla patria pensi di offrire al popolo una festa di tal genere. Apprezzo la nobiltà del fine, ma non condivido affatto il mezzo prescelto”.
Quest’ultima risposta, che non facemmo a tempo ad inserire nel numero di ieri, corona il plebiscito patriottico di Siena. Questa risposta, che noi abbiamo messa per ultima per darle l’onore di un commento, è la parola della Contrada che sventola i tre colori d’amore dell’Italia nostra, non solo, ma della Contrada che per il tipico suo fanatismo tradizionale è capace più di altra di rivelarci la sua anima senese. Documento mirabile che risolve il problema inopportuno, lanciando al bel sole, che indora oggi la patria nostra, la parola di Siena con la bandiera del suo tricolore.
Lettere di protesta contro l’effettuazione del Palio di ferragosto trovarono spazio anche nella Cronaca di Siena del “Nuovo Giornale” (Firenze, 13 Luglio 1915 - Anno X, n° 22).
A queste replicò la “Vedetta Senese” del 13-14 luglio 1915, con un articolo intitolato “Mettiamo le cose a posto”, in cui si sostenne che il chiasso che si era fatto intorno alla proposta lanciata dal giornale alla discussione del pubblico era sproporzionato, e che la polemica era stata alimentata da chi aveva voluto ghermire, a torto, questa occasione per tentare una corsa di concorrenza giornalistica.
Ogni attività contradaiola fu sospesa. Tuttavia, nel periodo bellico le Contrade cooperarono in molteplici forme a mantenere elevato lo spirito della popolazione, appoggiando i comitati costituitisi in quel difficile periodo per dare aiuto morale e materiale alle famiglie dei giovani chiamati alle armi.
Ad esempio, la Contrada del Drago, ritenendo inopportuna ogni pubblica manifestazione di festa nell’attuale momento, tutto dedicato alla Patria, stabilì di sopprimere il tradizionale giro per le onoranze ai Protettori e destinò la somma di £ 100 a favore delle famiglie dei richiamati.
Clamorosa fu la decisione della Nobile Contrada dell’Aquila, il cui Priore, Conte Francesco Bandini Piccolomini, il 16 giugno 1915 inviò a nome del Seggio un’istanza debitamente motivata al Comune per chiedere l’autorizzazione a sostituire all’emblema di Carlo V Imperatore nel centro della propria Bandiera l’emblema dell’Aquila Legionaria Romana spiccante volo da capitello dorico romano recante incisavi la data fatidica “24 Maggio 1915”, il tutto racchiuso con nastro azzurro recante il motto “Sperdi col grido”.
Si precisava di mantenere nel quarto alto della bandiera la sovrana concessione di S.M. il Re Umberto I°. La Giunta Municipale, pur apprezzando il sentimento di alto e nobile patriottismo che aveva ispirato la domanda, ritenne bene, per questioni di carattere storico e generale, di avere in proposito il parere di una commissione competente; ed chiamò a pronunziarsi sulla opportunità del cambiamento gli esperti Prof. Pietro Rossi, Avv. Narciso Mengozzi e Dott. Vittorio Lusini.
La risposta tardò a venire, tanto che il Priore dell’Aquila il 18 agosto 1916 sollecitò il Sindaco a dare una risposta.
Sembra che il comitato dei tre saggi (oppure uno soltanto dei suoi membri) produsse finalmente una relazione, perché allegata agli atti conservati nell’Archivio Storico del Comune, vi è, senza firma e senza una data, una relazione manoscritta nella quale si premetteva che apprensioni spiegabili con lo stato degli animi eccitati da patriottici sentimenti, a varie riprese dai tempi della Repubblica Francese in poi, provocarono cambiamenti d’emblema secondo l’opportunità, sempre però mantenendo ferma la figura dell’Aquila ormai essenzialmente corrispondente al nome assunto dalla Contrada, dato che i nomi presenti delle Contrade hanno avuto quasi tutti origine, coi rispettivi emblemi, nei tempi posteriori alla concessione fatta da Carlo V alla Contrada dell’Aquila.
Astrattamente parlando – si argomentava –, non vi sarebbe motivo per giustificare il mutamento di un emblema, che ha solo un valore storico; come non c’è bisogno di far rinunziare all’insegna dell’Aquila le città e le famiglie, le quali per diritti e doveri feudali ovvero per concessioni imperiali assunsero quel simbolo nelle loro armi, come ad esempio la Famiglia Pannocchieschi, la Aldobrandeschi, e parte della Ardenghesca, per non parlare che delle più antiche e di nobiltà feudale.
In conseguenza di tali ragioni non rimarrebbe giustificato un cambiamento nella insegna della Contrada dell’Aquila. In pratica, però, insegnandoci l’esperienza che le impressioni del momento nel ricorso di certi risvegli provvidenziali e scevri dal personalismo nazionale, sono come naturali così incostabili (sic), sarà opportuno consentire al cambiamento d’insegna per parte della Contrada dell’Aquila. Tuttavia non sarebbe da doversi accogliere totalmente la proposta di sostituzione fatta dalla Contrada stessa, per la dissonanza degli elementi che dovrebbero sostituirsi, dall’araldica medioevale.
A mio modo di vedere la Contrada dell’Aquila dovrebbe far getto intieramente della concessione di Carlo V, compreso il titolo di nobiltà che da essa le venne. L’aquila però da sostituirsi – concludeva il relatore – dovrebbe essere quella araldica di sapore medioevale, che è adottata comunemente, ad una sola testa, come si vede anche nelle insegne stesse della gloriosa Dinastia Sabauda, caricata il petto di uno scudicciuolo racchiudente la concessione di Umberto I°.
Infine si proponeva anche una variazione dei colori del vessillo dell’Aquila, perché per togliere una volta per sempre ogni più lontana parvenza di simiglianza con la bandiera austriaca, nel campo giallo la bandiera dell’Aquila non figurerà liste od ornati neri, ma li sostituirà con altri di color turchino e verde carico, quali ricordano antiche insegne di corpi appartenenti alla Repubblica Sanese.
Il 15 agosto 1915, visto che del Palio da corrersi per beneficenza non fu più parlato, ad iniziativa del locale Comitato “Pro Patria” ebbe luogo nel Campo una manifestazione detta “Festa del Tricolore”. Questa consistette nell’estrazione di una tombola pubblica, in cori patriottici cantati da numerose squadre di giovani d’entrambi i sessi con l’accompagnamento della banda musicale del 198° Battaglione di Milizia Territoriale, nella consegna della bandiera al corpo dei “Giovani Esploratori” e nel giuramento di quest’ultimi. A notte ebbero luogo proiezioni luminose sulla facciata del Palazzo Comunale di vedute di luoghi del teatro della guerra e delle terre irredente.
All’iniziativa – per deliberazione del Magistrato riunitosi domenica 8 agosto 1915 – dettero la loro adesione tutte le Contrade. Le loro bandiere furono apposte ai confini di ogni rione ed esposte, ordinate per Terzi, sulla facciata del Palazzo Pubblico.
Non furono stese, invece, sui banchi di una fiera di beneficienza allestita nel Cortile del Podestà, che si era tenuta nei giorni 14, 15 e 16 agosto per arricchire la Festa del Tricolore, come aveva chiesto la Presidente del Comitato “Pro Patria”, Nob. Bianca Bindi Sergardi.
L’esposizione delle bandiere alla severa facciata dello storico palazzo – annotò Griccioli -, rese maggiormente gaia e popolare la festa; ma fece al tempo stesso maggiormente sentire il ricordo degli altri anni e desiderare che una pace gloriosa potesse permettere al popolo senese di festeggiare con il secolare palio delle sue Contrade l’unione alla gran madre Italia delle terre ancora soggette all’odiata dinastia degli Asburgo.
Nel 1916, tramite il Magistrato, venne organizzata anche una raccolta di fondi, che fu alimentata dalle somme che le Contrade ordinariamente erano solite destinare alle loro attività annuali.
Nell’adunanza del Magistrato del 7 maggio 1916 le Contrade compresero benissimo come non fosse neppure da parlare di Palio, ma neppure di rendere pubblicamente le consuete onoranze ai Protettori in occasione della festa titolare di ciascuna. Pertanto, i Priori deliberarono unanimemente d’inviare alla commissione speciale per la integrazione dei sussidii alle famiglie dei richiamati la somma solita spendersi per tali onoranze, accompagnandola con una nota dei richiamati della Contrada, affinché la commissione li potesse tenere maggiormente presenti nella distribuzione dei sussidi. (Ad esempio, la Contrada del Drago nel 1916, in occasione della Festa Titolare, si limitò a celebrare cerimonie religiose nella propria chiesa, destinando le spese delle onoranze tradizionali ai Protettori ad opere di civile cooperazione alla guerra.
Inoltre, nell’adunanza consiliare del 15 maggio deliberò l’iscrizione della “Contrada del Drago” tra i Soci Perpetui della Croce Rossa Italiana, oltre all’offerta di lire cinquanta al Comitato per le varie opere di assistenza civile appositamente costituito [ACS, Postunitario, Carteggio X B, cat. XIV, busta 14 cit., ins. 1916].)
Sembra, però, che alcuni insensati – forse coloro che senza essere contradaioli ritraggono in un modo o nell’altro dal palio discreti guadagni – non volessero rinunziare alla manifestazione, perché, rileva il Griccioli, del desiderio di costoro si ebbe un’eco nell’adunanza del Consiglio Comunale del 19 maggio 1916.
Il giornale “La Vedetta Senese”, nel numero del 20-21 maggio, riportò il resoconto di uno scambio di battute tra alcuni consiglieri municipali e il Sindaco Pannocchieschi D’Elci, avvenuto durante una discussione dell’ordine del giorno:
“BARGAGLI annunzia d’essere stato pregato di lanciare in seno al Consiglio l’idea di correre il Palio, da persone le quali osservano che in altre Città si seguitano a fare feste e spettacoli.
D’ELCI, Sindaco, non trova punto opportuna l’idea del Palio. Si tratta di una festa che desta profondamente l’entusiasmo popolare e che non è quindi compatibile con il momento che attraversiamo. Sarebbe una stonatura che non può nemmeno essere discussa.
LUSINI è pienamente d’accordo con il Sindaco.
VIVIANI aggiunge il suo parere contrario. Nota poi che ad una parte dei contributi deliberati in seduta d’oggi a favore di opere d’assistenza attinenti alla guerra si è appunto provveduto col fondo stanziato per le feste del Palio.
BARGAGLI prende atto dell’unanimità contraria all’idea che non è sua e che egli ha inteso soltanto di portare al giudizio del Consiglio.”
Di Palio non si parlò più nei due anni successivi, 1917 e 1918, ma finalmente il tremendo conflitto terminò con la vittoria di Vittorio Veneto.