La stagione che verso il mezzogiorno s'era ieri leggermente turbata, si ristabilì magnificamente nelle prime ore del pomeriggio e l'animazione vivissima della città andò ognor più crescendo, man mano che si avvicinava l'ora del nostro bello spettacolo.
Verso le 17,30 la Piazza del Campo era già gremita di un pubblico straordinario accalcantesi nella vasta area, sui palchi, alle finestre, ai balconi, sui tetti. Inutile descrivere ancora l'aspetto magnifico che essa presenta in un giorno di Palio. Il vasto anfiteatro presentava un colpo d'occhio stupendo.
Il fragore d'uno sparo, ed ecco, mentre si diffondono dall'alto maestosi e sonori i rintocchi del campanone storico che batte i trionfi della vecchia città ghibellina, echeggiare dal principio di Via del Casato le note robuste dei trombetti intonanti la marcia del Palio, che aprono il maestoso corteo.
E dietro ai rappresentanti le Potesterie e i Vicariati dell'antico Stato Senese, discendono in piazza le rappresentanze delle contrade, accolte dagli applausi de' propri figli e alleati, e, qualche volta, dai clamorosi fischi degli avversari.
Il pubblico, e più specialmente la colonia forestiera prende vivo interesse al nostro caratteristico gioco delle bandiere e applaude a lungo ogni contrada.
Sono oggetto di speciale ammirazione l'alfiere Forni, della contrada dell'Aquila che strappa gli applausi col suo ormai famoso "salto del fiocco" il suo emulo Giunti Italo alfiere della Lupa, gli alfieri dell'Istrice, che si scambiano la bandiera durante il lancio in alto.
Finalmente il Carroccio, dall'alto della cui antenna la martinella ci ricorda la gloria e lo splendore di remoti tempi, passa coi suoi squilli guerreschi e in breve la intera massa dei componenti il corteo va a formare una multicolore, irrequieta fantasmagorìa di colori sull'apposito palco.
Nel pubblico è un istante di raccoglimento, poi lo sparo fragoroso d'un secondo mortaretto ridesta nel vasto anfiteatro un frastuono confuso di voci, di grida, di sibili, di suoni, di applausi.
I dieci cavalli, usciti dal cortile del Palazzo del Podestà sono accompagnati al canapo da uno stuolo di guardie. Quello della Torre, alquanto irrequieto, fa varie scappatelle e il fantino deve faticare non poco aiutato dagli agenti, per tenerlo a freno.
I cavalli entrano fra i due canapi nell'ordine seguente: Onda, Nicchio, Tartuca, Torre, Bruco, Pantera, Oca, Civetta, Istrice, Drago.
La partenza è data con grande abilità dal nuovo mossiere sig. Venturino Benvenuti.
I dieci cavalli si slanciano nell'arena formando un unico gruppo, ma già alla Fonte appariscono i distacchi e nelle prime posizioni si delineano nettamente Istrice, Nicchio, Drago, Tartuca, Onda.
La lotta è aspra fra i primi tre. Il Drago nel quale monta il bravo fantino Mantovani, detto Bubbolo, senese, conquista in discesa la seconda posizione e tenta accostarsi al primo.
Frattanto il fantino della Torre compie un exploit magnifico riuscendo, da una delle ultime posizioni, ad infilare nella breve salita che porta al Casato, quattro o cinque cavalli minacciando da vicino i primi. Ma la curva è fatale al fantino che viene sbalzato di sella e cade, fortunatamente senza conseguenze, mentre il cavallo prosegue scosso.
Le posizioni più non si variano ora fino all'arrivo e l'Istrice vince indisturbato per varie lunghezze seguito nell'ordine dal Drago, Bruco, Nicchio, Tartuca, Onda.
La vittoria è decisa. I contradaioli si precipitano dalle gradinate, dai palchi. In breve una turba numerosissima circonda cavallo e fantino vincitori e in mezzo al vocìo e alle grida di giubilo fra un allegro sventolar di bandiere e un rullar di tamburi la fiumana si dirige preceduta dal drappo, opera pregevole del pittore Giunti, nella contrada vincitrice.
La notizia fu portata in men che si dica nel popoloso rione di Camollia, sede dell'Istrice ove subito il popolo improvvisò una grande manifestazione di gioia.
L'arrivo del corteo preceduto dal palio fu accolto dai contradaioli col massimo entusiasmo.
La via Camollia si popolò d'un pubblico fittissimo mentre nella sede della contrada dell'Istrice si facevano in tutta fretta preparativi per solennizzare la bella vittoria e per ricevere gli ospiti.
Gli onori di casa venivano fatti con squisita signoria ed amabilità dai componenti il Consiglio dell'Istrice, signori: nob. Angelo Brancadori, priore; conte Spannocchi, capitano; Delli Cesare, vicario; Bianciardi Oreste, camarlingo; Zazzeroni Giuseppe, economo. Anche il sig. Ferrini gentilmente mise a disposizione degli ospiti le sue sale ove fu servito inappuntabilmente dal sig. Guido Fabbri un copioso rinfresco.
Oggetto di calorose dimostrazioni di simpatia fu il bravo fantino vincitore Arturo Bocci, di Monteroni d' Arbia, conosciutissimo sotto il nomignolo di Rancanino. Il Bocci non è nuovo alle vittorie della nostra pista poiché questa è la terza che consegue. L'ultima la riportò nel palio dell'agosto dell'anno scorso a favore del Montone.
Nella contrada dell'Istrice regnò per tutta la sera fino ad ora assai tarda la più schietta allegria. Nella via illuminata con bracciali circolò un grandissimo numero di visitatori, contradaioli e simpatizzanti.
Quest'oggi la comparsa dell'Istrice compie per la città il consueto suo giro per le onoranze ai protettori.