Sabato sera una folla grandissima era presente alla prova generale che di solito presenta molto interesse, perchè tutti i cavalli sono lasciati liberi di dimostrare la propria forza. Questa volta non è stato così, ed alcuni dei cavalli evidentemente erano trattenuti dai rispettivi fantini.
Tuttavia la corsa riuscì abbastanza bene e venne vinta dall'Unicorno.
La provaccia di ieri mattina procedette anche più flemmatica del solito.
Ognuno si studiava di arrivare il più tardi possibile, sicché il pubblico, abbastanza scarso, perse la pazienza e si mise a fischiare di santa ragione.
L'Unicorno giunse primo.
La città era ieri tutta adorna di drappi e di bandiere. Ai confini d'ogni contrada e alle abitazioni dei capi di esse sventolavano altre bandiere e le une e le altre destavano la più piacevole sorpresa in coloro che per la prima volta visitavano Siena in occasione del palio.
Le vie rigurgitavano di forestieri.
Gli alberghi, dai più eleganti ai più modesti, erano pieni.
Nel pomeriggio, dalle ore 16 in avanti, la circolazione era resa oltremodo difficile da una folla compatta, in mezzo a cui si udivano tutte le lingue d'Europa e tutti i dialetti d'Italia e che si era raccolta nel centro della città per assistere al passaggio delle comparse delle contrade.
La ricchezza e l'eleganza artistica dei vessilli e dei costumi sollevavano continue esclamazioni ammirative. Moltissimi dilettanti mettevano in moto le macchine fotografiche.
Abbiamo visto in via Cavour una elegantissima signora che trovandosi nell'automobile ed avendo della folla davanti a sé, non poteva prendere un'istantanea di una comparsa, la quale si era fermata a rendere le onoranze ad un protettore. La signora, allora, senza esitanza si fece spingere nel cielo della carrozzeria e di lassù fece la fotografia, tra gli sguardi curiosi dei presenti.
La bellissima Piazza del Campo si era riempita di pubblico, moltissimo tempo avanti allo spettacolo.
Alle ringhiere ed alle finestre erano appesi arazzi multicolori che davano al severo ambiente un carattere di gaiezza.
Non potevano essere presenti meno di trentamila persone.
Presso la Fonte Gaia, il corpo musicale delle bande riunite di San Marco e della Quercia, eseguì, nell'attesa, degli scelti pezzi di musica.
Dopo che la pista fu sgombrata dagli agenti della forza pubblica e dai carabinieri a cavallo, questi, quando fecero al trotto il giro della piazza, salutati dalla colonia dei forestieri, che occupava il palco sotto il Circolo degli Uniti, da un prolungato applauso.
Alle 18,15 fece l'ingresso in Piazza lo storico corteo, al suono del campanone della Torre del Mangia.
I giuocatori di bandiera, specialmente quelli del Drago che con rara maestria si scambiavano le bandiere e il Forni, detto "Mastuino", alfiere dell'Aquila, il quale eseguì il difficilissimo "salto del fiocco", raccolsero applausi continui dai forestieri.
Nell'insieme lo sfilamento riuscì ordinato.
Verso la fine, forse perchè il tempo minacciava pioggia, che fortunatamente non si verificò, fu affrettato il passo delle comparse e rimasero alquanto distanziate le ultime contrade.
Alle 19 i cavalli uscirono dal cortile del Podestà.
I cavalli ed i fantini erano irrequietissimi ed in orgasmo. Non erano ancora entrati tutti fra i canapi, quando quattro o cinque fantini spronarono il cavallo, e sarebbero certamente caduti, con gravi conseguenze, se l'occhio vigile del mossiere Sig. Balbi non avesse fatto scattare il canapo.
I tre o quattro che avevano da entrare si fermarono; gli altri, dopo essersi urtati fortemente, si slanciarono nella pista.
Tra i pochi che erano rimasti a correre prese la testa il cavallo della Chiocciola. Il fantino, non badando ai ripetuti colpi di mortaretto che segnalavano la non validità della mossa, continuò, seguito dagli altri, a correre con quanta forza aveva.
Al secondo giro il fantino della contrada dell'Istrice cadde presso i palchi del Casato.
I cavalli finalmente si fermarono e furono ricondotti al cortile del Podestà, in mezzo all'evidente agitazione della folla.
Il fantino del Montone venne portato laggiù quasi a braccia perché alla voltata del Casato aveva fortemente battuto il piede destro nella cancellata.
Alla seconda mossa prese la testa la Civetta che si mantenne prima per due giri e mezzo ed era subito seguita dalla Chiocciola. Al primo giro i cavalli dell'Aquila e del Drago entrarono direttamente in San Martino, con grandissima paura delle persone che vi si trovavano. Fortunatamente nulla di grave successe.
Il fantino dell'Unicorno cadde al Casato, come pure quello dell'Istrice.
La lotta era accanitamente combattuta fra la Civetta, la Chiocciola e la Lupa, quando, al terzo giro, passata la cappella, il cavallo della Torre che era rimasto addietro d'un giro, si fermò, e il fantino incominciò a nerbare con violenza quello della Civetta, riuscendo a fermarlo e dando così agio alla Lupa di passare, in quel parapiglia, la Chiocciola e di conquistare la vittoria.
L'atto brutale e insidioso del fantino della Torre sollevò l'indignazione di tutto il pubblico. L'anno scorso un altro fantino fece consimile tentativo che non riuscì; ma la sospensione applicata allora al colpevole pur troppo, non ha impedito che un altro seguisse e anzi perfezionasse il sistema, le cui conseguenze potrebbero riuscire oltremodo luttuose.
L'opinione pubblica unanime invoca dalle autorità provvedimenti energici e capaci di rendere impossibile per l'avvenire il ripetersi di tali vergogne.
Come era a prevedersi, i più indignati per questo episodio sono gli abitanti della Torre, sia per il fatto in sé stesso, sia per la mortificazione inflitta ad una contrada, alla quale sono stati sempre legati da cordiale amicizia. Siamo anzi stati autorizzati a dichiarare pubblicamente che il fantino della Torre aveva avuto il preciso ordine di uscire da San Martino subito dopo il primo giro e ciò per impedire che il cavallo, assai debole, potesse anche involontariamente creare ostacoli al regolare svolgimento della corsa.
Disgraziatamente ieri più d'uno dei fantini doveva aver perduto la testa.
Il fantino della Chiocciola, terminata la corsa, anziché scendere, spinse il cavallo fra la gente che aveva scavalcato i cancelli, e si aprì il passo, minacciando col nerbo e rovesciando a terra due ragazzi che fortunatamente non riportarono danno. Quindi andò, sempre a cavallo, a rifugiarsi giù al Comune.
Il Palio, artistico lavoro del pittore Merlini, venne portato in trionfo nella contrada vincitrice. E' impossibile descrivere la gioia che invase il popolare rione. Intanto che in chiesa si facevano funzioni di ringraziamento e il rullo dei tamburi si mescolava alle grida altissime di giubilo, venivano aperte le sale della contrada per ricevervi i visitatori con la tradizionale generosa cortesia.
Il Priore avv. Bartalucci, il Vicario prof. Lusini, il Capitano barone dott. Alessandro Sergardi-Biringucci, i signori Augusto Pacini e Umberto Rossi del Consiglio Direttivo, facevano squisitamente gli onori di casa.
Tra i personaggi intervenuti notammo S.E. Lutzow, le baronesse Sergardi, il conte cav. Silvio Piccolomini con la sua distinta signora, il comm. Cambi-Gado presidente del Magistrato delle Contrade, il marchese Albergotti e moltissime dame straniere. Fu offerto dello champagne e vennero fatti numerosi brindisi.
Il fantino Domenico Fradiacono, di Tivoli, detto Scanzino, venne da tutti complimentato.
Il rione, illuminato a padellette, fu sino a tardissima ora, stipato di pubblico.
Il Palio fu per tutta la sera portato in trionfo anche nelle limitrofe contrade amiche, dove fu accolto con entusiasmo e al suono delle campane.
In vari punti della via Vallerozzi erano collocati dei barili di vino, gentilmente offerto a chiunque passava.
Presso la chiesa, una banda improvvisata, suonò sino alla mezzanotte numerosi ballabili.
La Lupa riportò l'ultima vittoria il 18 agosto 1907.
Avendo questa contrada vinto anche la corsa dell'agosto 1809, festeggerà quest'anno, con la vittoria di ieri, anche quella, di cui ricorre il centenario.