Dopo aver vinto il Palio nella Chiocciola il 2 luglio 1885 rimontò nella stessa contrada per il Palio del 16 agosto. Tutto lasciava prevedere il «cappotto», poiché la Chiocciola aveva avuto dalla sorte uno dei migliori cavalli: Lupetto, un morello balzano di tre anni di proprietà di Antonio Gracci detto comunemente Tognaccio.
Competitrice più temibile della Chiocciola era, in quel Palio, l'Oca che aveva affidato la difesa del suoi colori a Leggerino, fantino anch'esso famoso nelle appassionate vicende della giostra senese. A quanto pare, Leggerino favorì nella corsa del luglio Baicche aiutandolo a vincere il Palio che egli perse con un ottimo cavallo, nel Montone.
Nelle prove, Lupetto aveva spolverato tutti gli altri cavalli vincendo quasi sempre per due o tre colonnini. In «S. Marco» sentivano tanto sicura la vittoria fino al punto di inneggiare ad essa in anticipo con i caratteristici stornelli, con l'improvvisate strofe che costituiscono l'espressione più schietta dell'intima gioia popolare. Vino preparato a barili e damigiane nell'osteria di Donde, arazzi e bandiere pronti per essere esposti a finestre e balconi, braccialetti e pignattelle per l'illuminazione del Rione, cappotti impregnati di carbolina tolti dai cassoni per essere indossati in segno simbolico; tutto era apprestato per inquadrare in uno scenario di esultanza la vittoria che Baicche avrebbe certamente conquistato offrendo alla Contrada il serico drappellone sormontato nel disegno araldico, dell'immagine dell'Assunta, patrona di Siena circondata da un coro di angeli.
Ma nell'animo di Baicche covava l'acre voluttà del tradimento. Forse perché non sorretto a spada tratta dal «Capitano» a cui davano pensiero gli impegni da assumere per una seconda vittoria, la visione di una grossa manciata di fogli da cento, che l'Oca era in grado di offrirgli più della Chiocciola, provata finanziariamente dalla vittoria del luglio, ma soprattutto l'idea di rendere a Leggerino la «buona azione» ricevuta nel Palio precedente lo decisero fermamente nel suo disegno.
La sera della prova generale, mentre dall'«entrone», si avviavano al canapo, Leggerino e Baicche, accostati i cavalli, con simulata indifferenza, parlottarono a più riprese. La sera stessa, alla cena della Contrada, alcuni chiocciolini rilevarono a Baicche la manovra, ma lui, forte delle sua autorità di re della Piazza, aveva con una scrollata di spalle messo a tacere i dubitosi.
Il corteo storico è già sfilato tra l'ammirazione dei forestieri, tra la scarsa attenzione dei senesi che vivono il Palio quasi esclusivamente per il suo epilogo.
Nell'entrone gli ultimi preparativi per la battaglia... Il «mortaretto» che accelera vorticosamente i battiti nel cuore della folla; ed ecco i fantini, muniti di nerbo, che escono e si avviano sui cavalli irrequieti verso la mossa mentre squillano gli ultimi accenti delle argentee chiarine.
Nel mutare il costume di parata nella tenuta da corsa, Baicche ha nascosto un fazzolettone bianco che si avvolge, entrando nella pista attorno al collo.
Per chi sà, è quello il segnale che il re della Piazza si è venduto; chi non sà arzigogola sullo strano particolare.
Un attimo... un'eternità... l'urlo della marea umana che esplode... il canapo è scattato. Lupetto non è stato pronto, come sempre alla scappata; parte prima, pulita, la Lupa seguita dall'Oca che infila di forza a S. Martino.
Baicche, terzo, si mette sotto il nerbo di Masino il mediocre fantino della Lupa e vi rimane per quasi due giri mentre l'Oca indisturbata finisce per vincere per quattro o cinque colonnini. Gli ocaioli in folle tripudio si impossessano dal Palco dei Giudici del Palio. Baicche senza scendere da cavallo, e tenendo nel saldo pugno il nerbo, cerca di fuggire da S. Martino, ma lì è un forte nucleo di torraioli avversari dell'Oca, e ritiene così prudente voltare Lupetto verso il Casato ove si trova quasi a contatto della «comparsa» e di una folla di contradaioli che lo inseguono, per come è loro possibile, nella congestione della immensa massa umana che svuota lentamente il Campo.
Trotterellando si avvia verso S. Marco; nella Piazza di Santa Lucia, si crede per un istante nella vittoria, ma il sopraggiungere minaccioso di chiocciolini che hanno assistito al Palio squarcia il velo del tradimento.
La tempesta sta per scatenarsi sul capo di Baicche che intuisce la folgore e sferza una secca nerbata sulla mano di Giaccarilli il quale aveva preso per la briglia il cavallo; Lupetto fiancato violentemente scatta come una saetta verso la porta. Per la scorciatoia del «Giuggiolo» si lanciano i chiocciolini e arrivano al bivio mentre Baicche passa dalla via provinciale a gran carriera sopra il cavallo che porta in salvo il traditore.
Qualche mattone, una selva di bastoni buttati rabbiosamente, sfiorano appena il fantino che si dilegua con il suo morello verso Costafabbri prendendo poi la strada di Monastero e Doglia e, traversando la Tressa, si rifugia infine al Renaccio in casa di persone fidate...
L'Oca è in festa; dalla via Benincasa, nelle strade adiacenti, la gioia di quei popolani prorompe in un'ebbrezza pazzesca. La città si riversa in massa nel rione della Contrada vincitrice ed è presa dal frenetico entusiasmo. Rullar di tamburi, sventolio di bandiere, bevute a ritrecine, canti e danze, strofe e stornelli improvvisati che esaltano la vittoria e dileggiano i vinti...
A mezzanotte, nel caffé delle Stanze, in piazza Indipendenza, Tognaccio, il proprietario di Lupetto, commenta con alcuni cavallai il gesto di Baicche. Un cameriere gli si avvicina: «C'è quì fòri un contadino che ha riportato il cavallo». Tognaccio si precipita alla porta, ma è appena in tempo a scaraventare un «figlio d'un cane», quel farabutto!..., che il contadino è già sparito sottraendosi ad ogni eventualità...
Dagli archi della Galluzza, mentre un numeroso gruppo di sbandieratori dell'Oca e delle Contrade alleate, passa da piazza dell'Indipendenza in un vortice di allegria, giunge, tra l'altro, l'eco di una strofa:
«Lo disse Leggerino, non vincerà Lupetto, vi giuro e ci scommetto che Baicche non passerà.....»
Chiuso nella stalla, Lupetto non accosta nemmeno il muso alla rastrelliera colma di fieno. Si butta nella lettiera e sembra che intuisca come la malafede di un fantino abbia tolto a lui la gioia del trionfo, le carezze e i baci di un popolo; a lui che è capace di vincere nella Piazza a tutti gli altri cavalli di quattro o cinque colonnini buoni...