di Maura Martellucci e Roberto Cresti
L’8 febbraio 1801, era domenica e il comandante del contingente napoleonico, il Generale Trivulzio, organizza un Palio alla lunga e sceglie lui il percorso (percorso altamente significativo, a pensarci oggi, anche politicamente: da Montaperti alla porta da cui si pose fine alla Repubblica): vuole partire con i cavalli scossi da Piazza Tolomei e arrivare a Porta Camollia. Per fortuna, Vincenzo Brogi, il Magistrato Civico lo convince a farlo sì, ma seguendo il consueto percorso per cui si parte dal Santuccio e si arriva in Piazza Postierla alla Torre dei Pannilini.
Il premio è di quindici scudi per il primo arrivato e 10 per il secondo (l’idea che il secondo nel Palio, in qualsiasi Palio, si "purga" è molto più recente). Si presentano sei cavalli e il posto alla mossa viene assegnato dall'estrazione fatta nell’ufficio comunitativo la stessa mattina. Vince il cavallo bajo scuro con pennacchiera bianca e celeste di Filippo Rossi e secondo è il cavallo "Corvo con pennacchio rosso del Cittadino Canosa Comandante la Piazza di questa città".
Tre giorni dopo, l’11 febbraio, giorno successivo alla pace di Luneville tra la Francia e l’Austria, Trivulzio chiede che anziché alla lunga il Palio si faccia correre in Piazza con le Contrade. Il Magistrato Civico si spacca sulla decisione: la proposta del Gonfaloniere di escludere le Contrade viene bocciata 13 a 8; quella del cavalier Gori, favorevole ad accettare i voleri del generale Trivulzio, viene accolta con 17 voti a favore e 4 contrari. Per fortuna durante la notte del 10 febbraio nevica e il cancelliere della Comunità, Giovan Domenico Fineschi, fa sapere al generale che la corsa non si potrà fare certamente.
Nell'Archivio storico del Comune si conserva la minuta della lettera scritta al Generale dove si legge: «Signor Generale, il magistrato civico informato con lettera del Comandante Canosa del vostro desiderio di veder correre un Palio in tondo sulla Piazza domenica prossima aderì con deliberazione del giorno stesso ai vostri desideri, ed ordinò darsi opportune disposizioni per l’effettuazione. La sopravvenuta neve per altro ci obbliga a farci osservare, che si rende impossibile adesso l’eseguirla giacché si dovrebbero fare per due giorni le Prove, ed a questo oggetto dovrebbe interrarsi tutto il giro della Piazza. Ancorché si levasse la neve per il giro e si facesse l’interro, questo doventerebbe un fango per l’acqua, che scorre dai tetti, e così si impossibiliterebbero i cavalli a correre, e non si troverebbe, chi vi corresse sopra per il pericolo di cadere. Oltre di che li spettatori non avranno luogo ove stare per la neve che vi è nel mezzo di Piazza né si possono fare gli altri preparativi necessari per i Palchi. Abbiamo creduto nostro dovere di porvi in veduta le suddette riflessioni che sembrano ragionevoli e dispensarci dall’eseguire la corsa predetta». E così di questa assurda Carriera non si parlerà più.