Quando, nel 1717, venne ad assumere il governo della città di Siena la Principessa Violante di Baviera, tutte le Contrade, con numerose rappresentanze e torce si recarono a farle atto di omaggio al suo ingresso a porta Camullia. La Contrada del Leocorno si astenne da questa manifestazione per cui fu sospesa per tre anni da partecipare al Palio (sarà riammesso per il Palio del 16 agosto 1719).
Terminata la punizione il Leocorno, il 2 luglio 1720, partecipò al Palio insieme colle altre sedici consorelle. Questo Palio riuscì bellissimo, sta scritto nelle cronache del tempo, però non mancarono gravi inconvenienti percui, il 21 gennaio 1721, il Magistrato di Biccherna con l'assenso della Governatrice stabilì per l'avvenire particolari norme e discipline. Lascio la penna al cronista dell'epoca, Girolamo Macchi, il quale in proposito scrive:
"Adì 2 luglio 1721, in mercoledì, fu corso il solito Palio in Piazza con dieci Contrade, le quali, quest'anno, l'hanno imbossolate tutte e ne hanno cavate a sorte queste dieci, perchè non hanno voluto che corrino tutte come fecero l'anno passato, che furono diciassette; e fa mandato il Bando che, poi, per la comprova dei cavalli, e li fantini di esse Contrade dovessero comparire a provare li cavalli per la piazza un'ora la mattina dalle ore 11 alle 12 e la sera dalle ore 23 alle 24 (la mattina dalle 7 alle 8, la sera dalle 19 alle 20) e dovessero fare tre girate per non strapazzare li cavalli con pena a chi trasgredisse. E a questa corsa, perchè il Nicchio e la Giraffa ebbero il cavallo spallato, lo rimandonno e fecero la loro comparsa in Piazza senza cavallo, e a correre furono solamente otto, e la più corriera di tutte fu l'Istrice che vinse il Palio correndovi il fantino Gio Batta Pistoi detto il Cappellaro;
il Nicchio fece il carro e ci messero sopra il cavallo di paglia. Se l'atto compiuto in quest'occasione dal Nicchio e dalla Giraffa, lo commettesse oggi qualche Contrada, cui dalla sorte fosse assegnato un cattivo cavallo, tale da non poterci tentare nemmeno lontanamente la vittoria, chissà mai quale scalpore produrrebbe e quali sanzioni disciplinari si reclamerebbero, tanto più si giungesse alla beffa inscenata dal Nicchio ma se obiettivamente si considera il fine dell'atto stesso si trova ispirato a un fondamento di buona logica e di giustizia.
Se, infatti, a due duellanti, o per sorte o per volontà, si consegnassero due sciabole inuguali, una bella, perfetta, robusta ed affilata a dovere, l'altra con la lama spezzata, arrugginita e guasta, e, se quegli cui toccasse l'arma imperfetta, vedendosi in stato di inferiorità di fronte al competitore, rifiutasse di combattere, che forse si potrebbe ascrivere il suo rifiuto a viltà e ritenerlo meritevole di punizione? Ma no, certamente. Così argomentando io, nel sistema di assegnazione dei cavalli alle Contrade, ho sempre scorto un fondamento d'ingiustizia, poichè mi son posto il caso possibile che la sorte assegni, per un lungo ininterrotto periodo di anni, cattivi cavalli ad una medesima Contrada; ed in questo caso nessuno mi potrà negare che, sorte o non sorte, la equità diventa parola vana.
Si dice che questo è il sistema, che si è sempre fatto così; e così sia! Ma allora tutti i numeri più o meno intieri o frazionati, che si scrivono sui fianchi dei cavalli vincitori, cominciano ad avere un valore assai relativo, perchè non rappresentano il compendio di battaglie combattute con armi pari, ma più che impari, a capriccio della sorte. Mi diceva un competente in materia che il Palio di Siena è quello che è e che bisogna accettarlo con tutti i suoi pregi e tutti i suoi difetti. Se si deve seguire questo criterio si lascino pure le cose come stanno."