Il tradimento di Mascherino e il gesto inconsulto di Stoccolungo. Il Palio del 15 agosto 1871, vinto dall'Aquila, si concluse con l'intervento del 46° Reggimento di Fanteria, schierato con le baionette in canna (di Roberto Filiani)
La storia del Palio è piena di tradimenti, veri o presunti, spesso leggendari, alimentati dalla tradizione orale, determinanti per gli esiti di molte Carriere. Tra queste merita un posto di rilievo quella del 15 agosto 1871, vinta dall'Aquila, caratterizzata da un palese tradimento che però potremmo definire inutile.
All'epoca l'Aquila era a digiuno dal luglio 1837, trentaquattro anni appesantiti dal poco ambito record di essere la contrada con l’attesa maggiore, il termine nonna era ancora in divenire, già dal luglio 1852.
A gestire gli affari palieschi dell’Aquila, già da qualche anno, vi era Pietro Lazzerini, personaggio molto controverso, al centro di molti intrighi e chiacchiere, che solo tre anni più tardi fu protagonista di una vittoria della Pantera la cui gestione economica provocò molte frizioni interne.
All'assegnazione arrivò un lotto di cavalli di valore omogeneo, ben otto venivano reputati ottimi corridori, tra questi spiccavano tre barberi di proprietà del noto cavallaio Luigi Grandi detto “Sportaino”.
Proprio una cavalla del Grandi, segnata cavezza di moro e nota col nome di Brizzola, toccò all'Aquila che iniziò ad ambire alla vittoria, affidandosi a Giuseppe Paoli detto "Mascherino", un fantino di Pitigliano di buona esperienza che aveva già corso venti volte vincendo nel Leocorno nell'agosto 1857 e nella Selva nel luglio 1865.
Come detto, però, anche altre contrade potevano legittimamente ambire al successo; tra queste l'Istrice, a secco dal giugno 1862, che montava l'emergente Girocche sullo storno del Grandi, fresco vincitore del Palio di luglio nel Nicchio con Bachicche.
La vigilia del Palio fu caratterizzata da una curiosa richiesta, oggi la definiremmo impensabile, che i capitani presentarono all’autorità comunale: "...si richiede di abolire la tratta segreta, solita farsi dai Deputati della Festa, pochi momenti avanti la corsa... a ciò unanimi acconsentono affinché sia tolto qualunque ritardo alla mossa..."
In pratica veniva proposto di dare la mossa senza un ordine prestabilito dalla sorte ma in modo del tutto casuale, istanza a cui il Comune rispose a stretto giro emanando delle brevi, ma chiare, istruzioni:
1. È soppressa la tratta segreta, che stabiliva l’ordine con cui i fantini dovevano presentarsi al canape;
2. Due guardie municipali consegneranno ai fantini, appena usciti dall'atrio del Palazzo Comunale, i consueti nerbi;
3. La mossa sarà data con un solo canape e sarà dichiarata legale, data dalla voltata del Casato al canape, quando il Mossiere in questo tratto di luogo crederà uniti i dieci cavalli;
4. Il cavallo di quella contrada che, fatti i tre giri della Piazza, sarà il primo ad oltrepassare la banderuola posta in faccia al Palco dei Giudici, verrà dichiarato aver vinto il Palio;
5. Il segnale della buona mossa sarà dato issando la bandiera bianca, l'opposto colla bandiera di color verde.
Corsero il Palio: la Lupa con Citto; il Leocorno con Rocco; la Giraffa con Pilesse; la Pantera con Paolaccino; il Valdimontone con Gambino; il Bruco con Cecco; l’Aquila con Mascherino; l'Onda con Stoccolungo; l'Istrice con Girocche e l'Oca con Bachicche.
A partire prima, con un buon vantaggìo, fu proprio l’Aquila ma già a San Martino si concretizzò il tradimento di Mascherino, con ogni probabilità venduto all’Istrice, che simulò una goffa caduta.
Ad approfittarne però fu il Bruco che con Cecco, un fantino empolese, nipote del celebre Piaccina, che rimase al comando fino all’ultimo San Martino dove un altro fatto dai contorni misteriosi rimescolò clamorosamente le carte di quella Carriera.
L’Onda, con il peggior cavallo, decisamente irrequieto, ed il fantino Stoccolungo, recidivo in quanto a clamorose scorrettezze, rimasta indietro di un giro, si parò davanti al Bruco strattonando e nerbando il malcapitato Cecco che già pregustava la sua prima vittoria che poi non sarebbe mai arrivata nella sua lunga e sfortunata carriera.
Il grave episodio però non favorì l'Istrice, rimasto sempre a ridosso dei primi, ma rimise in gioco lo scosso dell'Aquila che riuscì a prendere la testa andando a vincere in barba al tradimento di Mascherino ed al gesto inconsulto di Stoccolungo.
L’Istrice giunse secondo staccato di poco ed un gruppo di suoi contradaioli, con in testa il Capitano facente funzioni, reclamarono, a torto, la vittoria dando vita a numerosi tumulti sedati a stento dal 46° Reggimento di Fanteria che, schierato con le baionette in canna, scortò il Drappellone fino al territorio aquilino rimanendovi poi a presidio.
Nonostante il palese tradimento, a Mascherino venne dedicato il tradizionale sonetto da parte dell'Aquila; è lecito, comunque, ipotizzare che il suo compenso fu decisamente inferiore a quello pattuito con l'Istrice in caso di vittoria.
È curioso notare che, nonostante tutto, Mascherino corse nell'Aquila anche nell'agosto successivo e soprattutto nel luglio 1874 quando, come detto, la Pantera vinse capitanata proprio da Pietro Lazzerini.
Il secondo posto dell’Aquila, con uno dei migliori cavalli e l'esorbitante spesa di 1300 £ che sostenne la Pantera inducono ad ipotizzare che il duo Lazzerini-Mascherino fosse ancora una volta, protagonista di oscuri intrighi decisivi per l’esito di quel Palio.
La carriera di Mascherino terminò nell'agosto seguente, mentre Lazzerini guidò la Pantera sul Campo in altre sei occasioni fino al 1892, rimanendo spesso coinvolto in fatti poco chiari.
Per chiudere un'ultima curiosità riguardante la movimentata corsa del 15 agosto 1871 che scatenò la fantasia di alcuni pittori amatoriali che realizzarono almeno quattro versioni dei tradizionali “cavallini” nei quali si nota una curiosa alternanza nel manto del cavallo vittorioso, a volte grigio a volte più scuro e la costante presenza di Mascherino ritratto a piedi all'altezza di San Martino col nerbo abbassato.