Cadendo in quest'anno il dì 16 di agosto in giorno di sabato, fu trasferita la Corsa alla tonda nel 17 (domenica) e cominciò la festa con il consueto corso delle carrozze, reso più magnifico dalla presenza di quelle dell'Imperiale e Reale Corte, essendosi portati in Siena a godere delle Feste sua Altezza il gran duca Leopoldo, e la gran duchessa vedova del fu Ferdinando di lui padre.
Dopo ciò fecero il loro giro le comparse delle Contrade vestite all'antica italiana con le respettive bandiere, ed accompagnate dalla banda civica.
Fino a questo punto tutto procedé in buon ordine, e la Festa prometteva di riuscire oltremodo brillante, combinandosi la circostanza di vedere un anfiteatro dei più magnifici, mentre si vuole, che in quest'anno per quest'anno per il concorso straordinario, la Piazza contenesse oltre a quaranta mila persone.
Ma per una di quelle fatalità facili ad associarsi alle feste popolari, accadde che i giudici signor Bernardino Sergardi, e Remigio Bellugi, non ben valutando le conseguenze, che potevano nascere da una marcata inavvertenza, chiamarono, o lasciarono presto i fantini al canape, e tanto prematuramente diedero la mossa, talché poco mancò, che non seguisse lo scontro dei cavalli corridori con quelli dello squadrone dei regi Cacciatori, i quali ancora non avevano terminato il loro giro, circostanza, che avrebbe portato delle tristi conseguenze.
Frattanto in mezzo al disordine, già il cavallo del Drago era fuggito molto avanti agli altri, e lo seguivano da lungi quello della Chiocciola, Giraffa, e Torre, ai quali tenevano dietro gli altri a più, e diverse notabili distanze. Fecero tutti i loro sforzi i fantini della Giraffa, e della Torre, onde raggiungere il Drago, ma tutto fu inutile, quello della Chiocciola con perfidia mentiva una caduta, ed in tanto la Contrada del Drago resultava vittoriosa essendosi mantenuta sempre molto avanti agli altri: la Torre, ove correva il Gobbo era di già entrata seconda, e la Giraffa terza.
In fine è anche da sapersi, come il fantino che vinse era un tale detto Bonino il giovine, figlio dell'altro parimente detto Bonino, e che correva nella Chiocciola.
Così ebbe fine questa corsa, che avendo avuto un cattivo principio, ebbe pure un pessimo fine, non avendo destato il più piccolo interesse nel pubblico, il quale si augurava un esito migliore, poiché non mancavano dei buoni cavalli, capaci di figurare qualora la condotta di chi la dirigeva fosse stata più regolare.