Leopoldo II, detto Canapone, seguendo le abitudini del padre, era amante del Palio di Siena ed anche quest'anno venne ad assistervi con la consorte Maria Antonietta e la sorella Maria Luisa.
Uno spettacolo come il Palio di Siena, che ha sempre attirato la curiosità di tante personalità italiane ed estere e di tanti sovrani, non può temere concorrenze. Si tenti pure di organizzare feste sul tipo della nostra e in Italia e fuori: la riuscita non sarà che negativa per la mancanza, fuori di Siena, del principale attore dello spettacolo stesso, cioè del popolo.
Una costumanza che è parte viva dell'abito morale di un popolo per averla questo popolo ereditata e vissuta ininterrottamente da secoli, non può, all'improvviso, essere imitata da altri per quanto gli organizzatori cerchino e si sforzino di curarne la esecuzione nei più minuti particolari.
Sarà una bella cosa: ma sempre una cosa nata morta, perché priva dell'elemento vitale che si ritrova soltanto nell'inveterato sentimento popolare, derivante più che da tradizione, da fatti storici luminosamente grandi e inabbagliabili. Quindi non ci si preoccupi se si sente parlare di altri Palii corsi più quà e più là in altre città della penisola, accompagnati o preceduti da cortei e sbandieramenti. Il Palio di Siena rimarrà sempre bello, sempre uguale, sempre suggestivo, sempre ammirato.
Esso era così quando vi assistevano principi stranieri: era così quando vi assistè il Capo della Cristianità, Pio IX; così quando vi assistè l'Eroe dei due mondi, Giuseppe Garibaldi, così quando l'onorò di sua presenza il primo Re d'Italia Vittorio Emanuele II: così, quando si degnarono di assistervi Re Umberto I e la bella Regina bionda Margherita di Savoia: sempre così uguale da che, a far tempo dal 1904, con simpaticissima frequenza lo onora di sua regale presenza l'amato nostro Sovrano, il Re vittorioso, il Re della terza Italia, dell'Italia fascista, Vittorio Entanuele III.
Per il Palio di agosto 1842, venne dunque il granduca. Era necessario allungare le feste. Di un giorno le allungò l'acqua, che, cadendo in gran copia, non permise che il 16 Agosto fosse corso il solito Palio, il quale perciò ebbe luogo il giorno dopo.
E i palchettanti, che avevano raccolti fondi per far correre a tutte e l7 le Contrade, come nel 1841, un altro Palio, dovettero prorogarne l'esecuzione al giorno 18.
La mattina di quest'ultimo giorno furono assegnati i cavalli alle Contrade e, poco dopo, sempre nelle ore antimeridiane, fu fatta una prova.
Precedette la corsa un grandioso corteo, al quale presero parte le comparse delle Contrade e un magnifico carro allegorico che rappresentava la "Vittoria".
Mi piace riportare la descrizione di questo Palio, esistente in una cronaca manoscritta (concessami in consultazione dal sig. dott. Bargellini), in cui a carte 20 e 21 è detto:
"Il 18 Agosto ebbe luogo un'altra corsa ad istanza e spese dei proprietari delle botteghe di piazza. Furono ammesse alla carriera tutte le 17 Contrade.
Questa novità incontrò l'approvazione di pochi; generalmente si prognosticava un brutto e pericoloso Palio, atteso il troppo numero dei cavalli. L'esito comprovò la verità di questa opinione.
Il Palio fu scellerato: quattro soli cavalli restarono in corsa. Gli altri tutti alla prima girata o caddero o andarono in S. Martino.
Alla prima girata ne caddero sei tutti in un monte, che molto disturbarono gli spettatori. Questa caduta non derivò tanto dal gran numero dei cavalli quanto dal nuovo sistema introdotto di collocare dal punto della cantonata di S. Martino fino alla Cappella, una quantità di materassi, che a guisa di parapetto, servono di riparo ai cavalli a che non vadano a battere nel muro.
E in parte sembra giusto questo riparo, ma in sostanza con questo mezzo si sono rese più facili le cadute perché si è diminuito notabilmente il giro che faceva il cavallo nella voltata: e il cavallo, così ristretto, urta facilmente con impeto nei materassi, e caduto in terra serve d'impaccio ai cavalli che seguono, i quali trovano improvvisamente un cavallo disteso in mezzo al corso.
Ma sono questi i nuovi lumi, le nuove scoperte del secolo! Tutto ciò sia detto per quelli che da questa notizia credessero poterne ricavare qualche riflessione vantaggiosa.
Vinse il Palio la Contrada dell'Istrice, che la prima uscì da una cattiva mossa e felicemente, senza alcun contrasto, terminò la sua carriera".
Se per questo curiosissimo e meticoloso cronista è una scoperta del secolo la creazione di una parapettata di materassi per evitare che bestie e cristiani vadano a sbattere con estrema violenza contro il muro, chissà mai che cosa scriverebbe oggi, assistendo al trionfo della meccanica, e in qual forma ne darebbe notizia per ricavarne qualche vantaggiosa riflessione!
Anche altre cronache manoscritte riferendo di questa corsa, narrano che fu pessima. Dei diciassette corridori al momento della vincita erano rimasti in sella, dopo l'Istrice, due: la Chiocciola e il Leocorno.
Il cavallo del Nicchio, scosso, che era secondo fu parato e fermato al Casato, all'ultimo giro, forse da qualche Chiocciolino, perchè la Contrada omonima guadagnasse il premio spettante alla seconda arrivata.
Sei contrade scomparvero in Via S. Martino: alcuni fantini scesero spontaneamente da cavallo. Perciò, dopo centoventidue anni da che non si correvano più palii con 17 contrade, il secondo esperimento fu tale da consigliare gli organizzatori a non proporne altri in avvenire.
Per l'Istrice vinse il fantino Giuseppe Marraccini o Marranghini detto il Saltatore.