Storia tratta dal libro "che si fa stasera... si dorme?!" di Bruno Tanganelli (TAMBUS)
Otto sono state le Caterine importanti che troviamo, ricordate, nella storia passata della nostra città:
Caterina Colombini monaca, cugina del Beato Giovanni Colombini, Caterina De' Lenzi monaca e Beata, Caterina delle Spade amante del tiranno senese Pandolfo Petrucci, Caterina Petrucci, poetessa e scrittrice brillante, Caterina Piccolomini sorella di Pio II, vedova e poi monaca, Caterina Uggioni monaca e Beata, Caterina Vannini cortigiana e poi monaca.
Ma colei che svetta fra tutte, è Caterina Benincasa, vergine, Santa, Dottore della Chiesa.
Parlare di questa piccola grande Donna, non è cosa facile, anche perché la sua storia è immensa, ed il suo nome si erge a livello mondiale, come una delle donne più importanti che la Chiesa di Pietro abbia mai avuto.
Nacque a Siena il 25 marzo 1347 da Jacopo e da Lapa Dei Piacenti, ventitreesima di 24 figli Jacopo, tintore in Fontebranda, avrebbe desiderato che Caterina si "accasasse", diventando sposa e madre esemplare, ma lei fin da piccola sentì una misteriosa attrazione verso Gesù, che amò per tutta la sua intensa ma breve esistenza, chiamandolo suo "unico dolce Sposo".
Alle preghiere, univa le opere di bene negli ospedali, assistendo i malati più infetti, nelle prigioni portando una parola di speranza ai carcerati, pere- grinava di casa in casa giorno e notte a portare aiuto ai bisognosi, attaccava i potenti, difendeva i diseredati.
Nonostante ciò, non fu immune da calunnie infami e pettegolezzi atroci, tanto che è arrivato fino ai nostri giorni il detto che le case in cui abitava Caterina fossero chiamate "le case maledette".
Questa esile figura di donna conobbe e frequentò uomini potenti, nobili ed artisti. Tanto per citarne alcuni: Andrea Vanni pittore, che ci ha lasciato un ritratto della Santa pregevolissimo, il poeta Anastasio di Monte Altino, Barduccio Canigiani che assistè all'agonia e alla morte della Santa. Fra le famiglie nobili senesi frequentò i Saracini, i Tolomei, i Malavolti, i Pagliaresi, i Maconi e tante altre del suo tempo.
Troppe sarebbero le testimonianze, i fatti e le storie da raccontare su questa meravigliosa donna senese. Partecipò alle lotte intestine delle famiglie senesi, sempre esortando la pace e la fratellanza. Sognò l'Italia unita, ma fra gli atti memorabili compiuti da Caterina, non si può fare a meno di ricordare di aver fatto tornare il Pontefice Gregorio XI da Avignone alla sede di Roma (1377).
Caterina morì a Roma il 20 aprile 1380, lei analfabeta, lasciò molti suoi scritti; così importanti da essere inseriti nella storia della Letteratura Italiana. Fra i principali: "Le Lettere", "I Dialoghi della Divina Provvidenza" e le "Orazioni".
La leggenda racconta che i senesi richiedessero al Papa di mandare a Siena, se non il corpo, almeno la testa della Santa. Fra' Raimondo, Ministro Generale dell'Ordine dei Domenicani, fece supplica al Santo Padre, che approvò, ordinando di aprire la tomba. Erano trascorsi sei anni dalla sepoltura, e dal corpo già consumato fu tolta la testa, che fu consegnata ai frati Ambrogio Sansedoni e Tommaso della Fonte.
I due religiosi, racchiusa la testa in un sacco di seta, la posero in un cesto di vimini e tra mille peripezie riuscirono ad arrivare a Siena. Qui giunti, le guardie della Dogana, che perquisivano tutti i viandanti, domandarono ai frati:
- Che portate nel paniere?
E loro dopo un attimo di smarrimento risposero:
- Rose e gigli.
A questa frase, come se la risposta dei religiosi fosse rimbalzata per tutta la città, le campane delle Chiese di Siena incominciarono a suonare a distesa senza che nessuno le avesse toccate e subito dal paniere sbocciarono mazzi di rose e gigli.
La storia invece racconta che i monaci portassero segretamente la reliquia nella Sagrestia di S. Domenico e che solo un anno dopo i senesi poterono apprendere che Santa Caterina, la loro Santa, era tornata a Siena. Cadeva il giorno 23 di aprile del 1384.
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