Tratto da "Senesi da ricordare" di Marco Falorni.
Pittore.
N. Siena, 1/1/1571 - m. Siena, 22/7/1639
Proveniente da modesta famiglia, il Manetti fu forse allievo del concittadini Francesco Vanni e Ventura Salimbeni. A un certo momento della sua evoluzione artistica, subì però la decisiva influenza del Caravaggio e, in certa misura, anche quella del Guercino.
Egli fu anzi il tramite per la penetrazione, nella pittura senese, delle novità caravaggesche. Dal 1620 in poi, infatti, il Manetti, conosciuta l'arte del Caravaggio, cambiò nettamente i propri modi stilistici, abbassando la luce e ottenebrando l'atmosfera dei suoi dipinti, finendo per risultare uno dei migliori artisti della cerchia caravaggesca, ad onta del suo eclettismo culturale.
Bisogna però dire che il Manetti è stato trascuratissimo in passato, e che solo studi recenti lo hanno portato ad una completa rivalutazione da parte della critica, che lo considera oggi, generalmente, come il più valido pittore senese del sec. XVII, e sicuramente come uno dei più validi toscani del corrispondente periodo. Egli inoltre, come del resto altri seguaci del Caravaggio, non si limito a dipingere opere di soggetto sacro, ma eseguì spesso anche scene di vita mondana, che sono poi considerate tra le sue cose più valide.
In Siena si conservano moltissime sue opere, nella Pinacoteca Nazionale, nel Museo dell'Opera del Duomo, nella Collezione Chigi-Saracini, nel Palazzo Pubblico, in varie Chiese ed edifici cittadini. Ma egli lavorò anche fuori di Siena, a Empoli, a Forlì, a Lucca e soprattutto a Firenze. Il suo capolavoro è in genere considerato la tela della «Fuga in Egitto», del 1621, conservata nella Chiesa di S. Pietro alle Scale a Siena, opera potente e, al tempo stesso, armonicamente composta. Del 1622-23 circa e la tela con «Ruggero e Alcina», nel Palazzo Pitti a Firenze. Altra opera di grande rilievo è l'«Indemoniata», del 1628, nella Basilica di S. Domenico a Siena, in cui figure e colori, fortemente suggestivi, precorrono l'arte di Mattia Preti.
Del 1631 è il «S. Eligio tra gli appestati» nella Pinacoteca Nazionale. Di poco posteriore al 1630 e anche il «Transito di S. Giuseppe» nella Collezione Chigi-Saracini, dove si trova anche la bellissima tela del «Concerto col violoncello» (1635 circa). Tra le altre opere degne di nota, citiamo: il «S. Cerbone» nella Chiesa di S. Maria in Provenzano a Siena; l'« Apoteosi di S. Caterina» posta nell'Altar maggiore della Chiesa del Santuario Cateriniano a Siena; la «Morte del Beato Antonio Patrizi» nella Chiesa di S. Agostino a Monticiano.
Il figlio di Rutilio, Domenico (n. Siena, 1609 - m. Siena. 1663), fu anch'egli pittore di discreto livello.
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Tratto da Pillole di Maura Martellucci e Roberto Cresti
Siena perde Rutilio Manetti. Negli oratori, chiese, in Palazzo Pubblico si può ammirare il suo genio
Il 22 luglio 1639 muore a Siena il celebre pittore Rutilio Manetti e viene sepolto in Duomo. Era nato, sempre a Siena, il 1° gennaio 1571, in una famiglia modesta, il padre Lorenzo di Iacopo, era sarto. Sembra che abbia fatto il suo apprendistato nella bottega di Francesco Vanni e Ventura Salimbeni, protagonisti della scena artistica senese negli ultimi decenni del Cinquecento e responsabili dell’immissione nella cultura figurativa locale dell’influenza di Federico Fiori detto il Barocci e del tardo manierismo romano.
Le prime realizzazioni datate del Manetti sono due “Storie di Santa Caterina” dipinte ad affresco nella sala del Consiglio del Palazzo Pubblico e datate ottobre 1597 e due “Storie del vescovo Antonio Piccolomini”, datate 1598. Questo ciclo di affreschi della sala consiliare, commissionato dal Capitano del Popolo e dedicato a episodi più importanti della storia della Repubblica di Siena, è un’impresa pittorica di rilievo e coinvolge, oltre a Manetti, artisti del calibro di Vanni, Salimbeni e Sebastiano Folli. Manetti ormai si sta mettendo in luce per le sue qualità artistiche e, dopo il 1605, grazie all’impegnativo ciclo di affreschi dell’Oratorio di San Rocco, nella Contrada della Lupa, acquista una posizione di primissimo piano nel contesto senese. Intorno al 1615 la sua arte inizia a mutare subendo l’influsso della pittura di Caravaggio (ma negli anni risentirà anche dell’influenza di Gerrit Van Hontorst, Valentin de Boulogne, Nicolas Tournier, Bartolomeo Cavarozzi, Orazio Borgianni, Antiveduto Grammatica) e lo confermano opere come “l’Estasi della Maddalena” della Galleria Palatina di Firenze (1618 circa) o la più tarda “Estasi di San Gerolamo”, oggi parte della Collezione Monte dei Paschi, uno dei capolavori dell’artista (1628). Nel 1630, nella Insigne Collegiata di Santa Maria in Provenzano realizza, per l’altare Piccolomini commissionato a Flaminio del Turco nel 1629 dall’allora Vescovo di Massa Marittima Fabio Piccolomini la tela dal titolo “La Messa di San Cerbone”, che riporta, oltre la data di esecuzione, la firma, chiara, dell’artista. Durante il terzo decennio del XVII secolo Manetti realizza forse il suo dipinto più famoso: il “Riposo durante la fuga in Egitto”, conservato presso la chiesa di San Pietro alle Scale.
Molte, logicamente, le sue commesse fuori Siena (Pisa, Firenze, Massa Marittima, Roma, Lucca, Forlì, per citarne solo alcune) e tra i suoi mecenati c’è la famiglia de’ Medici per la quale realizza moltissime opere. Nella vita privata sposa il 7 maggio 1601 Lisabetta, figlia di Annibale Panducci, di professione vasaio, ricevendo una dote di 800 fiorini. Il 15 marzo 1605 sappiamo che viene battezzato Giacomo, il figlio primogenito, il quale risulta essere stato sepolto in San Giorgio poco più di un anno dopo, mentre l’8 gennaio del 1609 viene battezzato un secondo figlio, Domenico, che seguirà le orme paterne e sarà un pittore di ottimo livello.