Tratto da "Senesi da ricordare" di Marco Falorni.
Archeologo e uomo politico.
N. Siena, 1900 - m. Roma, 17/1/1975.
La vicenda biografica di Bianchi Bandinelli si presenta come un costante e complesso intreccio tra la sua attività scientifica di studioso e di storico dell'arte antica e il suo impegno di operatore culturale e militante politico. Come archeologo e critico d'arte ha lasciato una mole di opere veramente imponente ed è da considerare senza dubbio tra i personaggi più illustri del secolo, nella sua materia, a livello internazionale; come politico fu, dal suo punto di vista, disinteressato e coerente, e per questo degno del massimo rispetto. Di famiglia patrizia senese, Ranuccio studiò dapprima nella sua città, per poi laurearsi in Lettere a Roma nel 1923, con tesi sulla Archeologia.
E' del periodo giovanile il ritrovamento, da parte sua, dell'ultima statua marmorea del «Mangia», l'automa che batteva le ore sulla Torre del Palazzo Pubblico di Siena, tolto nel 1780, che egli rinvenne, abbandonato e mezzo sotterrato, in un campo della Provincia Senese; egli fece dono della statua al Comune di Siena che, nel 1927, la colloco nel cortile del Palazzo Pubblico, dove si trova anche oggi.
Il Bianchi Bandinelli fu poi Professore incaricato di Archeologia e Storia dell'arte greca e romana nella Università di Cagliari (1929-30), straordinario della stessa materia nella Università di Groningen (1930-33), e ordinario nell'Università di Pisa (1934-38). Nel 1935 fondò la rivista «Critica d'arte», che diresse fino al 1942, attraverso la quale, prendendo le mosse dal Croce, segno un profondo rinnovamento negli studi sull'arte classica, superando la fase filologica e archeologica in una valutazione storico-estetica dell'opera d'arte e dell'artista.
Dal 1938 iniziò la pubblicazione dei «Quaderni per lo studio dell'architettura». Nel 1939 passo ad insegnare nella Università di Firenze, da cui si dimise però nel 1943 per non servire la Repubblica di Salo; in seguito a questo gesto, venne arrestato dai nazifascisti nell'aprile-maggio 1944. E' proprio nel periodo 1943-45 che egli matura le sue scelte politiche, che si traducono in aperto appoggio alla Resistenza e in adesione al Partito Comunista Italiano (settembre 1944). Frattanto, nel 1943, egli aveva pubblicato il suo libro forse più importante: «Storicità dell'arte classica» (2 ediz. 1950).
Dopo la liberazione venne reintegrato nel ruolo e riprese l'insegnamento. Nel 1945 fondò anche la rivista politico-letteraria «Società», di cui restò Direttore fino al 1948. Ancora nell'aprile 1945 ebbe l'incarico di Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti, da cui si dimise nel 1947, per protesta verso l'inerzia burocratica e la colpevole connivenza degli organi governativi nei confronti della progressiva distruzione del patrimonio artistico italiano. Nello stesso anno divenne socio nazionale dell'Accademia dei Lincei e dal 1947 al 1950 insegnò nell'Università di Cagliari.
Nel 1948 il Bianchi Bandinelli pubblica il «Diario di un borghese», in cui descrive, autobiograficamente, il passaggio di un intellettuale antifascista dal liberalismo al comunismo. Egli passa poi ad insegnare nella Università di Firenze (1950-57), e poi in quella di Roma (1957-64), da cui però ancora si dimette, per protesta verso la mancata riforma dell'ordinamento universitario. Frattanto, nel periodo 1959-63, è membro del Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti. Nel periodo 1958-66 è Direttore di redazione presso l'Istituto dell'Enciclopedia Italiana, e realizza la «Enciclopedia dell'Arte Antica, Classica e Orientale», di cui completa personalmente numerose voci, ed alla quale collabora anche Giovanni Becatti.
Nel periodo 1961-64 Ranuccio pubblica gli « Studi Miscellanei» del seminario di Architettura e Storia greca e romana; dal 1965 dirige la «Biblioteca Storica dell'Antichità»; nel 1967 fonda, insieme a un gruppo di giovani studiosi, la rivista «Dialoghi di Archeologia». Numerosissime sono anche le pubblicazioni posteriori a questa data. Tra l'altro, citiamo: «Rome. La fin de l'art antique» (1970); «Rome. Le centre du pouvoir» (1971); «Les Etrusques et l'Italie avant Rome» (1972, in collaborazione con A. Giuliano).
Altrettanto numerosi sono i riconoscimenti internazionali attribuitigli: Dottore «honoris causa» delle Università di Jena, di Berlino Est e di Bruxelles; socio straniero e corrispondente delle Accademie delle Scienze dell'U.R.S.S. e della Polonia, della Deutsche Akademie der Wissenschaften di Berlino, dell'Institut de France (Academic des Inscriptions), della K. Akademie van Wetenschaffen d'Olanda, della Norske Videnskaps-Akademi di Oslo, della Pontificia Accademia Romana di Archeologia; insignito della «Serena Medal» della British Academy di Londra. Come momento di impegno politico più specifico, sono da ricordare la presidenza dell'Istituto Gramsci, attivamente tenuta per lunghi anni, l'attività svolta come membro del Comitato Centrale e della Commissione Centrale di Controllo del Partito Comunista, e il notevole apporto dato alla stampa controllata dal P.C.I., in particolar modo a «Rinascita», «Il contemporaneo» e «L'Unità». Sul piano più strettamente locale, decisiva fu la sua collaborazione al piano regolatore del Comune di Siena, di cui fu Consigliere dal 1951 al 1956, come pure la sua partecipazione, dal 1971, ai lavori della Commissione Beni Culturali della Regione Toscana.
La morte lo colse il 17 gennaio 1975, interrompendo bruscamente il suo prezioso lavoro, portato avanti, con fermo stoicismo, pur nella consapevolezza della gravità del male da cui era afflitto.
Ci piace ricordare una pagina ancora viva e attuale del Bianchi Bandinelli, in cui egli rammenta agli intellettuali la necessità di un costante impegno ideale e di una tensione politica attraverso i quali la cultura possa contribuire alla trasformazione della società: «Non dimentichiamolo mai, noi che abbiamo il privilegio di svolgere il nostro lavoro nel campo dell'intelletto: che il nostro lavoro è possibile in quanto che nelle officine, nei campi e nelle miniere, esistono milioni di uomini che lavorano e che producono questa ricchezza sociale che permette a noi di avere i nostri libri, i nostri istituti..... All'operaio..... Il mondo dell'arte, dal quale la sua vita abitualmente lo tiene escluso, apparira misterioso. Ma non si creda che esso non possa essergli reso accessibile».