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PIETRO NELLI (1511 circa - dopo 1572)

elenco personaggi

Tratto da "Senesi da ricordare" di Marco Falorni.

Poeta satirico.

N. presso Siena, 1511/12 - m. forse a Siena, dopo il 1572

Fu autore delle «Satire alla carlona» (1546-47), nelle quali dipinse, attraverso vivaci macchiette e descrizioni talvolta anche eccessivamente prolisse, la società del suo tempo. Scrisse anche i «Sonetti e epigrammi» (1572).

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Tratto da "www.treccani.it" Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 78 (2013).

di Daniele Ghirlanda

NELLI, Pietro. – Si hanno solo scarne notizie sulla vita di questo poeta nato all’inizio del XVI secolo in una famiglia contadina della campagna senese.

Alcune indicazioni autobiografiche si ricavano dal primo libro delle Satire alla carlona (Venezia, Paolo Gherardo [C. da Trino], 1546), pubblicato sotto lo pseudonimo di Andrea da Bergamo, ove afferma che entrambi i genitori erano contadini, che il padre morì solo 20 giorni dopo la sua nascita e la madre poco dopo, e infine che, all’età di nove anni, fu adottato da Giustiniano Nelli, medico senese proveniente da una ricca famiglia di setaioli. A partire da alcuni riferimenti cronologici presenti nei testi, gli studiosi hanno collocato la data di nascita nel 1507 (Corso, 1954, pp. 37 s.) o nel 1511-12 (Cai, 1901, pp. 5-8; Falletti in Le disgrazie avventurate, 1980, p. 43). La seconda ipotesi è da preferire, soprattutto perché Giustiniano si sposò solo nel 1519 e pare strano che uno scapolo abbia adottato, seppure informalmente, un bambino. L’insolita adozione potrebbe indurre a credere che Nelli fosse figlio illegittimo di Giustiniano, ma non esiste alcuna prova in merito; è comunque probabile che fosse nato nei territori di Serre di Rapolano, dove i Nelli avevano i loro possedimenti.

Accolto nella nuova agiata famiglia, ricevette un’educazione di buon livello. Non abbiamo ulteriori notizie sulla sua giovinezza, ma sappiamo che ben presto lasciò Siena per il Nord Italia, probabilmente a servizio di un signore cui era stato raccomandato dal padre. Nel 1538 Giustiniano lo richiamò a Siena per prendere in mano il governo della famiglia. Giunse in città il 6 aprile e da principio venne accolto con freddezza, in seguito però mantenne buoni rapporti con i fratelli.

Non rimase a lungo a Siena; forse proprio a lui si riferisce Aretino in una lettera a Giustiniano del 15 novembre 1540, nella quale lo informa di aver ricevuto a Venezia una missiva portata a mano da un suo «parente» (1998, p. 229). A partire da questa data le poche informazioni che lo riguardano lo collocano quasi esclusivamente nell’ambito della città lagunare. Qui nel settembre 1546 furono stampate le Satire alla carlona, dedicate dall’editore Gherardo al nobile cipriota Eugenio Synglitico. L’anno successivo, sempre con lo pseudonimo Andrea da Bergamo, apparve il Sicondo [sic] libro delle satire alla charlona (Venezia, C. da Trino), dedicato dal curatore Iacomo Liorsi a Marchiò Zane.

La narrazione delle satire si svolge prevalentemente su fondali veneziani; in esse si fa riferimento a una vita travagliata, ad alcune traversie giudiziarie che portarono Nelli fino al tribunale delle Procuratie (episodio citato nella satira XII del primo libro, indirizzata a monsignor Fabio Mignanelli, legato papale a Venezia fra il maggio 1542 e l’agosto 1544) e anche a un esilio nelle montagne sopra Feltre, probabilmente causato da uno screzio con un indefinito potente e terminato grazie ai buoni uffici di un nobile protettore, Benedetto Barbarigo. Se si escludono i familiari, la maggior parte degli interlocutori delle satire appartiene alla borghesia o alla piccola nobiltà lagunare: il nobile Zaccaria Barbarigo, gli avvocati Buonfiglio, Basadon e Marchiò Zane.

Anche le rimanenti, episodiche, emergenze bibliografiche delle opere di Nelli sono riconducibili a Venezia o al Veneto: un sonetto in lode dell’autore premesso ai Ricordi di Sabba da Castiglione (Venezia, P. Gherardo, 1554); un sonetto compreso nell’antologia di Rime in lode di diversi nobilissimi et eccellentissimi autori in morte della signora Irene delle signore di Spilimbergo (ibid., D. e G. B. Guerra, 1561); un componimento laudativo inserito in Giacomo Balamio, In Porphirium institutiones (Padova, G. Giordano [L. Pasquato], 1562); un sonetto ne Il tempio della divina signora donna Geronima Colonna d’Aragona (ibid., L. Pasquato, 1568). Alcuni accenni a un ritorno in patria, non si sa quanto prolungato, si ricavano indirettamente da una lettera di Scipione Bargagli del marzo 1567, che postula la sua presenza a Siena (Corso, 1954, pp. 5, 79 s.) e da un sonetto inedito in lode dell’Accademia senese dei Ferraiuoli, fondata nel gennaio 1568 (ibid., p. 76).

L’ultima testimonianza tipografica consiste in una smilza raccolta di Sonetti ed epigrammi di m. Pietro Nelli senese (Venezia, G.A. Bindoni, 1572), in lode della vittoria di Lepanto. Si deve supporre che a quella data fosse ancora vivo e residente a Venezia; non si hanno notizie sul luogo e sulla data della sua morte.

La fama letteraria di Nelli è legata ai due libri di satire pubblicati sotto lo pseudonimo di Andrea da Bergamo, allusione evidente al facchino bergamasco, personaggio materiale e socialmente inferiore che appare spesso nella commedia veneta del Cinquecento e in seguito nella Commedia dell’arte. La tradizione della satira volgare, seppure molto recente, era ben consolidata. Il genere poteva oscillare tra due poli: l’uno aspramente critico dei vizi e dell’immoralità, risalente all’esempio classico di Giovenale, l’altro rivolto verso il modello oraziano di conversazione a sfondo morale, con un tono disincantato e dialogico, rifondato in volgare da Ludovico Ariosto. A quest’ultimo guarda di preferenza Nelli. Le satire, 16 nel primo libro e 26 nel secondo, sono composte come da tradizione in terzine e misurano mediamente intorno ai 200 versi. Il modello ariostesco suggerisce anche la struttura epistolare dei capitoli, tutti scritti in una prima persona identificabile con l’autore e rivolti a un interlocutore che appartiene alla cerchia dei familiari, degli amici o dei protettori. All’influenza ariostesca riconducono anche i rapporti intercorsi fra Nelli ed Ercole Bentivoglio, erede satirico di Ariosto e dedicatario dell’ultimo componimento del primo libro (XVI Le lodi del Bentivoglio).

Gli argomenti principali sono quelli topici della satira classicistica: l’ipocrisia delle donne, la vanità dell’amore, l’imperscrutabilità e l’arbitrarietà della giustizia, il malcostume pretesco, l’avidità fratesca e il nepotismo ecclesiastico. I temi religiosi sono affrontati con accenti erasmiani. Ma la satira non esaurisce l’estro letterario di Nelli. Il titolo della raccolta rimanda direttamente alle tradizioni del capitolo burlesco e del comico in commedia: la locuzione «alla carlona» appare anche nel Capitolo del debito di Francesco Berni, negli Straccioni di Caro e nel Marescalco di Aretino. Proprio ad Aretino, buon amico del padre Giustiniano, sono dedicate due satire del primo libro (XIII Del male del bene e XIV Del biasimo del bene). Nel secondo libro si affollano capitoli di schietto sapore burlesco con utilizzo costante di un linguaggio comico, del doppio senso e del bisticcio: elogi paradossali (I Lodi delle corna, III Lode della scortesia), grotteschi (VII La bellezza e utilità di un gran naso) e gastronomici (II Malvagìa, XVI Torta, XIX Fagiuoli), una chiara presa di posizione antibembesca (XXV A messer Iacopo Liorsi). Il tono burlesco non appare fine a se stesso, ma è lo strumento con cui il poeta riesce a perseguire finalità satiriche sotto lo scudo della libertà espressiva del codice comico.

Le satire di Nelli conobbero un discreto successo, come attestano l’immediata ristampa di entrambi i libri (Il primo e secondo libro delle satire alla carlona, P. Gherardo, Venezia, 1548) e la loro riproposizione a distanza di una ventina di anni (Il primo e secondo libro delle satire alla carlona, ibid., A. Viano, 1566); il solo secondo libro venne ristampato nel 1548 (Venezia, C. da Trino) e nel 1565 (ibid., B. e F. Stagnino). Le satire IX e X del primo libro vennero pubblicate a sé a Venezia in un volumetto dal titolo Le miserie et struscie de gli sventurati litiganti et insieme li peccatigli de gli avvocati (Venezia, s.n.t., s.d., con ogni probabiltà a ridosso della princeps). Otto capitoli di Nelli entrarono nell’antologia canonica della satira del Cinquecento allestita da Francesco Sansovino nel 1560 (Sette libri di satire, Venezia, F. Sansovino), più volte ristampata nel corso del secolo. A questa consacrazione seguì un lungo silenzio: le satire antologizzate da Sansovino vennero ristampate a cura di Gaetano Poggiali solo nel 1789 (Satire di Pietro Nelli, Francesco Sansovino, Gabriello Simeoni, Girolamo Fenaruolo, ed altri, Londra [Livorno]) e riprese nella Raccolta di poeti satirici italiani, a cura di G. Carcano, Torino 1853. Due satire inedite sono pubblicate in appendice a Corso, 1954, mentre la I (A messer Giustiniano Nelli) e la XII (Collegio a monsignor Mignanello legato) del primo libro sono edite modernamente in appendice a Floriani, 2000.

Altra opera di rilievo di Nelli pervenuta è la commedia Le disgrazie avventurate, scritta nel 1545 e firmata con il consueto pseudonimo di Andrea da Bergamo: è rimasta inedita nell’autografo Chigiano M.VI.13 della Biblioteca apostolica Vaticana fino alla riscoperta moderna (ed. a cura di C. Falletti, Roma 1980). La commedia, di buona fattura, è ambientata a Venezia e mette in scena una complicata vicenda che mescola gli elementi più comuni della tradizione comica latina (agnizioni, separazioni, matrimoni combinati e male assortiti, brighe dei servi a favore dei giovani padroni) con alcuni tratti più tipici delle commedie del pieno Rinascimento, che ricalcano le strutture narrative proprie della novella e affidano l’effetto comico al gusto toscano per il motto salace e a quello veneto per il plurilinguismo denotativo dei differenti caratteri scenici.

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