Tratto da "Senesi da ricordare" di Marco Falorni.
Poeta.
N. S. Gimignano, seconda parte sec. XIII, notizie dal 1305 - m. prima del 1332
Il Nostro si chiamava in realtà Jacopo di Michele; il suo soprannome va inteso come «fulgore» o «splendore», e gli derivò probabilmente dall'elevato tenore di vita e di costumi che conduceva. Fu forse uomo di Corte, o comunque appartenente ad una brigata nobile e cortese, che non è tuttavia da identificare, probabilmente, con la famosa «Brigata spendereccia» di dantesca memoria.
Di Folgore ci restano, oltre a un esiguo manipolo di sonetti sparsi, le due collane complete dei «Mesi» e della «Settimana», in cui egli canta, con vivaci e fresche descrizioni di scene colorite e paesaggi campestri, i diletti e le feste di ciascun mese e le occupazioni di ciascun giorno della settimana che allora usavano di fare le brigate cavalleresche.
Egli fu, in definitiva, l'interprete sensibile dei momenti più lieti della società borghese e signorile della Toscana del tempo; la sua poesia, limpida e gentile, rispetta il mondo delle cose semplici e respinge generalmente gli aspetti triviali della realtà, si ispira agli ideali cavallereschi e propone anche qualche schema e motivo che verrà successivamente ripreso dal Rinascimento, eppur tuttavia vi si riscontra, qua e là, una latente vena paganeggiante.
Nella poesia di Folgore sembra anche di ritrovare, talvolta, il pensiero e gli ideali che guidarono l'ispirazione dei maggiori pittori senesi del secolo, nelle loro più riuscite rappresentazioni di vita sociale.
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