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Giovanni di Lorenzo (Siena 1487?-1562)

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Rivista dell'Accademia dei Rozzi n. 41

Giovanni di Lorenzo (Siena, 1487?-1562). Artista, contradaiolo, devoto. di Patrizia Turrini

Le vicende umane e artistiche di Giovanni di Lorenzo “dipentore” si intrecciano con la storia della Repubblica di Siena, con la fondazione dell’oratorio della Contrada della Torre e infine con l’amministrazione dell’ospedale di Santa Maria della Scala, testimoniando l’intensa religiosità, il senso civico e la caritativa devozione di questo pittore verso la propria città, verso la contrada di appartenenza, verso i poveri, gli ammalati, i pellegrini e gli esposti accolti dal grande ente senese.

Giovanni di Lorenzo nasceva a Siena probabilmente il 14 giugno 1487: è difficile rintracciare l’atto di battesimo tra i non pochi che si riferiscono a un Giovanni di Lorenzo, dal momento che sia il nome sia il patronimico erano comuni; tra l’altro il cognome Cini, sotto cui talora è citato l’artista, non è presente in nessun documento coevo, trattandosi di una mera invenzione degli eruditi del sec. XIX. Quello che è certo è che Giovanni aveva un fratello, Alessandro, di mestiere ceraiolo e un nipote Lorenzo (indicato anche come Lorenzo Alessandrini), entrambi abitanti in Salicotto.

Nell’agosto 1531 aveva inizio l’edificazione in Salicotto della chiesa intitolata ai Santi Giacomo Maggiore e Cristoforo in memoria della vittoria di Porta Camollia. I padri leccetani della parrocchia di San Martino concessero agli abitanti la licenza di edificare un oratorio. La Balìa donò agli abitanti ‘desiderosi di costruire un oratorio in Salicotto’, capeggiati da Giovanni di Lorenzo, calcina, denari, nonché i materiali del diroccato “Torrazzo” di San Prospero e del distrutto monastero di San Prospero. Gli animosi uomini delle due contrade di Salicotto, fra i combattenti della vittoriosa battaglia, contribuirono con offerte in denari e con la fattiva opera materiale e organizzativa, testimoniata nel “libro maggiore” della chiesa di San Giacomo.

Tra i primi operai della chiesa, appunto maestro Giovanni di Lorenzo, abitante dal 1526 in Salicotto, il quale si impegnò fortemente per l’edificazione dell’oratorio, in cui per anni prestò la sua assidua gratuita opera e che si distinse immediatamente per un gesto generoso, rinunciando nell’agosto del 1531 a favore della chiesa al compenso di 12 lire spettante “da deta chontrada per dipentura di una bandiera de’ Liofante, fata più tenpo fa”: conferma inconfutabile della indissolubile connessione tra la chiesa/compagnia laicale di San Giacomo e la contrada che riuniva gli abitanti di Salicotto di sopra e di Salicotto di sotto e svolgeva le sue attività in campo ludico almeno dal 1506 sotto il simbolo dell’Elefante.

Questo legame è avvalorato anche dall’antica campana di bronzo dell’oratorio, databile attorno al 1532, firmata da Antonio da Siena e ottenuta secondo tradizione dalla fusione delle artigliere conquistate ai fiorentini nel luglio 1526: nell’oggetto sono scolpiti – probabilmente su disegno di Giovanni di Lorenzo, come mi sento di ipotizzare - sia l’aggraziata immagine della Vergine Immacolata, sia l’animale totemico, l’elefante turrito, il cui castellotto sul dorso con merlatura guelfa richiama la torre del Mangia e preannuncia il nome moderno della contrada, quello della Torre. L’elefante turrito potrebbe essere simile a quello della coeva bandiera dipinta da Giovanni di Lorenzo.

Per l’edificazione dell’oratorio in Salicotto si impegnarono vari artisti e artigiani contradaioli: oltre a Giovanni di Lorenzo, il pittore Paolo di Domenico detto Ingrana, lo scalpellino Bernardino di Giacomo, il maestro muratore Girolamo… che hanno influenzato lo stile della costruzione originaria. Insieme a loro alcuni abitanti che amministrarono la chiesa e in alcuni casi furono a capo, così come gli artisti, delle due compagnie militari territoriali (Salicotto di sopra, Salicotto di sotto). Il completamento dei lavori avvenne comunque in tempi abbastanza lunghi, sia per le difficoltà economiche, sia per quelle politiche in cui si dibatteva la Repubblica ormai in agonia.

Nel 1531 era acquistata una parte della casa sulla quale veniva “fondata” la chiesa (alla stipula dell’atto notarile la compagnia/contrada era rappresentata anche da Giovanni di Lorenzo); il camarlengo Alessandro di Lorenzo (fratello del pittore) annotava il pagamento al maestro Girolamo (poi priore della contrada) che aveva tolto i mattoni dal “Torrazzo” di San Prospero e li aveva portati in Salicotto; pagava anche i maestri Matteo e Andrea, che avevano iniziato la costruzione fino al “ballatoio” e alle facciate.

Per l’anno 1532/1533 il camarlengo, Pietro di Memmo Buonvisi, annotava una serie di contribuzioni volontarie degli abitanti di Salicotto, uomini e donne. Intanto Giovanni di Lorenzo, nel primo semestre del 1532, era capitano della compagnia militare di Salicotto di sopra. Tutto serviva per incrementare le entrate: il 6 maggio 1532 si ricavarono 5 lire dalla vendita della pelle del toro ucciso nella tauromachia ad opera della contrada dell’Elefante.

Nel successivo luglio la Balìa donava alla compagnia dell’ospedaletto dei Santi Giacomo e Cristoforo nella contrada di Salicotto 50 fiorini, residuo dei 100 assegnati; stabiliva anche che la Biccherna facesse in perpetuo un’offerta di cera alla chiesa, il giorno della festa dei Santi Giacomo e Cristoforo. Negli anni 1533-1535 continuavano i lavori sovvenzionati tramite una “cassa della fabbrica”, formata dalle offerte dei generosi abitanti. Era comunque uffiziata una prima chiesetta, sebbene la costruzione non fosse ancora completata. Nel maggio 1534 venivano pagate 60 lire per una casa comprata dalla compagnia di San Giacomo.

Nel 1535 si provvide a “intondare” la sagrestia. Nel giugno di quell’anno la Balia donava agli uomini di Salicotto, rappresentati sempre da maestro Giovanni di Lorenzo, moggia di calcina. Fra i vari benefattori il priore, il camarlengo e il sindaco, oltre a vari abitanti, alcuni in passato ufficiali della compagnia, altri probabilmente appartenenti a quel tempo al capitolo. Entro il 1535 è databile la Vergine fra i Santi Giacomo e Cristoforo, dipinta da Giovanni di Lorenzo per l’altare maggiore della chiesa e dotata in quell’anno di due corone d’argento per la Vergine e per il Bambino portato sulle spalle da San Cristoforo (oggi sull’altare laterale destro) (Il quadro fu spostato sull’altare laterale destro dopo il 1605 (data in cui fu realizzato il quadro di Rutilio Manetti, Il martirio di San Giacomo Maggiore, appunto per l’altare maggiore, su commissione della Contrada della Torre); fu dotato nel 1872 di una cornice lignea, opera dell’intagliatore Pasquale Leoncini;).

In questa piccola pala il maestro riprende l’aggraziata posa della Vergine della tavola di San Martino. Tra ottobre e novembre 1535 venivano acquistati i correnti, i docci e i comignoli per il “tetucio” della chiesa. Nel gennaio 1536 un’altra partita dei “rochioni” donati dalla Balìa erano portati da San Prospero a Salicotto.

L’oratorio era terminato nel 1536, come ricorda ancora oggi una lapide marmorea; i festeggiamenti ebbero il sostegno economico, tra gli altri, di Giovanni di Lorenzo.

Nel 1537 si iniziava a celebrare anche la ricorrenza di Sant’Anna (26 luglio). Attorno al 1539, in occasione della prima missione gesuitica a Siena, tre padri spagnoli furono ospitati prima personalmente da Giovanni di Lorenzo, e poi, grazie ai buoni uffici del pittore, in una “casa ospitaliera” contigua alla chiesa di San Giacomo, in cui forse soggiornò anche Ignazio da Loyola, fondatore della compagnia di Gesù in seguito santificato. Lo stesso Giovanni di Lorenzo fu capitano della compagnia militare di Salicotto di sotto nel 1541, 1544, 1546 e nel 1549 ed era detto Bianco o “Albus”, probabilmente perché vestiva di bianco per un voto.

Intanto, per tornare alle vicende artistiche, Giovanni di Lorenzo realizzava nel 1534 una tavoletta di Biccherna dedicata all’incoronazione a pontefice di Paolo III; inoltre negli stessi anni un desco con il Giudizio di Paride, un desco con Diana e Atteone e un cassone sempre con il Giudizio di Paride, opere assegnategli da Marco Ciampolini insieme alla decorazione della cappella nella villa di Belcaro e a una lunetta nella villa di Montosoli a Montalcino. Sempre del maestro un delicato tondo, oggi in Collezione Chigi Saracini, con La Natività di Gesù, tema replicato in una tavola della Pinacoteca Nazionale con ambientazione notturna, e la mistica e devozionale Madonna Assunta, posta entro una mandorla e circondata dagli Angeli dell’oratorio della confraternita di San Rocco, oggi della Contrada della Lupa.

Tra il 1542 e il 1544 Giovanni di Lorenzo continuava a dipingere stendardi; tra i molti perduti, si conservano ancora otto grandi bandelloni realizzati nel 1544 per la cappella che l’Arte della lana aveva nella chiesa del Carmine.

Del 1545 un’austera tavoletta di Biccherna dedicata alle stimmate di Santa Caterina da Siena. Nel settembre dello stesso anno sono registrate nel libro di entrata e uscita della Contrada della Torre le spese sostenute dal maestro per l’acquisto di materiali pittorici, probabilmente per restaurare la tavola realizzata un decennio prima, a dimostrazione della continuità del suo rapporto con la chiesa/contrada.

Da sottolineare che l’opuscolo di Cecchino Cartaio stampato nel 1546 - dove è descritta la caccia ai tori celebrata nell’agosto di quell’anno in onore dell’Assunta, alla quale parteciparono ben sedici delle attuali diciassette contrade – riprendeva la xilografia, attribuita a Giovanni di Lorenzo, che apriva il libretto con la narrazione della battaglia del luglio 1526. Divise e macchina totemica della Contrada della Torre per quella famosa caccia potrebbero essere state ideate dal nostro artista che nella prima metà di quell’anno era stato di nuovo capitano della compagnia di Salicotto di sotto.

La sparizione di Giovanni di Lorenzo dalla scena artistica e civile di Siena dopo il 1551 – in quell’anno stimava, insieme a Domenico Beccafumi e a Giorgio di Giovanni, alcuni lavori dello Scalabrino per la compagnia laicale della Morte - aveva fatto ipotizzare che il maestro si fosse ritirato in campagna o fosse morto. Tuttavia, come attesta documentazione recentemente rintracciata da Gabriele Fattorini, visse ancora un decennio all’interno del grande Ospedale di Santa Maria della Scala, in linea con l’intensa devozione in precedenza professata e che tra l’altro lo aveva portato a ospitare i Gesuiti e a indossare per un voto una veste bianca. Il 1° giugno 1552 infatti il capitolo dell’Ospedale, presieduto dal vicerettore Scipione di Mariano Venturi, accettava “Giovanni di Lorenzo dipentore” come oblato, “cioè la persona sua con tutti li beni che da hoggi in là per esso si aqquistaranno”.

Il Venturi aveva preso la guida dell’Ospedale nell’aprile 1552 ma per rispetto del precedente rettore Francesco Salvi, tuttora in vita anche se di età decrepita, era denominato soltanto vicario; sarà rettore effettivo dal marzo 1556. Fra Giovanni di Lorenzo fu apprezzato all’interno della famiglia dell’Ospedale, tanto che il 6 aprile 1554 fu eletto camarlengo ed esercitò questa delicata e impegnativa carica (la terza dopo quelle di rettore e di vicario) per oltre otto anni che comprendono quelli assai difficili della guerra e caduta di Siena, quando l’Ospedale fu costretto dai governanti e dal colonnello Biagio di Monluc ad assumere decisioni davvero dolorose come cacciare dalla città fra le cosidette “bocche inutile” non pochi esposti e orfani, contravvenendo a secoli di misericordiosa protezione esercitata verso questi bisognosi.

Furono anni in cui Scipione Venturi cercava in ogni modo di procurare il grano per tentare di sfamare i suoi sottoposti e i cittadini, predisponeva la cura dei soldati feriti, cercava di riorganizzare l’ente e, dopo la conquista di Siena, doveva difendersi dalle accuse dei suoi detrattori come persona del passato regime poco gradita al nuovo signore Cosimo de’ Medici. Tutto questo è in parte testimoniato anche dai registri di entrata e uscita scritti con l’elegante e un po’ arcaizzante grafia di Giovanni di Lorenzo, il quale apre così le annotazioni: “Iesus. 1554. Qui di sotto a la lode di Dio et della Immaculata Madre Maria Santissima Maria sarà scrita la intrata di me fra Giovanni di Lorenzo al presente kamarlemgo de l’hospitale di Santa Maria de la Scala, electo da messer Scipione nostro vicario, incominciando questo dì cinque d’aprile anno detto”.

La sua continuativa attività come camarlengo comportò certamente il rallentamento e forse la sospensione dell’attività di pittore. Alcune notizie di vita quotidiana risultano dal libro dove sono registrate le spese per l’abbigliamento degli oblati: “1554. Fra Giovanni di Lorenzo al presente nostro camarlengo per conto de sue vestimenta adì XXI d’aghosto, per una biretta […] e per um paro di pianelle aute da maerstro Antonio calzolaro”.

Nel dicembre dell’anno successivo erano annotate spese per più vesti e accessori adeguati al ruolo ricoperto, “per uno ghabbanicchio e uno mongile monachino e per uno birettino di taffetà e per uno cappello negro di feltro con cordone di seta e uno berrettino di lana e uno paro di ghuanti di lana e uno centolo, cum paro di calzini, cum paro di pianelle di panno”; negli anni successivi, sempre a spese dell’Ospedale, fu ‘rifatto una sua pelliccia”, inoltre furono comprati altri calzini, due cappelli, di cui uno “con la bavara da calchare” e un altro di taffettà proveniente da Firenze, a dimostrazione di una certa dignitosa eleganza.

Nel 1562 Giovanni era ancora il camarlengo dell’Ospedale e compilava personalmente con la massima cura il registro di entrata e uscita fino al 28 novembre di quell’anno. Da quella data, per pochi giorni, “per avere male frate Giovanni nostro camarlengo”, le poste furono registrate dal rettore, che dall’8 marzo 1562 era Girolamo di Giovanni Biringucci scelto da Cosimo de’ Medici.

Come è annotato nel “registro dei vestimenti” la morte coglieva Giovanni di Lorenzo il 5 dicembre 1562: “Nota come è piaciuto al Magno Iddio tirare a sé a la benedetta anima del devoto frate Giovanni camerlengo addì V di dicembre, la notte seghuente circha a ore XII, ed è stato grande danno di questa casa e dolore del rettore e frati at altra fameglia di casa. Iddio l’abbi racholto fra l’anime benedette in paradiso”. Un mese dopo era eletto il nuovo camarlengo dell’Ospedale, frate Francesco “allevato di casa”.

Il 2 agosto 1565 il camarlengo della chiesa di San Giacomo Cerbone Galli riscuoteva 4 lire di pigione della parte di casa lasciata dalla “buona memoria di Giovanni di Lorenzo dipentore”, il quale aveva disposto un generoso lascito testamentario a favore della chiesa che aveva contribuito a fondare.

L’oratorio, edificato per volontà degli abitanti e in gran parte con le loro oblazioni, era sentito orgogliosamente di proprietà della contrada: nel 1575 Giovanni Domenico, “unum ex dicta contrata”, nell’accogliere il visitatore apostolico monsignor Bossio sull’ingresso di San Giacomo, gli chiarì subito che la chiesa non apparteneva a una confraternita, ma alla contrada: “Questa non è compagnia, ma la Contrada qui di Salicotto”. La costruzione originaria è stata in parte trasformata alla metà del sec. XVII a seguito dei lavori per il mangano posto nelle volte della chiesa. Gli ultimi restauri dell’oratorio sono stati effettuati nel 2002-2003.

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