Tratto da "Senesi da ricordare" di Marco Falorni.
Letterato, ecclesiastico.
N. Asciano, forse 1492 - m. Roma, 1556 circa
Il Tolomei è una figura fondamentale nella storia della moderna lingua italiana; fu geniale precursore di idee e di formulazioni linguistiche che troveranno applicazione, ufficializzata e corrente, solo in epoche a lui molto posteriori.
Dopo aver studiato Giurisprudenza nell'Università di Bologna, fu lettore di Diritto Civile nell'Università di Siena (1516-18); di questi giovanili interessi giuridici, rimane traccia nella sua unica opera latina, «De corruptis verbis iuris civilis» (forse 1516), mentre sono andate perdute le «Disputationes et paradoxa iuris civilis».
Claudio fu tra i fondatori dell'Accademia senese degli Intronati, e dall'interno di questa associazione partecipò attivamente alle polemiche linguistiche del tempo. Passato a Roma, fu al servizio di Ippolito de' Medici (la qual cosa gli costerà l'ira dei suoi concittadini), e poi di Pier Luigi Farnese, sotto il quale divenne (1545-47) Presidente del Supremo Consiglio di Giustizia del Ducato di Parma e Piacenza. Per quanto concerne la carriera ecclesiastica che aveva intrapreso, nel 1549 fu creato Vescovo di Curzola.
Nel 1551, richiamato con tutti i diritti a Siena, da cui era stato bandito nel 1526 come filo-mediceo, fu inviato dalla Repubblica come ambasciatore in Francia, in un momento in cui i rapporti con quel Regno rivestivano una particolarissima importanza, dato l'evolversi della situazione internazionale; in Francia il Tolomei restò fin quasi alla morte, e vi svolse anche l'ufficio di Vescovo di Tolone.
La testimonianza della sua viva partecipazione alle vicende politiche e artistiche del tempo ci viene dalle eleganti orazioni politiche (in parte inedite) e dalle numerosissime lettere (raccolte, per la maggior parte, in un volume che ebbe 18 edizioni tra il 1547 e il 1829; altre inedite). Ci piace qui ricordare il testo di una curiosissima lettera che faceva parte della copiosa corrispon-denza tenuta dal Tolomei con Giovanni Maria Benedetti: «Vi scrissi, e non fu scrivere, perché vi scrissi senza aver che scrivervi, né senza materia da scrivere si può veramente scrivere: e chi vi scrive senza sostanza di scrivere, scrivendo non scrive. State sano, e se pur volete che io vi scrivi, scrivete».
Ma i lavori più importanti del Tolomei sono le sue opere di storico della lingua e della poesia volgare. Egli fu il primo ad attuare una vera riforma dell'ortografia italiana (ed in polemica con Giangiorgio Trissino rivendicò addirittura la priorità dell'idea, nel dialogo «Il Polito», pubblicato nel 1525 sotto il nome di Adriano Franci) e della grafia riformata, tecnicamente quasi perfetta.
Dal desiderio di dimostrare la piena maturità letteraria della lingua volgare, nacquero i «Versi et regole de la nuova poesia toscana» (1539), volume miscellaneo, frutto della collaborazione del Tolomei con numerosi seguaci, nel quale erano contenuti i precetti per l'adattamento della metrica quantitativa alia lingua italiana, nonché saggi di versificazione. Un saggio di applicazione di queste nuove regole lo possiamo trovare nella prima edizione delle «Lettere» (1547).
Nel 1555 il Tolomei, pubblicando il dialogo «Il Cesano», scritto quasi trenta anni prima, intervenne nelle accese polemiche sulla fiorentinità o italianità della lingua, sostenendo decisamente la tesi intermedia della toscanità.
Altra opera molto significativa, ma per la maggior parte ancora inedita, è il «Trattato della lingua toscana», del quale si conserva soltanto una copia; si tratta di una raccolta di scritti grammaticali costituenti la prima vera grammatica storica italiana. In essi viene analizzata la derivazione dei suoni italiani da quelli latini, tenendo distinta la tradizione dotta da quella popolare, secondo criteri che, dimenticati per secoli (salvo che dal conterraneo Celso Cittadini), sono stati poi gradatamente ripresi e quasi totalmente confermati dalla linguistica moderna.