Pittore, architetto e scenografo nato a Siena nel 1481 e morto a Roma nel 1536. Sulla primitiva formazione pittorica locale, influenzata dal Pinturicchio della Libreria Piccolomini e dall'attività senese del Sodoma, e ravvisabile ancora nei primi dipinti romani (affreschi con storie della vita di Maria in Sant'Onofrio, 1506) si innestarono a Roma - ove si trasferì nel 1503 - la lezione classicheggiante di Raffaello, con il quale collaborò poi nella Stanza di Eliodoro nelle Stanze Vaticane, e lo studio diretto dell'arte romana.
Entrato nel 1505 nello studio di Bramante, si interessò infatti assiduamente all'analisi delle antichità, traendo una gran mole di disegni e rilievi, in gran parte da utilizzare per un libro sulle antichità di Roma e per un commentario a Vitruvio che però Peruzzi non completò mai, lasciando il materiale grafico a disposizione degli allievi, in particolare Sebastiano Serlio.
I riferimenti classici costituiranno la solida base comune alle sue molteplici attività di scenografo, decoratore di apparati effimeri e soprattutto di architetto, a partire dalla sua più celebre creazione romana, la villa Farnesina del banchiere senese Agostino Chigi, progettata tra 1506 e 1509.
Nella stessa villa, inoltre, Peruzzi lavorò anche come pittore, decorando con affreschi diversi ambienti tra 1509 e 1511: la stanza delle Prospettive, la saletta con il fregio mitologico e la loggia di Galatea, con l'oroscopo del committente dipinto sulla volta. L'attività di pittore proseguì parallelamente a quella di architetto: nel 1516 affrescava la cappella Ponzetti in Santa Maria della Pace e nel 1518 partecipava al concorso per la facciata di San Giovanni dei Fiorentini.
Dal 1520 iniziò a lavorare come coadiutore di Antonio da Sangallo il giovane, architetto della Fabbrica di San Pietro, ma il Sacco di Roma lo costrinse nel 1527 a fuggire dalla città riparando nella città natale, ove sovrintese alle fabbriche senesi, occupandosi non solo di progetti per palazzi cittadini ma anche del Duomo e delle fortificazioni.
Di nuovo a Roma, costruì per l'amico Blosio Palladio la villa alle pendici di Monte Mario e per la famiglia Massimo il palazzo alle Colonne dalla caratteristica facciata curva, ottenendo nel 1534 l'ambita carica di architetto capo della Fabbrica di San Pietro, ricoperta fino alla morte (1536).