Tratto da "Senesi da ricordare" di Marco Falorni.
Musicista.
N. Sinalunga, 07/06/1829 - m. Siena, 22/01/1913.
Il Formichi, che fu abile pianista e concertista, visse a Siena, dove ebbe una serie di importanti incarichi; fu Maestro di Cappella della Cattedrale, Direttore della Società Orchestrale Senese, Direttore della Banda e della Scuola Comunale di Musica di Siena, Maestro concertatore e Direttore d'orchestra dei teatri cittadini.
Scrisse numerosi lavori di genere leggero, ma la sua opera principale resta la celeberrima «Marcia del Palio», scritta nel sec. XIX sulla base di antichi testi, che accompagna il corteo storico precedente il Palio, molto imitata, ma mai uguagliata, nei suoi effetti, da Maestri di altre città.
Tratto da "Il Cittadino online" del 5 giugno 2009" articolo di Giovanni Gigli.
Si narra che un primo abbozzo della "Marcia del Palio" musicata dal maestro Pietro Formichi sia stato spedito a Richard Wagner, ospite senese del Barone Sergardi nella villa di Torre Fiorentina nel settembre del 1880, periodo in cui Formichi era già direttore della Banda Municipale di Siena.
Il musicista senese però si vide riportare indietro il plico dello spartito ancora intatto. Sembra che il compositore tedesco dall'alto del suo prestigio non avesse neanche preso in considerazione il brano musicale, ben lontano dalle drammatiche sonorità mistiche del Parsifal di cui cercava l'ispirazione a Siena. Forse è solo una leggenda, ma a pensarci bene è abbastanza plausibile che i due si siano anche incontrati, dato che Formichi è stato Maestro di Cappella del Duomo ed è difficile pensare che durante le visite meditative di Wagner all'interno della Cattedrale, il Nostro si sia lasciato sfuggire l'occasione per parlarci. Oggi, comunque, possiamo ritenerci fortunati nel constatare che il maestro senese non si sia fatto scoraggiare dall'atteggiamento contrariato del famoso musicista tedesco.
Pietro Formichi era nato a Sinalunga nel 1829 ma ben presto si trasferì a Siena per completare i propri studi musicali. Mentre si fa apprezzare come pianista e direttore d'orchestra nei teatri senesi arriva il primo incarico ufficiale che è, appunto, quello di Maestro di Cappella del Duomo. Nel 1879 è chiamato a dirigere la "Scuola di musica e solfeggio" (l'attuale "Rinaldo Franci") e la Banda Municipale ad essa collegata, incarico che lasciò nel 1895, sostituito proprio dal Franci.
La produzione musicale di Pietro Formichi conta numerose opere che spaziano dalla musica da ballo (mazurke, tarantelle, minuetti e valzer), alle composizioni romantiche per pianoforte (da segnalare anche "Ricordo di Siena"), dalle libere trascrizioni di opere famose (tra cui il "Lohengrin" di Wagner di cui era grande ammiratore) alle marce in stile risorgimentale. Una esatta elencazione di tutta l'opera di questo appassionato e proficuo compositore - molte delle quali pubblicate da Ricordi - non esiste, ma lo studioso Marcello Cofini ne conta oltre 150.
Formichi morì a Siena il 22 gennaio del 1913 nella sua casa in via S. Pietro. La cerimonia funebre, per espresso desiderio del Maestro, si svolse in maniera semplice e vi parteciparono molte autorità cittadine e del Comune di Sinalunga, personalità quali il Conte Guido Chigi Saracini e Luigi Bargagli, i paggi della Tartuca e dell'Oca ma nessun rappresentante del Comune di Siena. A Pietro Formichi in segno di riconoscenza per la propria attività comunque è stata intitolata una via fuori Porta Pispini.
Se difficilmente le opere musicali di Formichi trovano spazio nei programmi musicali dei Teatri italiani di certo la "Marcia del Palio" sebbene non sia la sua più pregevole composizione, rimane la sua opera più famosa ed anche la più suonata.
Tutti sono concordi nello stabilire come anno di introduzione della "Marcia" nel Corteo Storico il 1885 ma il "Libero Cittadino" indica nel Palio straordinario del 1887, corso per la visita dei Reali a Siena, la data d'esordio. Da un punto di vista musicale si tratta di una composizione in 2/4 per fanfara, ovvero per formazioni bandistiche dotate esclusivamente di ottoni, e si rivela subito molto più adatta delle musiche medievali che venivano suonate in precedenza sul Campo. Alla "Marcia del Palio" furono, in un secondo tempo aggiunte le parole ("Squilli la fè") grazie all'estro poetico di Idilio dell'Era al secolo Don Martino Ceccuzzi, testo poi rivisto da Mons. Bruno Ancilli. La composizione musicale del Maestro Formichi si inserisce nei tempi del Corteo Storico, punteggiato dai rintocchi di Sunto, in maniera perfetta, aumentandone il pathos e l'attesa per la corsa. E' un equilibrio di melodia e solennità ed in questo senso è stato ricosciuta a Formichi una certa modernità rispetto alle precedenti produzione, in cui si prediligeva la marzialità militaresca. L'esecuzione più emozionante per un contradaiolo, probabilmente, è quella che la Fanfara suona il giorno del Palio all'interno del Palazzo della Prefettura ove l'acustica del luogo circoscritto è esaltata dal porticato, mentre quella meno ascoltata - per ovvie ragioni - è senza dubbio l'esecuzione effettuata al termine del Palio, dopo lo scoppio del mortaretto. La melodia è esaltata dall'anima struggente ed eroica delle note del Maestro Formichi il quale, possiamo affermare, sta a Siena come Mameli all'Italia.
Il Comitato Amici del Palio, custode delle più autentiche tradizioni del Palio, ha opportunamente curato negli anni la memoria di questo importante musicista senese. L'atmosfera enfatizzante che riesce ad evocare è tale che negli anni '50 dello scorso secolo, il Comitato Amici del Palio intervenne per denunciare l'uso improprio di cui era oggetto nei montaggi dei cinegiornali della "Settimana Incom". La "Marcia" difatti veniva utilizzata per accompagnare le immagini di qualsiasi sagra o manifestazione folcloristica della nostra penisola. Inoltre nel 1978, nel trentennale della fondazione dell'ente intercontradaiolo fu eseguito un primo restauro della tomba del Maestro presso il Cimitero Monumentale della Misericordia. Adesso il bassorilievo e la lapide, opera di Fulvio Corsini (valente artista senese autore anche della fontana del Monte dei Paschi in Via Montanini) ha ancora bisogno di cure ed è per questo che il Comitato Amici del Palio, in collaborazione con la Misericordia di Siena, ha deciso lodevolmente di finanziare l'intervento di manutenzione, come ha annunciato il Presidente Francesco Boschi durante il Banchetto Annuale svoltosi lo scorso aprile nella Nobile Contrada dell'Aquila. Un gesto di premurosa attenzione e di gratitudine nei confronti di un compositore che ha scritto, oltre cento anni fa, la colonna sonora del Palio.
Tratto da "Siena News .it" articolo di Duccio Balestracci.
Quando il sommo Wagner smusò la Marcia del Palio e il maestro Formichi
Lui era nato a Sinalunga, il 7 giugno del 1829 e studiò musica, tanto da diventare, a metà dell’Ottocento, Maestro di Cappella del Duomo. Il Lui di cui si parla era Pietro Formichi, autore della musica più cara ai senesi, la Marcia del Palio, che fa parte del DNA di chi è nato da queste parti e che, infatti, i bambini imparano a cantare come prima canzone, giusto subito dopo il “si sa che ‘un lo volete”.
Per la verità, Formichi praticava in tutt’altro modo il pentagramma: componeva pezzi sacri (come richiedeva il suo ruolo in cattedrale) e, per questi, era anche considerato un eccellente autore. Chi ha esaminato le sue partiture non ha avuto difficoltà a dichiarare che Formichi può tranquillamente reggere il confronto con altri celebri compositori di musica da chiesa a lui coevi. Era, peraltro, un pianista eccezionale e la sua produzione di musiche per pianoforte è sterminata. La sua bravura lo portò, oltre che al già ricordato incarico in cattedrale, anche a rivestire il ruolo di Maestro di Cappella e Direttore della Scuola di Canto dell’Opera di Provenzano, in un’epoca in cui, almeno dal Settecento, nel tratto di strada che va dal Duomo a Provenzano era passata e passava una musica che può, senza amore per l’enfasi, annoverarsi fra le più rilevanti a livello europeo.
La sua capacità artistica si espanse a tutto tondo: non solo nella musica sacra, ma anche in quella profana Formichi lasciò il segno. Fu direttore della Società Orchestrale Senese, concertatore e direttore d’orchestra per i teatri cittadini, direttore della Banda Musicale Senese e maestro della Scuola di Musica del Comune.
Le sue capacità gli vennero riconosciute: in vita godeva della generale stima dei musicofili e dei critici. Rinaldo Morrocchi (autore, a fine Ottocento, di una preziosa “schedatura” dei musicisti senesi dalle origini alla sua epoca) lo definisce “distinto compositore” e, proprio lui, ricorda che il Formichi fu, per il suo lavoro di artista, insignito della croce di Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia.
Ebbene: di tutta la sua vasta e pregevole produzione musicale, oggi, non se ne frega più niente nessuno (ed è una vergogna, se posso chiosare) perché la sua fama è legata, come s’è detto, alla Marcia del Palio che, dal punto di vista musicale è un divertissement. Il fatto è che a fine Ottocento c’era da mettere una pezza a quell’indecente colonna sonora che accompagnava il Corteo Storico, fatta di musichette popolane, polke, canzonette e altre pacchianate da fiera paesana, perfettamente intercambiabili con quelle di qualsiasi fiera di maiali o sagra della fett’unta e del salcicciolo. E il Formichi si applicò a scrivere una musica che potesse apparire compatibile con il rinnovato complesso estetico della coreografia paliesca.
Il brano, in teoria, avrebbe dovuto rispettare la contestualizzazione “medievale” che, all’epoca già aveva assunto il Corteo Storico, sull’onda della fòtta del medievale che aveva contagiato architettura, letteratura, pittura, opera lirica, estetica, feste e cervelli. Tuttavia, anche un orecchio non esercitato e ignaro di filologia musicale percepisce subito che, nella Marcia del Palio, di medievale c’è di molto poco e che anche lei risulta figlia di un Medioevo di cartapesta: guardate gli strumenti che la eseguono. Ci sono le chiarine, e va bene, quelle nel Medioevo ci stanno in pieno. Poi, però, ci sono gli strumenti che interpretano la parte dopo gli squilli. E qui si scazza di brutto. Ci sono le trombe a pistone: le trombe a pistone nascono nel primo ventennio dell’Ottocento. Ci sono i flicorni: ora, i flicorni per come li vediamo sfilare nel corteo, sono frutto dell’elaborazione di Adolphe Sax negli anni Trenta dell’Ottocento. Ci sono gli strumenti della famiglia dei bassi-tuba: la prima tuba venne costruita a Berlino da Johann Moritz nel 1836. Cioè, sono strumenti musicali elaborati quando il Medioevo era un pezzetto che era finito. Ma non importa, né – men che meno – importava allora. Era un brano gradevole, che piacque e piacque anche di più quando Idilio dell’Era (nome d’arte del sacerdote don Martino Ceccuzzi, nato nel 1904 e morto nel 1988) vi applicò i versi che tutti oggi cantiamo. Il prodotto complessivo finale risultò vincente, convincente e coinvolgente, oltre che estremamente emozionante e, oggi, depurato dall’originale effetto “marcetta”, anche solenne da quando il maestro Mario Neri, nella seconda metà del ‘900, lo ristrumentò e lo “rallentò”.
Formichi, paradossalmente, rimediò, con la Marcia del Palio una bella smusàta da Richard Wagner al quale, durante il soggiorno senese dell’illustre maestro (dal 24 agosto al 30 settembre del 1880, presso la villa del barone Sergardi a Torre Fiorentina) il maestro senese si premurò di inviare lo spartito della Marcia del Palio per avere un suo commento. Wagner – che era un immenso della musica, ma che, almeno in quest’ occasione, si dimostrò anche un immenso snob cafone – rimandò al mittente la partitura senza una riga di risposta o di commento e senza nemmeno un messaggio verbale per l’autore. Si, va bene, che era impegnato ad andare in deliquio in Cattedrale davanti alle architetture interne e a farsi venire in mente, di fronte a esse, il finale del Parsifal (una roba che fa venire la pelle d’oca anche a un torraiolo, da quant’è emozionante), ma almeno due righe, un commento… al limite un “maestro Formichi sa che ci deve fare con questo spartito, vero?” (l’immortale frase di Totò nel film di Steno, 1962, “I due colonnelli” era ancora di là da venire). Invece niente.
Non si sa come l’abbia presa il Formichi, se ci sia rimasto male o abbia scrollato le spalle, ma è un fatto che di certo non si scoraggiò. La Marcia del Palio aspettò il momento del suo debutto e quel momento arrivò nel 1885 quando fu eseguita per la prima volta in Piazza (ah: da qualche parte si legge che i senesi la sentirono per la prima volta nel 1887, quando a Siena arrivarono i reali d’Italia. Ci sono testimonianze che, invece, dicono che l’esordio è databile già due anni prima. Io mi attengo a quest’ultima tradizione che ho riportato in “Il Palio di Siena. Una festa italiana”, edito da Laterza, pp. 151-152. Lo avete letto, vero?).
Per inciso: gli squilli del Carroccio, invece, risalgono al 1904 e sono opera di Salvatore Giaretta. Così, tanto per saperlo.
Formichi morì nel 1913, ma la sua Marcia del Palio lo ha reso immortale perché è diventata un’icona di Siena, che Siena ha, peraltro, dovuto difendere con le unghie e con i denti. Nel 1936 il governatore italiano in Libia, Italo Balbo, chiede al Podestà (che rimbalza l’imbarazzante richiesta al Magistrato delle Contrade) la partitura della composizione, perché la vuol far eseguire a Tripoli in occasione dei festeggiamenti per la conquista dell’impero d’Africa. Un infastidito rettore del Magistrato, il conte Guido Chigi Saracini (che farà per tutto il periodo del fascismo salti mortali per preservare il Palio e le Contrade dai progetti “annessionistici” e omologatòri che il regime non nasconde nei confronti della festa senese) risponde che, no, spiacenti, il Magistrato non possiede lo spartito della Marcia perché non sono suoi quelli che oggi chiameremmo diritti d’autore. E aggiunge, con garbata ma decisa vis polemica, che Siena non può permettere che le musiche del Palio si eseguano in luogo non deputato perché “il loro spirito [è] strettamente connesso al rito che viene celebrato nel Campo di Siena”. Sottinteso: se a Balbo gli piace la Marcia del Palio, la venga a sentire qui da noi.
Non basta: altre manifestazioni storiche che, proprio in età fascista rinascono in Italia, s’impadroniscono o cercano di impadronirsi della musica paliesca del Formichi e, ogni volta che ciò accade, parte regolarmente un’imbufalita (e meno diplomatica di quanto non fosse, forzosamente, quella diretta al grande gerarca) lettera del conte Chigi per protestare nei confronti di questo scippo.
Scippo che, peraltro, è stato reiterato altre volte anche nel dopo-guerra, quando la Marcia è stata applicata a feste non senesi.
Chissà: il Formichi si sarà rivoltato nella tomba. O forse, più probabilmente, avrà sorriso compiaciuto della fortuna che la sua musica aveva suscitato e continua a suscitare. Sono convinto che, se si riaprisse il suo sepolcro, sarebbe forse possibile trovare un venerando scheletro con gli ossicini del dito medio alzati nei confronti del signor Wagner.