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GIUSEPPE PIANIGIANI (1805 - 1850)

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Senese, compie studi di ingegneria e di matematica a Firenze sotto la guida di Pietro Inghirami, impegnandosi sin dal 1829 nei cantieri delle bonifiche della Maremma.

Docente di Fisica presso lo Studio di Pisa, compie nel 1836 un viaggo in Francia e in Inghilterra per documentarsi sulla nuova architettura ferroviaria che si stava allora sviluppando. Entra nel gruppo di ingegneri toscani (Tommaso Bianchi, Luigi Bettarini, Francesco Leoni, Domenico Giraldi, Giuseppe Martelli) che affiancavano quelli inglesi (coordinati da Robert Stephenson) nella costruzione della via ferrata Leopolda da Firenze a Livorno e nel 1845, come ingegnere della “Società concessionaria della Ferrovia per Siena”, progetta la tratta che appunto da Siena giungeva ad Empoli, congiungendosi poi alla Leopolda.

Nell’ambito della linea, progetta le numerose opere d’arte (viadotti, ponti, gallerie), la Stazione e la Piazza di Colle di Val d’Elsa e la Stazione di Siena presso le Mura medioevali.

Autore della memoria Sopra la miglior linea ferrata tra la Toscana e le Legazioni da Prato a Bologna, Bologna 1847, avrebbe anche sul letto di morte pensato alla passione ferroviaria dell’intera sua vita esclamando, prima della morte: “Che linea! Si va come il lampo”.


Tratto dal sito della Contrada Capitana dell'Onda

Corrono “come un treno” i ricordi della storia ondaiola tra memorie, personaggi e racconti condivisi in certe notti buie tra i vicoli del rione o sotto la luce che illumina le serate in società.

La storia che vi sto per raccontare è quella di un illustre ondaiolo, forse non molto conosciuto, che intreccia, per l’appunto, le strade ferrate senesi con il nostro patrimonio artistico. C’è una lapide, nascosta in un angolo della Chiesa di San Giuseppe che ricorda Giuseppe Pianigiani, studioso e scienziato celebre per aver progettato il primo tratto ferroviario di Siena che da Empoli arrivava in città.

Un nome che, chissà, quante volte abbiamo letto attraversando il tratto di strada che collega Piazza Salimbeni con Piazza Matteotti: via Pianigiani, appunto. Quella strada, spesso, si percorre di fretta, per entrare nel cuore della città o per uscirne in direzione delle moderne periferie, così che credo siano pochi a sapere chi fosse Pianigiani.

L’aggravante per noi ondaioli deriva dalla presenza di quelle parole in San Giuseppe che ne ricordano l’opera e l’appartenenza contradaiola. Come dice Alberto Cornice: “Le lapidi e le iscrizioni sono fatte per essere lette, prima di tutto per rispetto nei confronti di chi le ha scritte” e dare un’occhiata a quella dedicata al nostro illustre ondaiolo può essere un modo originale per immergersi in un secolo affascinante e ancora forse non troppo conosciuto come l’Ottocento.

Giuseppe Pianigiani nacque a Siena il 12 maggio del 1805 da Francesco e Orsola Cinatti che vollero mandarlo a studiare in seminario. Soprattutto il padre, impiegato alle poste sperava molto in questo percorso di studi del figlio, il quale però, attratto dalla passione per il disegno e l’architettura decise ben presto di frequentare l’Accademia delle belle arti a Firenze. Non era solo un problema di materie di studio, Giuseppe fin da subito mostrò un temperamento forte e caratteriale, poco incline a seguire la rigida disciplina e gli insegnamenti seminariali.

Era un vero amante dell’avventura e dell’ignoto, il nostro illustre ondaiolo, tanto che a tredici anni, eccitato dalla lettura di Robinson Crusoe, fuggì di casa e dai suoi studi, deciso ad andare a vivere in un’isola deserta. Ma il suo viaggio si fermò a Livorno, dove, quando chiese di poter partire per l’America fu rimandato a Siena in tutta fretta. Insomma un bel caratterino che, col tempo, diede i suoi frutti in una carriera di studi brillante: all’Accademia si specializzò in architettura e matematica mantenendosi con diverse borse di studi che riuscì a conquistare.

Pianigiani iniziò a frequentare studiosi di gran fama, seguì il corso di studi dell’astronomo Giovanni Inghirami, ottenne riconoscimenti dal mondo accademico e pubblicazioni in varie testate scientifiche europee. La cattedra di Fisica Teoretica ottenuta all’Università di Siena poteva essere un punto d’arrivo prestigioso, ma il nostro non era tipo da adagiarsi comodamente su poltrone comode e sicure. Lo spirito era quello delle fughe e dei sogni giovanili così, in viaggio per l’europa, nell’Inghilterra e nella Francia della rivoluzione industriale il destino di Pianigiani si intrecciò indissolubilmente con quello dei treni, delle ferrovie, dei viaggi e dei sogni di progresso. Sogni di carbone e fatica neri come il fumo delle locomotive e tersi come i cieli della Toscana.

Il suo ritorno in Italia dopo l’esperienza inglese a studiare la linea Liverpool – Manchester, linea inaugurata nel 1830 cambiando davvero la storia del mondo, coincise con l’ingresso nella Commissione presieduta da Luigi Serristori per la strada ferrata Firenze – Livorno, alla quale lavorò tra il 1841 e il 1842. La Leopolda, questo il nome della linea in onore al Granduca di Toscana Leopoldo II, fu l’antefatto alla costruzione della Siena – Empoli che prese forma fra il 1845 e il 1850. Giuseppe Pianigiani, il giorno dell’inaugurazione, il 14 ottobre del 1849 percorse tutto il tragitto di andata e ritorno sulla locomotiva accanto al conduttore, per spiegargli i vari tratti della strada ferrata, indicare i punti dove accelerare e quelli nei quali rallentare.

Un quadretto suggestivo, con un cattivo tempo che non guastò la festa alle centinaia di forestieri venuti a vedere la ferrovia a Siena al fianco del granduca e della famiglia che parteciparono all’evento. Naturalmente le Contrade colsero l’importanza dell’appuntamento e organizzarono un Palio straordinario alla presenza di Leopoldo II.

Un Palio che passerà alla storia anche per le implicazioni politiche che ebbe. Tutto, infatti, era stato pianificato per far vincere l’Aquila o la Tartuca, due contrade dai colori e dagli stemmi graditi ad un gruppo di austriaci filolorenesi. Le cose, come spesso accade nel Palio, andarono diversamente e a vincere fu l’Oca, che montava il Gobbo Saragiolo, la quale fece trionfare i colori verde bianco e rosso simbolo dell’unità e dell’indipendenza italiana.

Il dopo Palio fu particolarmente movimentato con le cronache che parlano di baruffe e tafferugli in Salicotto fra un gruppo di contradaioli della Torre e alcuni soldati tedeschi. Giuseppe Pianigiani, che pur aveva simpatie liberali, visse questa turbolenta fase politica della vita italiana immerso nei suoi lavori, dedicandosi ad opere di ingegneria meccanica e inventando strumenti importanti per la ricerca e lo sviluppo tecnologico.

Non mancarono i fallimenti e le difficoltà, che ogni volta venivano accolti con molta poca filosofia dal professore che, in città, era conosciuto oltre che per la sua competenza, anche per il carattere irascibile e di certo non molto socievole. Il suo nome però, rimarrà per sempre legato alla strada ferrata Siena – Empoli che, come ci ricorda Giuliano Catoni, in un delizioso libro intitolato “Un treno per Siena” lo portò “a sobbarcarsi una gran mole di lavoro e a seguire con grande tensione emotiva lo sviluppo dell’impresa dalla quale ormai era totalmente assorbito”.

Giuseppe Pianigiani morì il 23 ottobre del 1850, quasi a congedarsi dopo aver contribuito a collegare Siena con la modernità. Oggi, a quasi 160 anni dalla sua scomparsa, è giusto ricordarlo anche per poter cogliere, attraverso la sua vita, uno spaccato vivo e affascinante della Siena ottocentesca.

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