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PIETRO LEOPOLDO DI LORENA

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Tratto dal libro "La storia di Siena" di Giuseppe Bortone

Pietro Leopoldo di Lorena

Si fecero grandi feste in Toscana per la nomina prima e, poi, per la venuta del giovane nuovo Granduca. Lo si sapeva intelligente, colto, disposto a farsi toscano di sentimenti e di gusti; per giunta il granducato restava con lui definitivamente separato da' dominii di Casa d'Austria.

Le speranze riposte in lui non andarono deluse; perché egli si dimostrò veramente un tipico sovrano illuminato, amante del progresso e la sua azione riformatrice viene considerata una delle più felici dell'intero periodo settecentesco. L'opera sua più imponente fu la soluzione del secolare problema della Maremma senese.

Egli, guidato dal senno, dalla esperienza e dagli studi di coloro dei quali aveva saputo circondarsi, quali specialmente Pompeo Neri, Angiolo Tavanti e Francesco Gianni, pensò subito ad un vero e razionale miglioramento di quelle località;

e, nel marzo del 1766, nominò una «deputazione di pubblicisti, economisti, matematici e periti agronomi» con l'incarico di esaminare sul luogo i lavori già in addietro cominciati e in parte poi tralasciati, suggerendo quelli da farsi per raggiungere il desiderato intento.

Grandi si rivelarono subito le difficoltà per realizzare la bonifica della Maremma: tuttavia il progetto allora approvato non venne più abbandonato. Si stabilì, tra l'altro, che i territori paludosi sarebbero divenuti proprietà di chi aveva provveduto a bonificarli. Per rendersi conto di persona della natura e dell'entità dei lavori, Pietro Leopoldo, accompagnato dalla duchessa, si recò a Grosseto e visitò accuratamente la zona da bonificare.

Si trattenne poi a Siena, dove assistette, con la consorte, a un Palio corso in suo onore; mentre «la Nazione ebrea della città offrì per proprio conto a' Reali ospiti una brillante festa popolare nella gran Piazza, ridotta a Giardino con vasi d'agrumi, statue, parterre, ecc.; lo che incontrò molto il gradimento de' Sovrani e la comune approvazione».

L'opera colossale, pur costando sacrifizi enormi all'erario, fu eseguita mentre scemava la pressione fiscale. Né fu trascurato il lato, per così dire, morale e politico; perché, il 25 novembre del 1765 - prima, cioè, che si desse principio all'impresa - fu sottoposta alla Balla di Siena una serie di Riflessioni riguardanti l'opera medesima; e, nel 1772, le fu data facoltà di eleggere un «deputato» presso il Granduca, perché potesse direttamente fargli presenti i bisogni eccezionali della provincia senese.

Un altro provvedimento venne a completare quelli per la sistemazione della Maremma: il 10 di dicembre del 1766, un razionale riordinamento giudiziario annullava alcuni dei mali più gravi lamentati da Sallustio Bandini: la straordinaria molteplicità dei tribunali in una plaga dove «i pochi miseri abitanti che vi sono non possono mai aver tra loro altra lite che dei luridi cenci ». Anche i tribunali del S. Uffizio vennero aboliti. Nel generale riordinamento giudiziario del Principato, Siena vide confermato il suo tribunale supremo accanto a quello di Firenze; e il decreto di sistemazione delle scuole d'ogni grado comincia con queste parole: «Ferme stanti le presenti due Università di Pisa e di Siena... ».

Mentre, infine, la legislazione leopoldina, in tutti i campi, rendeva «non pochi né piccoli servigi alla civiltà», un provvedimento speciale faceva divenire il Granduca popolarissimo e caro alla cittadinanza senese: quello che trasformava la fortezza di S. Prospero in giardino pubblico. Egli, dunque, nel 1777, fece completamente disarmare la Fortezza costruita per volontà di Cosimo I, donandone alla chiesa di S. Maria in Provenzano la bandiera, e le campane all' Arcivescovo di Siena, Tiberio Borghesi. Furono incaricati de' disegni e dei lavori di trasformazione l'ingegner Antonio Matteucci e il celebre giardiniere tedesco Leopoldo Prucher.

La passeggiata fu inaugurata nel 1779. I Senesi avrebbero voluto erigere nel piazzale del forte una statua del Granduca, ma questi vi si oppose; dovettero quindi limitarsi a significar la loro gratitudine con una iscrizione nel muraglione a destra di chi entra nella Fortezza. «I senesi - lascerà poi scritto Leopoldo - nelle sue Relazioni sul governo della Toscana hanno talento, capacità e studiano sufficientemente...; è peccato che la vita oziosa e molle cui si danno e l'antipatia e l'avversione per Firenze gli impedisca di occuparsi di più negli impieghi di governo in cui farebbero ottima riuscita».

Chiamato in Austria a succedere al fratello, Giuseppe Leopoldo saliva sul trono imperiale nel 1790, ma appena due anni dopo moriva.

Vedi Ferdinando III di Lorena »

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