Palio dell'Assunta
di mercoledì, 18 agosto 1976

Ancora il maltempo a condizionare il Palio che subisce un imprevisto doppio rinvio. La tratta fa felice la Civetta, con l'ormai imbattibile coppia Aceto-Panezio, il Bruco che sin dalla prima prova affida Rimini al debuttante Marasma.

A recitare il ruolo di outsider la Selva con Quebel e il Leocorno con Rucola, ma entrambi i barberi non sono in perfette condizioni fisiche tanto da essere esentati per alcune prove, lo stesso accade ai soggetti di Nicchio e Tartuca. Molti i cambi di monte, solo Bruco, Drago e Giraffa non cambiano mai fantino.

La mossa del Palio è molto caotica, la lunga attesa mette a dura prova fantini e cavalli che sono sudatissimi. Per la Civetta si mette subito male, la posizione di rincorsa, con il Leocorno al nono posto, è fortemente penalizzante per Aceto. Infatti partono primi Tartuca e Bruco, la Civetta resta imbottigliata nel gruppo anche per le nerbate del Leocorno.

Al primo San Martino il fantino della Tartuca cade, Quadrivio scosso continua la sua corsa seguito dal Bruco.

Al secondo giro inizia la sagra degli errori che favorisce il recupero vittorioso della Civetta.

A San Martino lo scosso della Tartuca non curva, passa al comando il Bruco, nel frattempo sono uscite di scena Leocorno e Selva.

L'inesperto Marasma ha praticamente il Palio in tasca, ma poco più avanti cade anche lui lasciando Rimini scosso alle prese con Aceto e Panezio.

All'ultimo San Martino lo scosso del Bruco si ferma, per la Civetta è fatta, il Palio torna nel Castellare dopo sedici anni.

Per Aceto e Panezio è la terza vittoria consecutiva nel Palio dell'Assunta che coincide con l'ultima presenza di Rondone.

Il cambio generazionale fra i fantini è inesorabile, la vecchia guardia continua ad essere rappresentata da Canapino e Aceto, dopo che in pochi anni si sono ritirati, Bazza, Tristezza, Canapetta, Rondone e Giove.

Questo Palio caratterizzato dalla pioggia e dal doppio rinvio, rese inquieta e nervosa come non mai tutta Siena. Nonostante tutto le condizioni del tempo permisero che le prove si svolgessero senza alcun problema.

Il primo verdetto fu dato dalla tratta assegnando: al Bruco, Rimini; alla Civetta, Panezio e al Leocorno, Rucola il ruolo di protagonisti previlegiati. Mentre la Selva con Quebel, la Tartuca con Quadrivio e il Drago con Tobruck ricoprivano la parte di outsider.

Fin dalla prima prova otto Contrade definirono la propria scelta dando modo ai fantini di provare i loro cavalli con la dovuta tranquillità. Animi sospesi invece nel Bruco e nella Civetta baciati dalla sorte con i migliori cavalli... ambedue le Contrade vogliono Aceto che per il momento se ne sta a guardare con gli amici di Fontebranda. Solo dopo lunghi patteggiamenti il fantino accetta di montare il fortissimo Panezio per la Civetta, che aspetta la vittoria dal lontano 1960.

Le prove pur svolgendosi regolarmente non sono di molto interesse, e su questo influiscono tattica, pioggia e le assenze ripetute: solamente la prima prova verrà corsa dalle dieci Contrade.

L'unico aspetto da rilevare in questi giorni che precedono il Palio è il crescente nervosismo tra i contradaioli che traspare in pieno la sera della terza prova, dopo una mossa e uno svolgimento ancor più caotico molte persone invadono la pista per soccorrere i propri fantini, l'Aquila si scontra con l'Onda che a sua volta si azzuffa con la Torre, nello stesso momento i brucaioli inguastiti dal passaggio di Aceto nella Civetta si scontrano con questa e con l'Oca intervenuta per proteggere il proprio fantino. Il giorno dopo la Civetta si scontra con il Leocorno ma senza conseguenze gravi.

L'atmosfera è calda e non bastano i due giorni di rinvii per pioggia a calmare gli animi. Anche la sera del diciotto agosto viene vissuta sul filo del dubbio per colpa del tempo che un po' si riapre e un po' si riannuvola, nero e minaccioso. Ma non piove e questo permette di correre finalmente questa travagliata Carriera di agosto.

Tra i canapi entrano per prima la Tartuca seguita dalla Giraffa, poi Bruco, Istrice, Nicchio, Drago, Onda, Selva, Leocorno e di rincorsa la Civetta. Che non sia una mossa facile si capisce dalla vicinanza della Giraffa e del Bruco, del Leocorno e della Civetta. Infatti le operazioni della Partenza saranno laboriose e lunghe. Il mossiere fa uscire i cavalli, richiama più volte ora questa e ora quella Contrada perché fuori dal proprio posto o con il cavallo di traverso.

I cavalli di Tartuca e Bruco "schiumano" vistosamente e tanto Canapino quanto Marasma raccolgono e usano il tufo per aumentare l'aderenza al cavallo.

Quando Aceto decide di entrare lo spazio a disposizione non è molto. Parte primo netto il Bruco, seguito da Tartuca, Drago, Leocorno, Giraffa, Civetta, Selva, Onda, Istrice e Nicchio in coda al gruppo.

Alla Fonte Leocorno e Civetta cominciano a nerbarsi e durano fino a San Martino. Prima della curva passa al comando la Tartuca seguita da vicino dal Bruco, dietro Leocorno, Civetta, Giraffa, Selva e Drago.

A San Martino Canapino non riesce a stare su Quadrivio, scivola, si sbilancia e cade per terra all'altezza della Cappella lasciando il cavallo scosso alla testa del gruppo.

Al Casato la Selva infila tre Contrade all'interno e si porta alle spalle del Bruco ma la manovra la sbilancia e Monaco cade insieme Liscio.

Alla mossa, il passaggio del secondo giro vede Quadrivio sempre al comando, lo seguono il Bruco, la Civetta e Quebel scosso.

Al secondo San Martino doppio colpo di scena: Quadrivio non gira e Marasma che lo segue viene sbilanciato e cade mentre Rimini prosegue scosso. Alle sue spalle inseguono Aceto su Panezio e Quebel.

Rimini resterà in testa fino al terzo San Martino quando, incalzato da Panezio, finirà anche lui per sbandare a sinistra. La Civetta si trova così in testa seguita da quattro cavalli scossi non più in grado di impensierirla. E Aceto vince alla sua maniera, da opportunista, quasi a rallentatore ma con la sua testa da ragioniere sulle spalle.

E' la terza volta che si accoppiano Aceto e Panezio. Ed è il loro terzo successo consecutivo.

Libri sul Palio di Siena

Parte primo il Bruco, Canapino lo infila a S.Martino ma casca; al Casato cadono Leocorno e Selva mentre Quadrivio non gira al secondo S.Martino e passa in testa il Bruco che tuttavia cade: ora è la Civetta a insidiare Rimini che però resiste alla grande.

Al terzo S.Martino il colpo di scena di questo Palio (rinviato per pioggia): Rimini a sorpresa svolta al Chiasso Largo e la Civetta trovandosi prima, torna alla vittoria dopo sedici anni.

Ricerca e testi di Alberto Fiorini per la Contrada Priora della Civetta

La sera dell'estrazione delle Contrade che dovevano partecipare al Palio dell'Assunta del 1976 sulla facciata elegante dell'antico Palazzo Comunale sventolavano le bandiere di Istrice, Tartuca, Selva, Onda, Drago, Nicchio, Giraffa. Squillarono le chiarine d'argento e fu subito Bruco. Che urlo! Da troppo tempo attendevano il "cencio" in via del Comune! Nono fu estratto il Leocorno, che così ebbe per l'ennesima volta la possibilità di disfarsi della "cuffia".

La speranza e l'attesa per l'unico posto rimasto alle trifore, il decimo, si consumarono presto. All'ultimo tuffo fu estratta la Civetta. Sulla pietra che contorna la piazza e sui mattoni della conchiglia i Civettini fecero grandi salti di gioia, sventolando i loro fazzoletti rossi, neri e bianchi.

Anche il cavallo con cui una Contrada disputerà la corsa dipende dalla sorte. La mattina del 13 agosto c'erano in Piazza tutti i cavalli più rinomati: Panezio, soprattutto, che però non aveva corso a luglio; e poi Rimini, dominatore delle corse in provincia; Rucola, che l'anno scorso quasi portò un Palio alla Civetta; Quebel, che aveva vinto a luglio nella Chiocciola... C'erano anche dei soggetti nuovi, come sempre.

Contrariamente al solito, questa volta, dalle prove di selezione al rituale dell'imbossolamento tutto si svolse con rapidità. All'Istrice toccò Tessèra. Poi sparì subito Rucola che andò giù in Pantaneto. Tornado toccò all'Onda e Rostov al Nicchio. Due brenne di meno! Ma il Bruco ebbe un buon cavallo: la sorte gli assegnò Rimini, una seria ipoteca sul Palio. L'estrazione proseguì e completò il tabellone. Alla Tartuca andò Quadrivio; alla Selva Quebel: altre speranze. Sibilla Cumana toccò alla Giraffa. Il Drago, estratto per nono, portò via Tobruk. Nelle urne restarono le ghiandine con il numero del miglior cavallo e il nome della Civetta, così Panezio andò nel Castellare, dove arrivò anche il miglior fantino: Andrea de Gortes detto Aceto…

Con le prove iniziò il tempo dell'attesa; e fu un'attesa lunga, perché il maltempo costrinse gli amministratori a rinviare il Palio al 18 agosto. Furono sei giorni di ansia e di passione, che i Civettini trascorsero inventando nuovi stornelli:

Il Palio è rimandato,

non certo la vittoria,

Civetta avrai la gloria.

Cavallo s'ha Panezio,

fantino ci s'ha Aceto,

si purga Pantaneto.

Per l'epilogo del 18 agosto il sole giocava ancora con le nubi, ma non piovve. Il mossiere Atanasi chiamò ad una ad una le Contrade tra i canapi; alla Civetta spettò di entrare di rincorsa: una posizione difficile. I cavalli erano agitati e i fantini cercarono posto anche… fuori posto. Il canape andò giù una prima volta: tutti fuori e nuova chiama.

I cavalli erano sempre più agitati, tanto che il mossiere dovette richiamare più volte tutti i protagonisti. Aceto, tranquillo, si rifiutò più volte di entrare, facendo cenno con il nerbo che non aveva lo spazio per entrare. Finalmente lo scaltro fantino intravide lo spazio utile: due passi, un attimo e fiancò. Panezio rispose con un gran balzo, ma fu il Bruco che schizzò via per primo, seguito dalla Tartuca, dal Drago e dalla Giraffa. Il fantino del Leocorno tentò di parare Aceto con il nerbo, ma la sua corsa finì subito al primo passaggio al Casato, coinvolto nella caduta della Selva.

Intanto, a S. Martino era caduta la Tartuca (Canapino) e Quadrivio scosso superò il Bruco condotto da Marasma; in terza posizione si mantenne un Aceto prudente… Al secondo passaggio da S. Martino, Quadrivio non riuscì a curvare, così Marasma spinse Rimini e si portò in testa, ma non seppe restare a cavallo; scivolò di lato e cadde… Aceto allora incalzò Rimini scosso, che prosegui la sua corsa di testa per un altro giro, ma poi si rifiutò di affrontare il terzo passaggio da S. Martino e tirò diritto: fu un dramma per tutto il popolo di Via del Comune! Aceto invece curvò benissimo e spinse Panezio alla vittoria. Al bandierino, Aceto arrivò a nerbo alzato. Le scene di gioia incredibile, i pianti commossi, gli abbracci convulsi, i colori di tante bandiere salutarono il capitano Sabatino Mori che calò il "cencio" di Bueno dal palco.

Mario Alessi, con lo pseudonimo di “Alma Dolomitica”, compose il sonetto che inneggiava alla 34a vittoria:

Fugato è il tempo cupo e il Castellare

esplode ancor di canti e di passione:

la Vittoria ha volute alfin baciare

i vessilli del nostro Civettone!

e se mai ci stancammo di lottare

col cuore gonfio d'ansia e di emozione,

giusto compenso per tanto sperare

è il Palio della Santa ad Avignone.

Panezio, dalla foga generosa,

e Aceto, che nel Campo ha confermato

la tempra di chi vuole e di chi osa,

hanno la lode e il premio meritato,

mentre il leocorno, bestia pretenziosa,

se ne resta "incuffiato", e "corbellato"...

Il successo nel Campo fu festeggiato dai Civettini domenica 3 ottobre 1976 con una signorile cena in Piazza Tolomei, ispirata al motivo storico del drappellone dipinto dallo spagnolo Antonio Bueno: Santa Caterina da Siena, che sollecita il Papa avignonese Gregorio XI a riportare la sede pontificia a Roma. Per l'occasione fu dato alle stampe un "numero unico" intitolato: "Balzano da tre… cavallo da re", con evidente allusione al cavallino Panezio ed al fantino Aceto.

In occasione della "Cena del Piatto", consumata il 5 giugno 1977, il poeta civettino, con la firma di "Alma Enologica", dedicò un sonetto "agli indimenticabili artefici di tale Vittoria, ai molti e simpatici amici e ai pochi e poco accorti rivali" e chiuse le rime con questo verso bene augurante: "L'ultimo nato attende un fratellino!"

Il fratellino non si fece attendere…

Libri sul Palio di Siena

Palio dell'Assunta, ispirato al viaggio di Santa Caterina ad Avignone.

Spazi di un bianco risoluto imperano in un modo inconsueto per un Palio: fanno da sfondo alle "vignette" di Antonio Bueno e quasi le incorniciano, scandendone la rigorosa geometria.

Negli stemmi e nei ferri di cavallo si accompagna ad essa un decorativismo elegante, quasi miniaturistico. Nei colori solari e nelle soluzioni desuete (si veda come Bueno ha risolto l'Assunta) le figure hanno l'aria di una dolcezza accostante, sognante ed astratta. La parte allegorica, raffigurata al centro, si ispira al viaggio di Santa Caterina ad Avignone presso la corte di papa Gregorio Xl (giugno 1376). La Santa è vista come una elegante donzella, dolce ed ingenua come certe figure dei pittori primitivi. Pittore: Antonio Bueno. Dimensioni: (cm. x cm.) 260 x 80.

IL PALIO

La Carriera fu rimandata di due giorni rispetto alla data consueta a causa del maltempo.

Ordine di corteo (e di mossa), Contrade, cavalli e fantini:

1 ( 4) Istrice - Tessera - f. Ragno (S. Bietolini)

2 ( 1) Tartuca - Quadrivio - f. Canapino ( L. Viti)

3 ( 8) Selva - Quebel - f. Grinta (R. Monaco)

4 ( 7) Onda - Tornado - f. Ercolino (A. Manzi)

5 ( 6) Drago - Tobruk - f. Rondone (D. Tamburelli)

6 ( 5) Nicchio - Rostov - f. Argentino (J. Gordon)

7 ( 2) Giraffa - Sibilla C. - f. Galletto (L. Almi)

s 8 ( 3) Bruco - Rimini - f. Marasma (M. Matteucci)

s 9 ( 9) Leocorno - Rucola - f. Liscio (E. Tordini)

s 10 (10) Civetta - Panezio - f. Aceto (A. De Gortes)

La Civetta fu di rincorsa con il Leocorno in nona posizione, che non le dava spazio. Dopo ripetuti richiami del mossiere Ilario Atanasi, Aceto, colto il momento favorevole, entrò e fu il via.

Scappò in testa il Bruco, seguito dalla Tartuca (che cadde subito a San Martino) e dal Drago.

Al secondo giro a San Martino era in testa il cavallo scosso della Tartuca, che provocò la caduta del fantino del Bruco. Rimini prese il largo scosso, inseguito da Aceto risalito in seconda posizione.

Sembrava tutto deciso; ma, all'ultimo giro a San Martino, Rimini andò a dritto e per Aceto e Panezio fu la vittoria. A distanza di vari colonnini dalla Civetta arrivarono tre cavalli scossi, tra cui quello del Leocorno caduto al Casato.

La festa della vittoria ebbe luogo il 3 ottobre 1976 in Piazza Tolomei, trasformata con un addobbo ideato da Donato Martelli in una corte romanica. Il numero unico della vittoria esaltò Panezio e Aceto ("Balzano da tre... cavallo da re!»), ma anche Sabatino Mori, capitano plurivittorioso.

Contrada vincitrice: Civetta (31a vittoria)

Fantino: Andrea de Gortes d. Aceto

Cavallo: Panezio un sauro del Sig. Andrea Zazzeroni

Capitano: Sabatino Mori

Priore: Danilo Nannini

Libri sul Palio di Siena

Una novità: per la prima volta una donna partecipa al corteo storico in una Contrada che non prende parte al Palio.

di Lorenzo Rotella

«Avevo 16 anni quando sfilai al Palio di Siena per la contrada Valdimontone». Ha gli occhi azzurri colmi di nostalgia Nicoletta Cardano Gagliardi, di Oleggio, mentre ricorda un momento storico per lei e per la città senese. Il 18 luglio 1976 (era il 18 agosto) è una data scolpita nel suo cuore.

«Un caro amico di mio padre che ora è scomparso, Rudy Castagnini, era dirigente dell’assicurazione Ras a Siena - racconta Nicoletta, da un anno in pensione dopo una vita dedicata all’insegnamento, dalle elementari al liceo - ed era un tifoso sfegatato del Valdimontone. È stato lui a farmi vivere la vita di Contrada, tra le colazioni a base di bomboloni e le cene conviviali in enormi tavolate. I cavalli erano trattati con venerazione assoluta, come fossero dei principi».

«Quando c’era la parata storica - continua - erano tutti in piazza del Campo. Ed è lì che mi sono trovata coinvolta. Mancava il fantino per la sfilata storica e Rudy ottenne il permesso dal municipio di farmi partecipare al “Masgalano”, la competizione che premia la coreografia di Contrada migliore tra cavalcata, tamburini e sbandieratori. Ero emozionatissima e non sapevo come comportarmi. Mi dissero di non sorridere mai, perché per vincere dovevo mantenere un’aria dignitosa ed elegante. Mi vestirono con abiti maschili perché non era previsto che montasse a cavallo una donna».

Tralasciando vari contributi esterni come organizzazione o cariche elettive e simboliche, e sebbene non vi siano regole scritte che le escludano, Nicoletta fu la prima donna nella storia millenaria del Palio a partecipare al Masgalano. «Ci furono diverse polemiche - raccontano Giulia Pomponi e Vincenzo Castelli, rispettivamente archivista ed ex fantino del Valdimontone - perché fu una donna a rappresentarci al Palio per quell’anno. Il regolamento dell’epoca prevedeva infatti che partecipassero tutte le Contrade, ma la nostra era tra le sette non qualificate per gareggiare». Complice forse il trambusto che ne scaturì, il Masgalano se lo aggiudicò infine la Lupa.

Oltre a questa di Nicoletta, ci furono altre due prime volte storiche al femminile. La quattordicenne Virginia Tacci, nel 1581, corse come fantina per il Drago (e arrivò terza) nel «Palio alla lunga», che secondo le regole del tempo si correva per le vie del centro storico. E poi Rosanna Bonelli, di 23 anni, soprannominata «Diavola» per la sua testardaggine e nota come «Rompicollo» per via di un’operetta scritta dal padre commediografo Luigi, cadde al secondo dei tre giri canonici del «Palio alla tonda» in piazza del Campo nel 1957. Tre prime volte, dunque, ciascuna unica nel suo genere.

Libri sul Palio di Siena

Antonio Bueno, drappellone del 16 agosto 1976, vinto dalla Contrada Priora della Civetta

Nel 1976, con la inconfondibile cifra stilistica dell'ultimo "periodo", l'italiano di origini spagnole Antonio Bueno importa, per la prima volta in assoluto, l'impianto accattivante e l'efficacia grafica e comunicativa del fumetto nella pittura del drappellone; inoltre non rinuncia alle sue conosciutissime figure dalla fisionomia tondeggiante, aggraziate, come semplificate, "neoteniche", ovvero con caratteristiche e forme tipiche di individui giovanili.

Un palio, il suo, «di inusitato stile naif» - è stato etichettato da Marco Ciampolini -, essenziale, arioso e tripartito, con una luce e delicati colori pastello da fiaba.

In alto, al centro, con la sola veste rossa, l'Assunta, che, come nelle più antiche raffigurazioni paliesche emerge da una bianca nuvoletta, in cui, però, è riportata la data; un paffuto e gioioso angioletto, affacciandosi, la sorregge in volo. Il pittore scompone l'immagine principale e ci propone, ai lati, in "multivisione", coppie di dettagli significativi, per di più ingranditi, come da uno zoom fotografico: la mano destra sul petto, l'altra a presentare il «PRAEMIUM SENENSE», una porzione del viso caratterizzato da una fissità e da una colorazione da bambola, il sorridente co-protagonista alato che spunta da destra.

Seguono le tre insegne civiche, realizzate con precisione a dir poco calligrafica, cosl come gli stemmi del sindaco (Canzio Vannini) e dei Terzi, a distanziare la seconda dalla terza fascia.

Al centro si sviluppa, quasi per l'intera larghezza del "cencio", una scena "rotta", connessa con la dedica particolare: all'interno di un ambiente chiuso Santa Caterina - curiosamente abbigliata come la Madonna soprastante e già con le stimmate (1375) - esorta un pontefice, seduto su un trono sontuoso, a tornare; anche in questo caso l'osservatore è aiutato dalla presenza del "fumetto" parlante, seppur in latino, la lingua ufficiale della Chiesa, con molta probabilità non parlata dalla Senese, che si esprimeva e "scriveva in volgare italiano: «REDI, PATER MI» («Torna, Padre mio!»).

Il procedimento di frattura dell'immagine ha portato stavolta all'ingrandimento della porzione centrale a discapito delle due laterali, ponendo l'attenzione sul messaggio graficamente esplicitato.

Alla base della gradevole soluzione fumettistico-narrativa "a retablo" messa in pittura, su modello delle antiche predelle, però, vi è un fatto storico di primaria importanza nella vita della Santa e davvero celebre: il 18 giugno dell'anno del Signore 1376, infatti, una non ancora trentenne Caterina, ventiquattresima figlia del tintore Iacopo di Benincasa e di monna Lapa di Puccio de' Piacenti, cittadina senese ma già famosa in tutta Italia per le sue virtù e saggezza, fece il suo ingresso ad Avignone, presso la corte papale di Gregorio XI, come ambasciatrice della Repubblica fiorentina, e coraggiosamente rimproverò il pontefice per i troppi agi della vita avignonese e lo supplicò di fare ritorno nella "città eterna", sede naturale del Papato.

L'intervento della Senese sarà decisivo. Il 13 settembre il papa lascerà definitivamente la città della Provenza e il 17 gennaio dell'anno successivo sarà di nuovo a Roma dopo quasi settant'anni di "cattività" avignonese; Caterina già altre volte era intervenuta, di persona o per mezzo di lettere, nell'agitata vita politica del tempo per ottenere pace e concordia, senza alcuna paura di interfacciarsi coi "potenti" della sua epoca (re e regine, principi, papi e cardinali, vescovi e prelati, nobili e generali).

Una personalità dolce e al contempo carismatica e "virile". Lo stesso suo Sposo-Creatore, a seguito della nota formula nuziale, raccomanda alla sua "creatura" il seguente mandato apostolico: «Da qui in avanti, o figliuola, agisci virilmente e senza alcuna titubanza in tutto quello che, per disposizione della mia provvidenza, ti sarà messo davanti. Armata come sei della fortezza della fede, vincerai felicemente tutti i tuoi nemici»

Tornando all'analisi del drappellone, dipinto dunque nel sesto centenario della missione cateriniana ad Avignone, sull'ultima banda in due file, le bandierine delle consorelle che si son contese il premio dipinto, aperto e concluso da fregi composti da ferri di cavallo reiterati e allineati ("metonimia" dei veri protagonisti della corsa, gli equini), nel numero totale di dodici.

È stata la Contrada Priora della Civetta a conquistare il suo terzo palio cateriniano (il primo datato 1727, il secondo nel maggio 1947).