La Corsa di Piazza dell'agosto 1814, trasferita al giorno 17 a motivo della fortissima pioggia caduta il dì 16, fu tale, che sorpassa qualunque altra, che dall'istituzione di questo Spettacolo siasi giammai veduta.
Questa corsa ha riunito in sé tutti i possibili accidenti, che sogliono rendere vaga questa Festa ad eccezione di più magnifica decorazione, ma per quello che riguarda la gara et il contrasto nella Carriera, li spettatori hanno possuto osservare tutto quello, che concorre per dichiararsi questa Festa non comune, e che non può aversi in altra città.
Chiunque imprendesse a voler descrivere minutamente, e con tutta la possibile esattezza tutto quello, che accadde nel conflitto dei fantini dal momento della scappata sino alla fine, con combinazioni tante e tanto variabili, sono certo, che non potrà mai eseguirlo con quella verità, che sarebbe necessaria. Io dunque mi restringerò a parlare dei fatti più luminosi, e che basteranno a dare ai posteri quella chiara idea, che si richiede di questa bella Carriera.
Dirò, dunque, che la mossa, sebbene un poco immatura pure fu molto ragionevole, ciò lo prova, la generale, e unita scappata di tutte, e dieci le Contrade. Il primo fu il Nicchio, l'ultimo l'Istrice. Il Nicchio si mantenne primo sino alla seconda voltata di S. Martino. Doppo la scappata, e poco doppo il Palco dei Giudici la Chiocciola prese la Tartuca, che con certa sicurezza contava sul Palio, e ve la tenne ferma tanto, che i primi cavalli già ripassavano intraprendendo il secondo giro.
Qui è da sapersi, che tra le Contrade della Chiocciola e della Tartuca vi era nata guerra aperta, et appunto il fantino della Tartuca fu preso sotto gli occhi di quelli stessi, che erano più appassionati, e che avevano fatto bellissime promesse di regali al fantino in caso di vincita.
Le nerbate, che seguirono fra i due fantini, che si erano presi, furono innumerabili, come innumerabili furono quelle degl'altri tutti sino alla prima voltata, essendo tutti insieme; doppo di che cominciarono a svilupparsi.
Ritornando al Nicchio, primo sino alla seconda girata, vedendo questi che la Torre lo andava a passare, pensò di tenerlo come infatti lo tenne sino alla seconda voltata del Casato.
Intanto l'Oca, superiore di forze, tentò di entrare in mezzo per dividere questi due fantini, poiché quello della Torre gli apparteneva. Il Nicchio trovandosi sciolto dalla Torre si gettò addosso all'Oca, contando di gittar per terra il fantino, ma ciò non essendoli riuscito, cercò d'afferrarlo per la vita, e così ebbe luogo di fare un'operazione non mai più veduta, e quasi impossibile ad eseguirsi, e questa si fu di saltare in groppa al cavallo dell'Oca, abbracciando con una mano il fantino, e con l'altra impedendoli di guidare il cavallo, lasciandosi scappare di sotto il proprio, et in questa posizione seguitarono dalla casa Cerretani, sino alla Pianata dei Signori. Doppo di che il Nicchio smontò. L'Oca seguitò a correre, ma troppo distante era rimasta, pure a vincita di Palio arrivò terza.
La Torre restatata [sic] libera vinse il Palio. L'Istrice arrivò secondo, sebbene avesse una cattiva scappata, e non ostante, che avesse trovato intoppo nei fantini della Chiocciola, e Tartuca, nel cominciare della seconda girata, che continuavano a nerbarsi.
Non furono però questi i soli accidenti. La Giraffa, che aveva il miglior cavallo cadde nel voltare al Casato nella seconda girata, diversamente averebbe vinto. La Selva all'ultima voltata di S. Martino, volendo tentare di rubare lo steccone alla Torre forzò molto il cavallo in modo, che non potendo più reggerlo, fu costretto a battere alla cantonata di S.Martino, facendo una brutta caduta.
Ecco dunque la Torre vittoriosa senza, che il cavallo avesse reputazione. Da tutto il narrato facilmente potrà comprendersi, che l'esordio di questa descrizione non è stato in alcun modo esagerato, e che questa corsa e per la gara, e per gli accidenti è stata singolarissima.