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IL MANGIAGUADAGNI

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Storia tratta dal libro "che si fa stasera... si dorme?!" di Bruno Tanganelli (TAMBUS)

Tanti anni fa, quando ero ragazzo, mi ricordo che il mio nonno mi raccontava una storiella sulla Torre del Mangia che, a suo dire, gli era stata tramandata da suo nonno al quale l'aveva tramandata il nonno del suo nonno.

È congeniale anche oggi per noi senesi considerarsi, in certe manifestazioni, rivali dei fiorentini anche se secoli di storia hanno impolverato l'ormai lontana battaglia di Montaperti (4 Settembre 1260) quando noi eravamo ghibellini e loro guelfi.

La storiella che mi raccontava mio nonno era su per giù così:

"Un giorno senza data, i fiorentini inviarono a Siena un individuo che per la sua imperfezione era chiamato "Il Gobbo".

La missione di questo individuo era quella di salire in cima alla Torre del Mangia e smontare, o svitare nelle parti che lo tenevano unito, il "batti ore".

Un automa in ferro che i senesi chiamarono "Mangia". Il Gobbo salì in cima alla Torre e compiuta la sua missione riscese.

Incontrando un custode proprio nel cortile del Podestà fu da questo interpellato:

- Gobbo... che t'ha detto il Mangia?

- M'ha detto che alle dodici scende in Piazza!

E così dicendo si dileguò in tutta fretta.

Quando alle dodici in punto l'automa mosso dal meccanismo stava per battere il primo colpo si sfragellò al suolo con la costernazione e la meraviglia dei senesi".

Fin a questo punto la storiella che mi raccontava mio nonno. Esaminiamo invece la vicenda del "batti ore" con dei dati storici alla mano. Anticamente la funzione di battere le ore era affidata ai donzelli del Comune i quali ogni ora si rifacevano le scale per giungere in cima alla Torre.

Nel 1347 a capo di essi era un certo Giovanni di Balduccio; un uomo impopolarmente noto per il suo modo di sperperare danaro per questa ragione fu soprannominato "Mangia guadagni" o più brevemente "MANGIA" (da cui derivò il nome della Torre).

L'orologio meccanico entrò in funzione nel 1360 ma nel 1379 Bertino Pietro rielaborò il meccanismo, mentre Don Guasparre degli Ubaldini ne rifece i meccanismi per "temperarlo e farlo battare come meglio sarà possibile". Il sopra citato era l'autore degli orologi di Orvieto, di Città di Castello e del Rialto a Venezia.

All'orologio venne accoppiato un automa che batteva le ore nella campana, al quale il popolo trasferì il nomignolo del primitivo campanaro (cioè Mangia).

Da un documento del 1396 si ricavano notizie di inizio del funzionamento dell'uomo di legno. Questo dimostra che il primo Mangia era stato costruito in legno e che la statua doveva avere le braccia snodate. Ma ben presto dovette essere sostituito perchè le intemperie lo avevano guastato. Tanto che il 21 marzo del 1425 venne fatto realizzare a Dello di Nicolò fiorentino e a Daniello e Lazzaro di Leonardo, senesi, i quali ebbero anche l'incarico di dipingere la sfera delle ore. Questo automa era costruito in ottone.

Quando fu collocato sulla Torre il campanone, il Mangia, già restaurato più volte per l'usura del tempo, venne sostituito da un automa in pietra e collocato in piedi sul merlo dell'angolo di sinistra.

Fu rifatto in travertino nel 1759 ed è questa l'ultima sua incarnazione. Infatti, nel 1780, fu definitivamente tolto dalla Torre e da quell'anno le ore vennero battute da un martello di bronzo in sincronizzazione con il congegno dell'orologio che venne ancora una volta rifatto nel 1804 da Giovan Lorenzo Bardetti, senese.

Nel Cortile del Podestà si trovano ricomposti i frammenti della statua dell'ultimo Mangia.

A questo punto termina la vera storia delle vicende del "Batti ore" della Torre del Mangia, un automa al quale i senesi di altri tempi si erano affezionati tanto da dargli il nome della stessa Torre e al tempo stesso circondarlo di mistero con la storiella che inizialmente vi abbiamo raccontato e che sarà bene che i più giovani imparino per raccontarla domani ai loro figli come mio nonno la raccontava a me.

Non faranno che rendere felici i ragazzi nell'apprendere una storia in più della nostra bella incantevole Siena che si culla purtroppo nei ricordi.

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